Una laicità repressiva
nella Francia del dopo-Charlie?

“La laicità, valore fondamentale e principio essenziale della Repubblica è un’invenzione francese”. Il governo di Parigi lo ribadisce presentando i principi basilari del Paese all’interno del suo sito, dove la laïcité viene subito dopo la Festa nazionale – e subito prima della triade liberté, égalité, fratérnité. Ma questa stessa laicità – definita da Hollande “non negoziabile” oltre che “una garanzia per la Francia” – viene percepita adesso come a rischio. Lo dimostrano le undici misure per la scuola, presentate dal ministro Najat Vallaud Belkacem in risposta agli attentati di inizio gennaio. Scopo del programma in tre anni (e dal costo complessivo di circa 250 milioni di euro): formare i cittadini più giovani nel rispetto del secolarismo – cominciando proprio dalla scuola “il cui ruolo e posto all’interno della Repubblica sono inseparabili dalla sua capacità di far vivere e trasmettere la laicità”, si legge nel documento.

Ecco quindi che per “rafforzare la trasmissione dei valori della Repubblica”, il governo francese istituisce un piano eccezionale di formazione degli insegnanti (che dovranno dare prova della propria capacità di spiegare e far condividere i principi fondatori della Repubblica francese), una “Giornata della laicità” (il 9 dicembre), un libretto di prevenzione e lotta contro i fenomeni di radicalizzazione e diverse altre iniziative per combattere razzismo e antisemitismo.

Si farà qui appena un accenno all’incredulità per certi singoli episodi verificatisi proprio all’interno degli edifici scolastici – l’ultimo esempio è il bimbo di 8 anni convocato dalla polizia di Nizza per “apologia di terrorismo”.

E poco di più si dirà sulle diverse le critiche mosse dagli insegnantila prof che si domanda se sia giusto considerare la morale (“e poi quale?”) alla stregua di una materia scolastica; quello di filosofia che si chiede chi verificherà la sua conoscenza del valore della laicità; e poi, soprattutto, quelli che dopo aver ricevuto buoni pasto per tamponare gli stipendi in ritardo, adesso vorrebbero sapere da dove il governo ha intenzione di prendere i soldi per il programma “Gioventù, cittadinanza, laicità”.

Perché a porre al governo di Hollande una questione ben più intima e spinosa sono gli intellettuali francesi, a partire da Jean Baubérot, presidente onorario dell’École Pratique des Hautes Etudes di Parigi, considerato il fondatore della sociologia della laicità. “Bisognerebbe formare gli insegnanti affinché sappiano che gli storici di oggi insistono sui «transfer culturali»: ogni nazione moderna si è costruita grazie a un insieme di influenze reciproche con altre nazioni. […] Ma si ha l’impressione che la tendenza dominante dell’Educazione nazionale abbia troppa difficoltà a comprenderlo e a trasmetterlo, rinchiusa come è spesso in una cultura strettamente nazionale” – scrive.

La sua critica più dura arriva però dalle pagine del New York Times: “Questa nuova laicità, che chiamerei repressiva più che rigida, non è più quella del 1905”. A questo anno risale la legge che sancisce definitivamente la separazione tra Stato e Chiesa e mette fine al sistema dei culti riconosciuti. La cosiddetta laicità alla francese, che proclama la libertà di coscienza e garantisce il libero esercizio delle religioni, nasce di fatto con questa legge e in un’epoca in cui l’Islam in Francia era pressoché inesistente.

A raccogliere le parole di Baubérot sono Steven Erlanger (per anni a capo della redazione parigina del Times) e Kimko de Freytas-Tamura (“Giornalista & Epicurea”, come si autodefinisce Twitter) che spiegano il paradosso a cui sono approdati i francesi: se teoricamente la laicità dovrebbe promuovere l’egualitarismo, nella pratica è diventata una forma di esclusione e discriminazione. Il rischio conseguente è che per difenderla ne soffra la democrazia.

Soprattutto negli ultimi anni, quelli che coincidono con l’aumento dei fedeli musulmani nel Paese, la sensazione è che ad aumentare sia stata anche la regolamentazione mirata all’Islam.
Gli esempi si trovano già nella scuola stessa: una legge del 2004 vieta alle giovani musulmane di indossare il velo a scuola, ma i giorni festivi continuano a essere dettati dal calendario cattolico romano; il cibo halal non è permesso nelle mense, ma è possibile richiedere pasti senza carne di maiale e i menù a base di pesce, il venerdì.

Dalle voci raccolte dagli autori del NYT l’applicazione della laicità appare spesso arbitraria, quando non “aggressiva e scorretta” – come nell’opinione di M’hammed Henniche dell’Unione delle Associazioni Musulmane di Seine-St.-Denis. Pareri a cui si aggiunge il monito di Baubérot, secondo cui la nuova spinta al secolarismo “rischia di essere draconiana e controproducente, portando a sentimenti di vittimismo. Nella situazione attuale, non abbiamo bisogno di questo genere di cose”.

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