COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

20 anni dopo Wojtyla, l’ora di Bergoglio a Beirut

Esattamente venti anni fa papa Giovanni Paolo II visitava l’unica grande città di mare rimasta politicamente e culturalmente viva nel mondo arabo: Beirut. Le grandi capitali di quel mondo, da Baghdad a Damasco, al Cairo, sono tutte città dell’interno, come La Mecca: città nate sulle direttrici delle grandi carovaniere. E’ il mercato, o lo spazio, arabo il loro orizzonte.

Beirut è la grande porta sul Mediterraneo, quindi una città proiettata naturalmente verso e nello spazio Mediterraneo. E’ una città araba, europea, mediterranea. Si può dire di conseguenza che sia una città per vocazione cosmopolita. Lì vivono insieme cristiani di ogni rito, dagli armeni ai latini, sunniti, drusi, sciiti, alawiti e tanti altri. Visitare Beirut non equivale a visitare una qualsiasi città mediorientale, visitarla vuol dire rendere omaggio alla forza e alla debolezza del vivere insieme mediorientale, messo a durissima prova da nazionalismi, confessionalismi, tribalismi, imperialismi, terrorismi. Oltre che da miseria, ignoranza, disperazione, paura. Una paura così diffusa da farne uno degli epicentri della vendita di psicofarmaci.

La visita di Giovanni Paolo II portò l’antitotalitarismo anche in Medio Oriente. Nel mondo post-guerra fredda, la guerra fredda resisteva, a modo suo, solo o soprattutto in Medio Oriente. Il totalitarismo, per paradosso, caratterizzava i principali sistemi vassalli di entrambi i blocchi, quello golpizzato dai militari che si erano impossessati del fronte “socialista”, quello debosciato del regime egiziano passato sull’altro versante, quello dell’eresia wahhabita sul versante filo-americano. Andando in Libano Giovanni Paolo II si distanziò da entrambi, indicando ai cristiani una terza via che sapeva di “utopia”: basta con il razzismo delle astruse teorie per cui voi non siete arabi pur vivendo qui da millenni, figli primogeniti di popoli arabizzati soprattutto nella Mezzaluna Fertile. Riconoscendovi  parte della cultura araba  portate il messaggio della cittadinanza nel vostro e negli altri paesi: cittadinanza comune che è l’unico modo per fare dei vostri paesi degli Stati, dove una Costituzione garantisce e “protegge” tutti i suoi cittadini, le cui diversità culturali e religiose sono una ricchezza, non un problema. Era il 1997, la guerra civile era finita da tempo, ma la pax siriana imposta al paese significava, silenzio, arbitrio, sottomissione. Il messaggio di Giovanni Paolo II entrò come un ciclone nel paese, e non solo lì. Il sogno della cittadinanza e dei diritti di cittadinanza, della democrazia consensuale, dell’inclusione al posto dell’esclusione, della libertà al posto della paura e del vincolo tribale, rianimò tutti i campi libanesi. Manifestazioni contro la censura, per l’impegno civile, e la grande novità Hariri, il tycoon sunnita che incarnava la globalizzazione prima della globalizzazione, la modernità ma made in sunni ! E poi il 2000, il ritiro israeliano dal Sud del Libano che consentì al patriarcato maronita di invocare anche il ritiro siriano. Il timing e gli esiti della visita del 1997 non possono che essere definiti epocali.

La sciagurata invasione dell’Iraq del 2003 e poi il 2005, con l’assassinio di Rafiq Hariri, su mandato del regime siriano e operatività di Hezbollah, hanno aperto un’altra epoca. L’epoca delle mafie, delle più grandi forniture di armi della storia, della nascita di miriadi di organizzazioni che tra mafie, corruzioni, traffici e disegni imperiali sanno anche progettare stermini di massa. Perché? Perché il tappo è saltato e solo l’uso della guerra di religione poteva riportare nelle rispettive caserme! Ma i giovani, le donne, i “lavoratori”, non accettano più di essere sudditi in estrema povertà di nuovi re Creso. I movimenti per i diritti civili infatti in questi anni si sono diffusi ovunque, dal Libano sono passati in Egitto, in Tunisia, in Arabia Saudita, nello Yemen, fino in Siria. E’ stata la Primavera, vera rivoluzione di società alle quale era negato il diritto di esistere, contro tutti i totalitarismi. Basta guardare lo spazio pubblico e quello privato in un qualsiasi di questi Paesi per rendersene conto. Lo spazio pubblico non esiste, è negato… Quello privato, nascosto con cura dietro le porte o le tende, racchiude la miseria o la ricchezza del proprietario.

La forza dirompente del viaggio di Giovanni Paolo II ha cozzato con il tradimento della Primavera che ha prodotto i tre grandi colpi subiti dal mondo sunnita della Mezzaluna Fertile: l’assassinio di Hariri, il loro biglietto d’ingresso nel nuovo mondo con una cultura, una dignità, un orgoglio: la perdita del Libano, il loro traino cosmopolita: e infine l’inferno siriano. Da dove si po’ sperare che il mondo sunnita possa ripartire a ricostruire il suo “protagonismo moderato” se non da qui? Da Beirut, città araba, europea, mediterranea.

La sfida, impari, richiede un interprete. E vent’anni dopo la grande sfida “di libertà” lanciata da Giovanni Paolo II oggi solo papa Francesco sembra in grado di interpretarla, capirla. Basta ricordarsi quelle parole pronunciate a Fatima, dove ha pregato per la pace per i suoi fratelli “nel Battesimo e in umanità”.

Se il cristianesimo levantino e libanese ricevesse una spinta a non cedere all’atavico cesaropapismo che da secoli segna tante elites , anche ecclesiastiche, se il mondo sunnita levantino e libanese ricevesse una spinta a sfidare e non a “giustificare almeno sociologicamente” l’estremismo e il terrorismo… Ma come?

A ben guardare il mondo oggi sembra un mondo in rivolta, ma è consapevole che “i potenti borghesi” e “i potenti rivoluzionari” sono entrambi innamorati non di loro ma  delle nuove mafie? Basta leggere i Panama Papers… per sapere che stati e guerriglieri sono avvinghiati (in tutto il mondo, ma in Medio Oriente in particolare) ai grandi poteri del crimine organizzato. La rivolta contro il potere che tutti sanno corrotto  rischia di finire in un’orda distruttrice: o rivoluzione isolazionista, razzista, etnicista, o rivoluzione metafisica.

L’uomo in rivolta però oggi ha un interprete che sa dargli un indirizzo etico. Quest’uomo, piaccia o non piaccia, è papa Francesco, il papa della denuncia del tumore della corruzione, della globalizzazione uniformante, dei poteri occulti, delle mafie.  Un suo viaggio a Beirut, capitale del cosmopolitismo e delle mafie finanziarie, potrebbe creare il nuovo ponte tra mondi assetati di rivolta, ma che da soli rischiano di imboccare il cammino distruttivo di chi non segue una rivolta etica, ( Camus avrebbe detto mediterranea).

Il filo può apparire tenue, ma come sempre nel Mediterraneo, dal 2003 in poi, si combatte a Baghdad (e a Damasco) ma la prima linea è sul Mediterraneo, e sul Mediterraneo c’è solo Beirut, capitale araba, europea, mediterranea, che rischia però di morire affogata nella città globale che la invade. I centri commerciali di Beirut ormai sono più grandi dei quartieri che li ospitano, il divertimento è sostituito dall’evasione; e alla capitale araba, europea e mediterranea sono lasciati i dolori e le ingiustizie. L’impressione così è che il tempo di un viaggio non duri in eterno.

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