COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Il mondo nuovo di Francesco

Siamo in un’epoca nella quale si arriva a pensare che una civiltà per salvarsi debba negare se stessa per sconfiggere chi la sfida. Si può dubitare che serva un’autorità morale per recuperare il vero significato di “interesse nazionale”, base delle relazioni internazionali, quando si arriva a ritenere che far entrare un molto facoltoso sebbene notoriamente piromane nel proprio condominio corrisponda al proprio interesse? Avevo in testa soprattutto questo quando ho pensato di chiamare padre Antonio Spadaro per dirgli se non ritenesse opportuno trovare un modo per avviare una riflessione sulle ricadute politiche e culturali di questo pontificato.
L’attuale pontificato ha ristabilito una sintonia tra me stesso e quello che facevo, e a modo mio seguito a fare: seguire un uomo che a mio avviso sta intervenendo in profondità sul nostro modo di essere quale indiscussa autorità morale di questo tempo. Ora che esce il libro di padre Antonio Spadaro, “Il mondo nuovo di Francesco” edito da Marsilio, con il suo ricchissimo saggio e tanti contributi di qualità devo dire che è un grande piacere trovare che padre Spadaro insiste molto sul carattere di leadership che Bergoglio ha assunto non solo per i cattolici ma per tutti gli umanisti, per l’umanesimo ebraico, cristiano, cattolico, ortodosso, protestante, musulmano, laico, orientale, induista, confuciano e così via. Perché un papa che sa dire, come il cardinale Martini, che Dio non è cattolico è capace di capire di cosa ha bisogno questo nostro tempo e di offrirlo a tutti, quasi che il suo umanesimo integrale sappia unire, abbracciare, riconoscere, apparentare, far incontrare tutti gli umanesimi.
Dire questo dopo i fatti di Macerata mi impone di svelare che in quei giorni, chiacchierando con padre Spadaro, ebbi a dire che forse quel seminario sul mondo nuovo di Francesco lo avrebbe potuto chiamare “Bergoglio o barbarie”: pensavo di fare mia una battuta, forse è stata una delle poche volte che ho detto una verità già evidente ma con un po’ di anticipo rispetto a tanti altri. Chi non vede che oggi o c’è la leadership morale di Bergoglio per superare questa globalizzazione e rifondarla salvando l’opportunità di costruire  la cittadinanza di un mondo condiviso o c’è la barbarie? Ha proprio ragione padre Antonio Spadaro a definire la misericordia “un processo fatto di grande realismo, di un realismo non determinista”, Quando si tratta di spiegare, e farci capire, la geopolitica della misericordia, che non divide in buoni cattivi, Spadaro è tra gli autori non solo più autorevoli, ma anche più stimolanti.
Ecco, se devo cercare di definire la portata rivoluzionaria di Jorge Mario Bergoglio la definisco tale non certo nell’ambito della fede cristiana, ma della prevalente tendenza cultura occidentale. Quella che ritengo una vera e propria rivoluzione la spiego a parole sue, non mie: “Il verbo si è fatto carne, non idea”. Dunque, è una mia deduzione, il verbo si è fatto carne, non legge.
Nella tradizione occidentale invece la verità ha frequentemente avuto il sopravvento sulla via, quella via che papa Francesco ha saputo porre al centro della sua predicazione abbattendo il muro di pregiudizi e preconcetti che, come separano i popoli, separano anche credenti, credenti praticanti, credenti molto praticanti, agnostici e atei. Tra tutti costoro, diversamente e per me ugualmente pervasi di spiritualità, ha fatto irruzione la “misericordia”. Una bussola sovente fraintesa, o banalizzata, ma che a me è apparsa già nel testo della bolla d’indizione del giubileo il vero antidoto a molti dei mali del tempo presente: “Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. […]  Perfino la parola stessa in alcuni momenti sembra svanire. Senza la testimonianza del perdono, tuttavia, rimane solo una vita infeconda e sterile, come se si vivesse in un deserto desolato.” Mi piace a questo riguardo ricordarmi che per quanto tutti si sappia che Dio è misericordioso, di Dies Irae sono piene le nostre nastroteche, da Mozart a Verdi, di Dies Misericordiae io non ne conosco.
Il mio rapporto personale con il cristianesimo è cambiato da quando, all’inizio con una certa fatica, ho scoperto René Girard, e la semplicità della sua indicazione: la vittima, uscendo dalla sua passività, proclama la sua innocenza e “diventa l’Agnello di Dio”. In tal modo anche l’uomo diventa il solo responsabile della violenza, il sacro trova la sua immanenza e Dio la sua vera trascendenza. Non intendo certo attribuire al papa idee mie, o mal assimilate lezioni girardiane, ma proprio l’importantissima teoria girardiana della violenza mimetica ho trovato e meglio compreso grazie a Bergoglio, riscontrandovi una nuova bussola capace di farmi orientare davanti alle stesse tenebre del terrorismo.

Un notissimo studioso poi , Fareed Zakaria, ha scritto che il primato della politica sull’economia, poco visto dai più, sta nel semplice fatto che è la politica a poter e dover governare i flussi migratori. E Zygmunt Bauman, prima di morire, ha avuto modo di ricordarci che odio e paura sono come fratelli siamesi, o vivono entrambi o muoiono insieme.  Anche René Girard, prima di morire, ci ha voluto dire una cosa molto importante: “ Ciò che abbiamo oggi sotto gli occhi è una forma di rivalità mimetica in scala planetaria. Quando ho letto i primi documenti di Bin Laden ed ho riscontrato  i suoi  accenni alle  bombe americane  cadute in Giappone, ho capito ad un tratto che il  livello di riferimento è il pianeta intero, ben al di là dell’Islam. Sotto l’etichetta  dell’Islam  c’è una volontà di collegare e mobilitare tutto un terzo mondo di frustrati e di vittime nei loro rapporti di rivalità mimetica con l’Occidente. Ma nelle Torri distrutte lavoravano sia stranieri che americani. E per l’efficienza, la sofisticazione dei mezzi impiegati, la conoscenza che essi avevano degli Stati Uniti, gli autori degli attentati non erano anch’essi un po’ americani? Siamo in pieno mimetismo.” Sono tre grandi dell’epoca di Francesco e li cito perché credo che guardino nella stessa direzione del pontificato di Francesco.
Il libro di Antonio Spadaro ce lo fa capire ponendoci davanti a tutte le sfide che il mondo pone a Bergoglio, portando attraverso studiosi di qualità a guardare da vicino l’Africa (Giulio Albanese e Roberto Zuccolini), la Cina (Francesco Sisci e Gianni Valente), l’Europa (Francesco Peloso e Matteo Matzuzi), la Russia (Alberto Bobbio), il Medio Oriente (Giorgio Bernardelli ed io), l’America Latina (Lucia Capuzzi), gli Stati Uniti (Massimo Faggioli), il Vaticano-mondo (Piero Schiavazzi), l’Italia (Luigi Accatotli e Enzo Romeo ), la globalizzazione (Giacomo Galeazzi), il pluralismo e le alleanze ( Giancarlo Bosetti), la crisi della democrazia ( Iacopo Scaramuzzi), le migrazioni ( Fabio Colagrande) lo stile dei viaggi ( Giovanni Chirri e Vania De Luca), le sue categorie di pensiero internazionale ( il bellissimo saggio di Jose Louis Narvaja).
Ne esce un quadro che arricchisce chiunque legga, credo, e che ci consente di dire che se molti dicono definiscono Bergoglio il papa che piace agli atei questo accade, per me, perché in tutti i mondi credenti, purtroppo, ci sono vasti settori che credono di credere, lui invece, partendo dalle periferie del mondo, è riuscito a unire tutti quelli, che tra i diversi mondi credenti, credono davvero, e anche noi agnostici. Nel nome del vivere insieme, unica sfida alla barbarie, che Macerata ci dimostra essere dietro l’angolo, tra di noi, tutti noi.

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