COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Fratellanza o violenza e paura mimetiche

C’è un conflitto nel mondo di oggi che o non vediamo o non vogliamo vedere. Questo conflitto contrappone i portatori del pensiero apocalittico ai suoi nemici. I nuovi signori dell’Apocalisse sono ben presenti nel jihadismo islamico e tra i neo crociati cristiani. Qual è il loro pensiero? E’ semplice, ma efficace. La lettura dei segni apocalittici consente di capire che la fine del mondo si avvicina, dunque l’uomo ha la possibilità di avvicinarla ulteriormente. La linearità del tempo viene sostituita da una concezione dialettica. Un’azione può determinare una reazione e proseguendo questo produrrà un effetto non più controllabile. 

Un esempio: l’attacco alla Torri Gemelle produrrà una reazione violenta che produrrà una reazione ancor più violenta che porterà alla battaglia finale. Distruggere le Torri Gemelle ha dunque lo scopo di consentire un’accelerazione della resa dei conti, la fine dei tempi e la vittoria del bene sul male.

A tutto questo si può rispondere in un solo modo: difendendo l’ordine esistente, supportando questo ordine, facendogli da stampella. Il potere spirituale deve dunque sostenere quello temporale, ad ogni costo. 

Pubblicando un volume monografico sul documento per la fratellanza universale firmato il 4 febbraio scorso da Francesco e dall’Imam al Tayyeb  La Civiltà Cattolica ci consente di capire questa realtà con un linguaggio teologico, non giornalistico come qui faccio io. E’ il direttore, padre Antonio Spadaro, senza fare esempi, a farci capire cosa è successo nel profondo dei meccanismi, non nei fatti, quando è stato ucciso il generale Soleimani. Non conta asserire che Trump sia un neo-crociato, è evidente che settori del mondo evangelicale ai quali si rivolge lo sono. In quell’azione c’era qualcosa che evocava la dimensione di accelerazione apocalittica, avvicinare la resa dei conti. Non credo sia un caso che Trump il giorno dopo l’azione di Baghdad abbia detto a un’assemblea evangelicale in Florida “Dio è dalla nostra parte”. Analogamente apocalittico è il senso dell’azione del generale Soleimani. La sua azione criminale su tutti i teatri bellici iraniani per lui sarà stata finalizzata all’esportazione della rivoluzione e al rafforzamento imperiale dell’impresa khomeinista, ma per i suoi, per i miliziani che dal Libano all’Afghanistan si votano ad azioni violente, l’obiettivo è la vittoria finale, quella contro il male: Armageddon. La visione apocalittica di bin Laden era corroborata da un evidente mimetismo. Gli Stati Uniti sono il male – disse una volta- non solo per quel che fanno ai musulmani ma anche per le bombe di Hiroshima e Nagasaki. Dunque la reazione violenta deve essere globale, proprio come la loro. Nell’attacco alle Torri Gemelle c’era un mimetismo anche metodologico, reso evidente dalla scelta dei mezzi di distruzione, due aerei, simboli del progresso tecnologico. Si tenga presente questo e si legga Spadaro: “Il Documento affronta con coraggio la sfida della malattia della religione che trasforma la santità in servizio dell’azione politica intesa come causa sacra. Essa, nelle sue forme più estreme e virulente, sembra spingere l’adepto a una nuova «creazione» del mondo attraverso la violenza. Così si respinge la visione apocalittica che genera il terrore come strumento per la realizzazione in tempi rapidi della volontà di Dio intesa come distruzione.” 

Questo terrore è portatore di una evidente tendenza mimetica, nella quale si distrugge l’altro divenendo uguali ad esso. Il meccanismo della fratellanza è opposto: c’è un passaggio fondamentale nel saggio di un altro gesuita, padre Diego Fares, che spiega l’amore di una madre per il suo secondo figlio. Maggiore di quello per il primo? No. Uguale? Si, ma non mimetico, anzi. Spiega padre Fares: “ Come accade che l’amore fraterno apra la via perché possano darsi relazioni sociali rispettose della diversità? Ecco cosa ha detto una madre in occasione della nascita del suo secondo figlio: «E la cosa più importante è questa: il “secondo” conferma quello che già sospettavamo (nonostante una grande paura…), cioè che è possibile innamorarsi di un altro figlio con la stessa passione e intensità riservata al primo». Ciò che esprime questa madre è un’esperienza profonda del fatto che l’amore non diminuisce tanto più, quanto più si distribuisce, ma anzi accade il contrario. Come afferma lei stessa, non si tratta di un’esperienza pura, cioè esente da timori. Come i padri trasmettono ai figli quell’amore integro nella differenza, così quella stessa differenza è l’origine dei conflitti tra i fratelli. Ma, come fa notare il Papa, «l’unità alla quale occorre aspirare non è uniformità, ma una “unità nella diversità” o una “diversità riconciliata”.

Questa fratellanza la capiamo, e capiamo allora perché padre Spadaro scriva che fuori dal bivio delle opzioni perniciose, quella del pensiero apocalittico e quella dello schierarsi con la difesa a tutti i costi dello status quo per evitare il peggio, ci sia dunque la terza opzione: “Il riconoscimento della fratellanza è verticale, fondato sulla trascendenza e sulla fede in Dio. Per i due firmatari, l’uomo non si salva da solo, come direbbe un’etica laica, illuminista, radicale e borghese. Né la fratellanza è un dato meramente emotivo o sentimentale. Non è il semplice – per quanto importante – «volersi bene». Invece è un forte messaggio dal valore anche politico. Non a caso esso porta direttamente a riflettere sul significato della «cittadinanza»: tutti siamo fratelli, e quindi tutti siamo cittadini con uguali diritti e doveri, sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Parlare di «cittadinanza» allontana sia gli spettri di una fine accelerata sia le soluzioni politiche posticce pur di evitare il peggio. Scompare, infatti, l’idea di «minoranza», che porta con sé i semi del tribalismo e dell’ostilità, che vede nel volto dell’altro la maschera del nemico. Così il messaggio assume rilevanza globale: in un tempo segnato da muri, odio e paura indotta, queste parole capovolgono la logica mondana del conflitto necessario. Il Papa lo ha espresso con chiarezza nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2020: «La paura è spesso fonte di conflitto»; «sfiducia e paura aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio della violenza». Bisogna rompere la «logica morbosa» della paura.” 

Questa paura infatti è l’altra faccia del mimetismo della violenza. Se questo attrae gli opposti nel cercare di sostituirsi gli uni agli altri con azioni analoghe, speculari, la paura mimetica a mio avviso   tende a indurre non azioni ma reazioni  speculari, basate sul desiderio non di sostituire l’altro ma di non vedere l’altro. Si prefigura con la violenza e la paura un ordine non plurale, quello visto come il prodotto che sarà totale nella vittoria finale. C’è dunque nella negazione della connessione con il divino dell’altro un’idea di Dio “estraneo a ciò che è estraneo a noi” e un’idea di mondo pacificato come mondo uniformato, che riduce l’infinito a livello del nostro finito. 

Al centro della fratellanza c’è invece il recupero della consapevolezza di ciò che è davvero possibile. Lo dico citando ancora padre Diego Fares: “L’amore di possesso e l’amore fecondo possono essere assoluti soltanto in Dio. L’unico Padre è soltanto il Padre del Cielo, e l’unico Sposo è Gesù. Fratelli, invece, possiamo esserlo veramente tutti. Si richiede la nostra libertà: accettarci e amarci come fratelli. Ed è una relazione nella quale possiamo crescere e includere tutti…” 

 

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