COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Tehran, anche stavolta è complotto

E’ interessante notare come alcune storie esistano solo capovolte. Non si tratta di fake news, si tratta proprio di autentici racconti che capovolgono la realtà, documentata, accertata e sancita dalla storiografia ufficiale ma che tutti, proprio tutti sposiamo come autentici anziché capovolti. Un esempio? Eccolo: quando l’ideologo della presidenza Trump, Steve Bannon, venne ascoltato dai membri (cattolici ultraconservatori) del Dignitatis Humanae Institute disse che nel 1914 l’Europa era un continente felice, sereno, stabile, ma quel giorno, a Sarajevo, tutti finì di colpo, e cominciò la prima guerra mondiale. Davvero? Su tutti i libri di storia è scritto che le guerre balcaniche cominciarono nel 1912, con ben due guerre balcaniche a ridosso del fatidico assassinio di Sarajevo. Eppure il racconto di Bannon, funzionale a un racconto ideologico sull’oggi, corrisponde al racconto di tantissimi di noi, per quanto la storia dica e documenti esattamente il contrario. Non è ignoranza, è che la storia di quei popoli per chi ragiona come Bannon non appartiene alla Storia e il suo racconto non serve a raccontare lo scontro, allora come oggi, tra bene e male.
Le rimozioni nel definire il corso dei fatti non si limitano alla realtà, riguardano anche le categorie di giudizio. Ci sono rivoluzioni, ad esempio, che non sono passibili di letture “dietrologiche”. Chi mai si è chiesto chi abbia manipolato gli insorti ai tempi della rivoluzione francese? Esiste la possibilità di un uso “subdolo” dei parigini? Si può pensare che siano stati tutti pagati? Quella è stata una rivoluzione, il popolo è insorto, punto. Non va così con altre rivoluzioni di popolo, soprattutto se riguardano paesi a maggioranza islamica. La storia e la cronaca lo documentano, ma il dato è rimosso. Anzi, di più, è negato. Ci sono state rivolte contro tiranni in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Siria, Libano, Bahrein? Lo ha detto qualcuno? Si sono lette interviste ai torturati, ai sopravvissuti, alle vedove, agli orfani, alle donne stuprate? Non c’è stato soltanto un disperante “inverno”? Che loro, musulmani, condividano il nostro disprezzo per i tiranni, è tanto vero quanto rimosso, negato, come la storia delle guerre balcaniche nel racconto di Bannon. E che eredi della nobile Europa sono Orban, Kurz, Kaczyński? Se si raccontasse che un abbandono ha prodotto un tradimento mentre noi e loro, pur diversi, condividiamo una preoccupazione, un’umanità, staremmo ancora a parlare di scontro di civiltà?
Ma non basta guardare l’ideologia islamofoba occidentale, c’è anche l’ideologia antiamericana occidentale, purtroppo, della quale occorre discorrere. E il caso iraniano dimostra che la tenaglia che soffoca la solidarietà con i popoli e tra i popoli è esplicitamente duplice. Perché? Perché dopo che gli islamofobi hanno definito le Primavere arabe un complotto dell’islam e gli antiamericani le hanno definite un complotto degli americani e dei loro alleati, oggi costoro arrivano a dire che in Iran c’è un complotto, forse di Ahmadinejad forse della Cia, contro la Repubblica Islamica. Ancora una volta gli è impossibile schierarsi con i popoli, perché se lo facessero non ci sarebbe più un antagonismo da difendere contro un unico mostro, che poi è un modo per aderire alla teoria dello scontro di civiltà da posizioni opposte a quelle dei suoi teorici. Ecco che per loro la rivoluzione iraniana del ’78 è stata eroismo del popolo contro l’imperialismo americano (che è vero) , ma quella di oggi è un tradimento pagato dai servizi segreti (che non può mai essere vero). Che siano stati atti di coraggio del popolo allora come oggi, allora come durante le Primavere, allora come ai tempi della rivoluzione francese, non è possibile dirlo, né per gli uni né per gli altri. Eppure il problema in Iran si chiama regime, teocrazia, esportazione del khomeinismo, tortura, Pasdaran, milizie, corruzione, apparato militar industriale. E che dire di questa storia  della ragazza che si toglie il velo? C’è forse qualche differenza tra le ragazze col velo che insultano Khamenei e le ragazze senza velo dei tempi dello scià che insultavano il tiranno “occidentalizzato”? No, non c’è differenza, ma dirlo toglie ruolo a noi, ai nostri campi ideologici, e lo restituisce ai popoli. Questo rischio è inammissibile sia per gli islamofobi che per i professionisti dell’antagonismo. E così chi dice di apprezzare la rivoluzione di Natale si dimentica di aver negato l’accesso nel suo Paese ai rivoluzionari che oggi applaude. E, quasi analogamente, i grandi “del pacifismo internazionalista” vedono la rivoluzione come un attacco delle multinazionali all’antagonismo e descrivono gli insorti come manipolati, diseredati pagati: loro, che starebbero con gli ultimi, negano a questi l’accesso ai loro cuori.
Questa tragedia interpretativa, che non si interessa dei popoli ma solo delle opposte (e in fin dei conti analoghe) ideologie, è il prodotto del trionfo doppio dello scontro di civiltà: o con gli islamofobi o con i professionisti dell’antiamericanismo.
Questo stravolgimento della realtà, indifferente ai fatti e interessato solo a una rappresentazione ideologica, conflittuale della lotta dei popoli, lo abbiamo già visto all’opera nella tragedia siriana. Per la destra islamofoba l’Isis dimostrava la vera natura dell’Islam: per gli antagonisti dimostrava la vera natura degli americani e dei loro alleati. Mi ha detto padre Jacques Mourad, sequestrato dall’Isis nel 2015: “il capo dei miei sequestratori mi venne a interrogare e alla fine ritenne di dirmi: la nostra guerra non è con Assad, ma con l’Esercito Libero Siriano e poi per il potere con al Qaida”. A chi interessa questa testimonianza sulla propria pelle? A nessuno.

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