Biden-Harris liquidano Trump
e riportano decoro alla Casa Bianca

La vittoria di Joe Biden, che sarà il 46esimo presidente degli Stati Uniti, mette fine a quello che è stato per il suo paese e per il mondo un quadriennio angoscioso. 74 milioni di voti, contro 71, e una maggioranza sofferta, ma alla fine chiara e netta, dei grandi elettori conquistati negli stati contesi del Michigan, Wisconsin, Arizona, Nevada, Georgia e soprattutto nella difficile e pesante Pennsylvania, che pure mancò a Hillary Clinton quattro anni fa, sfrattano dalla Casa Bianca Donald Trump. È il risultato essenziale che la vasta coalizione radunata dall’ex numero due di Obama è riuscita a conquistare. Risultato non facile e non scontato, come sondaggi e sondaggisti non hanno smesso di sottolineare, mettendo in guardia contro la possibilità che fino all’ultimo gli appelli di una campagna violenta, estremista, insultante per gli avversari e infarcita di falsità, come quella di Trump, potesse rovesciare la tendenza che appariva favorevole a Biden. La previsione non era dunque alla fine dei conti per niente sbagliata.

Nel suo primo discorso da presidente-eletto, insieme a Kamala Harris (prima donna a conquistare la vicepresidenza), Biden ha potuto correttamente dire che il suo compito sarà quello di «restaurare l’onestà, la scienza, la speranza». Si riferiva al rispetto per la decenza che deve caratterizzare il costume di chi guida le istituzioni e lo stato, per la verità e l’aderenza al principio di realtà in generale e in particolare nel caso di una pandemia, per una sensibilità umana necessaria a gestire le differenze di ogni genere, a cominciare da quelle razziali.

La prospettiva di una «riparazione», basata sull’unità e sul rispetto anche per chi ha votato diversamente, dopo questi anni di divisione e rancore, era il tema fondamentale della campagna dei Democratici. Il partito aveva giustamente scelto di mettere in secondo piano le differenze tra le varie anime in cui era ed è diviso, per raggiungere il bersaglio fondamentale attraverso il candidato più adatto allo scopo.

Come ha scritto l’Economist, agli occhi di un osservatore conservatore Trump può anche avere avuto, prima del Covid, legittime aspirazioni a tagli fiscali, a stringere i cordoni dell’immigrazione, a riportare negli Stati Uniti posti di lavoro e salari evaporati a vantaggio della Cina e della globalizzazione, a riempire di giudici partigiani la Corte Suprema (sebbene un po’ di misura non guasterebbe), ma la sua retorica ha soprattutto acuito i contrasti, le iniquità economiche e quelle del sistema sanitario, ha esasperato i sentimenti ostili verso gli immigrati con i proclami sul muro anti-Messico, ha separato bambini dai loro genitori, ha strizzato l’occhio a movimenti razzisti, che ne sono stati galvanizzati, ha rifiutato sempre il confronto sui fatti, ha utilizzato la giustizia e il ministro Barr per coprire la sua immunità. Ma ha poi spinto, ancora peggio, il suo disprezzo per la verità e il suo amore per le offese fino a violare esplicitamente e con infantile entusiasmo alcune regole della democrazia, che impongono di non minacciare il carcere per gli avversari politici, di accettare le evidenze e il confronto sui fatti. La assoluta mancanza di decoro e civiltà nella gestione della presidenza, che ha portato un danno inaudito all’immagine degli Stati Uniti e, in questo modo, alla cultura della democrazia nel mondo intero, ha raggiunto il culmine con l’esplosione dell’epidemia e con il conseguente spettacolo quotidiano di incompetenza, superficialità, tracotanza. Il tutto in comico contrasto con l’andamento dei fatti, dieci milioni di casi, 240mila morti, il contagio esteso al suo cerchio ristretto e alla sua persona.

Le bugie della Casa Bianca non sono una novità assoluta arrivata a Washington con Trump. L’amministrazione di George W. Bush resterà famosa per la vera coreografia di fiction con cui impiantò le motivazioni della guerra in Iraq nel 2003 (Dick Cheney, Scott Philby, Colin Powell). Non a caso ne è nata una ricca filiera cinematografica. Ma quelle bugie hanno prodotto poi processi e vergogna per gli autori. E già allora tenevano in ansia i loro autori. Donald Trump invece gioisce nel sostenere falsità grossolane sul modo di curare il Covid, nel disprezzare il lavoro di una istituzione scientifica come il CDCP e in questo accende gli animi di molti dei suoi fan. Riesce nella portentosa impresa di trasformare la sua negazione dei fatti a favore di «fatti alternativi» (vale per le ingerenze russe nella campagna del 2016 come per il climate change) in una dimostrazione della sua forza. Ci ha provato anche con i risultati del voto e con l’accusa di «elezioni rubate». La coppia Biden-Harris avrà ora di fronte prove durissime, dal Covid alla nuova fase delle relazioni internazionali, ma ha comunque già acquisito il merito di avere interrotto quello spettacolo tormentoso.

 

Foto: Jim Watson / AFP

  1. Non condivido per nulla questo ottimismo. A cominciae alla politica estera che potrenne conficurare la deflagrazizone del Medo Oriente. La poitica estera di Obama fu disastrosa quella di Biden potrebbe essere peggiore. In politica inerna le differenze economiche e sociali aumentarono sotto Obamae sono diminuite con Trump che ha riportato una buona fetta di manifattura in Usa.
    I democratici sono sempre di piu i rappresentanti del ceto medio alto e degli interessi delle grandi multinazionali high tech.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *