Se la Consulta boccia i sacrifici

Il Corriere della sera offre una intervista al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi: “‘Ora il conflitto di interessi'”. “Boschi: pronti a modifiche sul nuovo Senato, abbiamo un progetto per il Paese”. “Dalle riforme al Pd, parla il ministro”. “Mattarella ha firmato la legge elettorale”.
Sulla politica anche la notizia dell’abbandono del Pd da parte di Giuseppe Civati (“Civati lascia: non sarò il solo”) e un commento di Angelo Panebianco (“Un esecutivo che si rafforza (ma dov’è l’opposizione?)”.
A centro pagina: “Il caso delle pensioni tra governo e Consulta”. “I rimborsi. L’idea di escludere i redditi più alti”.
Da segnalare anche la foto di Nilufar Rahmani, 23 anni, “la prima top gun” afgana: “Nilofar, pilota afgana. ‘Minacce, ma non cedo'”.
A fondo pagina: “Così va in tilt l’accoglienza ai migranti”. “Ferme 40mila richieste d’asilo, i profughi restano in Italia. E i centri sono al collasso”.
Nella parte alta della prima pagina: “Sindrome italiana a Londra. Il Regno al voto più incerto tra Cameron e Miliband”.

La Repubblica: “Pensioni, la Consulta incalza il governo: ‘Rimborsi per tutti’”, “La Corte: non servono ricorsi ma l’esecutivo può intervenire. Padoan: minimizzare l’impatto sui conti rispettando la sentenza”.
Dedicate alla scuola le “mappe” di Ilvio Diamanti in prima: “La scuola dà prestigio. E’ la rivincita dei buoni maestri”.
Sulla politica italiana: “Civati lascia: addio Pd. Il Colle firma l’Italicum”.
La foto-notizia è per le elezioni in Gran Bretagna (uno spazzino all’opera davanti al portoncino di Downing Street): “Cameron-Miliband, l’ora della verità. Sul voto inglese l’incubo del pareggio”.
Sulla colonna a destra: “Io, nato nel lager della Corea del Nord”, il racconto di Shin Dong-Yuk, ovvero “il diario di uno scrittore evaso dai campi di prigionia, ‘Il mondo deve aiutarci’”.
A fondo pagina, sul “pasticciaccio” dell’eredità di Alberto Sordi, “la congiura dei camerieri”. L’eredità è contesa da 37 parenti.

La Stampa: “Pensioni più alte, rimborsi a rischio”, “Potrebbero essere penalizzate quelle sopra i 2800 euro lordi. Padoan: rispettare la sentenza della Consulta, ma pensare ai conti”, “Il governo pronto a trattare sulla scuola, però avverte: i super presidi non si toccano”.
Poi la politica italiana “dopo il via libera alla legge elettorale”: “Mattarella firma. Ok all’Italicum. Giudizio positivo dalle agenzie di rating Moody’s e Fitch”; “Civati, addio al Pd. Il gelo di Renzi”, “Il deputato lombardo va nel gruppo misto, anche Fassina pronto a lasciare”; “Berlusconi: avanti col listone unico”, “L’ex premier non molla sul partito Repubblicano, ‘Salvini cambierà idea’”.
A centro pagina, la foto di un bookmaker inglese che mostra su una lavagna le quote finali su partiti e candidati al Parlamento britannico: “Londra al voto con lo spettro del pareggio”, “Oggi le elezioni nel Regno unito: dalle urne potrebbe uscire un Parlamento senza maggioranza”.
Di spalla a destra, l’emergenza migranti: “No degli Stati alle quote. L’Ue cambia la strategia”.
E “il caso”: “Tra Bruxelles e Italia il giallo della Xylella in Liguria”, “La Commissione: un ulivo potenzialmente infetto. Ma il ministero è ottimista. Oggi i risultati dei test”.

Il Fatto: “Salvano i vitalizi ai condannati e rapinano i pensionati onesti”, “Oggi in Parlamento riunione decisiva per abolirli. Ma, fatta la legge, trovato l’inganno: vale solo per le pene sopra i 6 anni. Cioè quasi per nessuno. Intanto il sottosegretario Zanetti se ne infischia della Consulta: ‘Impensabile rimborsare tutti i danneggiati dalla Fornero’. Padoan lo smentisce, Renzi tace. La Corte: ‘Pagare è un obbligo’”.
Di fianco: “Mattarella firma l’Italicum in 4 ore: il tempo di leggerlo”, “L’ultimo presidente a respingere alle Camere una norma importante fu Ciampi nel 2005”. E la vignetta di Vauro ritrae un Mattarella alla scrivania mentre, alle sue spalle, dalla foto del suo predecessore Napolitano si anima un braccio: ed è quello che firma la legge.
Ancora sulla politica italiana: “Pippo Civati lascia il Pd. Sel ‘Gruppo con gli ex M5S’”.
A centro pagina: “F-35, bidone continuo. In America trovati altri 61 difetti al motore”, “Il caccia ancora bocciato: poco affidabile”.
E di fianco, su Montecitorio, “Il regolamento secondo Boldrini”, “Alla Cmera è vietato gridare ‘onestà’. Dire ‘zoccola’ si può”, “L’Ufficio di presidenza sospende per 18 giorni la Ruocco (deputata M5S, ndr.) insultata dal pidino Sanna (impunito). Per la notte di proteste alla riforma costituzionale vieta l’aula a 66 deputati di M5S e Sel”.

Il Giornale: “Governo ladro di pensioni”. “La rapina dell’esecutivo: non vogliono rimborsare chi prende un assegno più alto”. “Mattarella firma l’Italicum, il Pd perde pezzi e rischia al Senato”.
Un commento di Piero Ostellino è titolato: “Se la borghesia non denuncia l’inganno di Renzi”.
A centro pagina: “Crolla il teorema De Gregorio”. “Smascherata la bufala antiberlusconiana”. “Un teste smonta la compravendita di senatori che avrebbe fatto cadere Prodi”.
In prima anche un articolo con foto di De Benedetti, D’Alema, Di Pietro e Ingroia: “I veri (pre)potenti che vogliono zittire i giornalisti a forza di querele”. “Altro che bavaglio di destra”.

Il Sole 24 ore: “Tassi in corsa nella Ue. Btp al 2 per cento, sale l’euro”. “Atene paga l’Fmi, la Bce dà più fondi alle banche greche”.
“La scommessa spericolata degli stregoni ateniesi” è il titolo dell’editoriale, firmato da Carlo Bastasin.
Di spalla: “Squinzi: ‘Servono regole radicalmente nuove della contrattazione”. Il presidente di Confindustria ha parlato all’assemblea privata degli industriali.
A centro pagina: “Pensioni, rimborsi al 50 per cento e a scaglioni”. “Tensioni nel governo. Padoan: minimizzare i costi”. “Consulta: sentenza autoapplicativa”.
In evidenza con una grafica anche il voto inglese: “Regno Unito oggi al voto. Testa a testa tra Cameron e Miliband”.

Pensioni

La Stampa, pagina 3: “Arretrati Inps, sono a rischio i rimborsi per gli assegni più alti”, “Il sottosegretario Zanetti: no ai soldi a tutti. Ma il governo frena e prende tempo”.
Sulla stessa pagina: “La tagliola di Palazzo Chigi può scattare sopra i 2800 lordi”, “Padoan: minimizzare l’impatto della Consulta sui conti”. Marcello Sorgi fa notare che “non a caso il ministro Padoan s’è limitato a garantire che cercherà di risolvere il problema nel quadro delle compatibilità garantite alla Ue”. E Palazzo Chigi in serata con una nota ha sottolineato di riconoscersi in pieno nelle parole del ministro (sottinteso, non in quello del sottosegretario). Passare nel giro di pochi giorni dalla discussione sul “tesoretto” al taglio del reintegro delle pensioni deciso dalla Consula, significherebbe infatti pagare un prezzo troppo alto a due settimane dalle elezioni: “prima ancora di aprire il secondo tempo della complicata partita che ha riguardato il provvedimento-cardine della politica economica di Monti, che evitò nel 2011 il default dell’Italia, Renzi si troverebbe a fronteggiare le opposizioni, in testa a tutte la Lega, pronte a fare campagna elettorale in favore dei pensionati. Di qui la prudenza di Padoan e la frenata di Palazzo Chigi, anche se il problema pensioni andrà affrontato”.
La Repubblica, pagina 2: “’Rimborsi per tutti e subito’, la Consulta frena il governo che prova a ridurre la spesa”, “La Corte: ‘Sentenza autoapplicativa, non servono ricorsi’. Più complicata la restituzione parziale. Salvini: occupo il Tesoro”. E sulla stessa pagina il “retroscena”di Alberto D’Argenio: “Ma tra le righe della sentenza spunta la via di fuga della gradualità”, “Il presidente del Consiglio detta la linea: ‘Equità e rapidità, ci vuole chiarezza’”, “La soluzione scelta dell’esecutivo potrebbe arrivare già entro la prossima settimana”.
E il sottosegretario Enrico Zanetti, le cui dichiarazioni ieri sono all’origine del caso, in un’intervista dichiara: “Rispetteremo il verdetto però è irrealistico e ingiusto soddisfare ogni pensionato”, “la soluzione più praticabile per noi di Scelta civica è quella della gradazione così da rispettare la sentenza ma rispettare anche l’equità intergenerazionale. Ciò in un quadro in cui, in questi ultimi anni, sono stati chiesti sacrifici significativi ai pensionati di domani con il passaggio al contributivo; ai quasi pensionati con l’innalzamento dell’età pensionabile; e anche ai già pensionati ai quali è stato preservato, grazie ai sacrifici degli altri, il diritto al più favorevole regime retributivo e si è potuto chiedere soltanto la rinuncia temporanea alle indicizzazioni al costo della vita. Ecco perché in questo quadro è indiscutibile il dovere della restituzione alle pensioni che si collocano sopra tre volte la minima e oltre, ma sarebbe ingiusto arrivare a farlo anche per trattamenti pensionistici di molto più elevati”.
Il Fatto, pagina 3: “Dopo la strategia della pensione Renzi dovrà tirar fuori i soldi”, ‘Caos di voci sui rimborsi, governo diviso. Consulta: ‘Pagare è obbligatorio’”. Sulla stessa pagina: “Previdenza: numeri, segreti e bugie interessate”, “Oltre il 91% degli assegni non supera i 2.500 euro lordi, dalle ultime riforme risparmi per 960 miliardi di euro”, di Marco Palombi.
Sul Corriere si legge che starebbe “prendendo quota” l’ipotesi del “‘non rimborsare tutto a tutti'”, e si cita una riunione ieri al ministro dell’Economia. “I conti sul tavolo dicono che la sentenza della Corte costituzionale, che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni introdotto dal governo Monti, costerebbe non solo 10 miliardi di euro per chiudere i conti con il passato. Ma anche 5 miliardi di euro l’anno da qui in avanti. Un peso non sostenibile, anche considerando che quei 5 miliardi di euro sono lordi e quindi in parte tornerebbe indietro allo Stato sotto forma di tasse. Sono comunque troppi. Da qui l’idea di introdurre diversi scaglioni di rimborso, restituendo ad alcuni molto, ad altri poco, ad altri niente. Il meccanismo, però, sarà più complesso di quello immaginato a inizio settimana”. Si prevederebbe di estendere al passato un correttivo dei tagli introdotto dal governo Letta, che prevederebbe un rimborso del 95% per le pensioni fra le tre e le quattro volte il minimo Inps, all’ingrosso fra 1.500 e 2 mila euro lordi al mese, che poi scenderebbe al 75 per le pensioni fino a 2500, del 50 per cento per quelle fino a 3000, e nulla a chi prende più di 3000 euro al mese. Il rischio è che tra qualche anno possa arrivare una nuova bocciatura della Consulta.
Sul Sole si spiega che il governo avrebbe l’obiettivo “non dichiarato” di restituire il 50 per cento, “per recepire alla lettera la pronuncia della Consulta e, allo stesso tempo, ridurre al minimo l’impatto sui conti pubblici”. Si ricordano anche le parole del sottosegretario Zanetti, che da segretario di Scelta Civica ha chiesto al governo di non rimborsare coloro che percepiscono pensioni superiori a 4 o 5 mila euro. Il quotidiano cita anche precisazioni di “giuristi e fonti vicine alle Consulta” che dicono che “la sentenza 70/2015 , senza l’introduzione di eventuali interventi del governo, vale di per sé erga omnes ed è immediatamente applicativa. Per chiederne l’applicazione, tecnicamente, non serve un ricorso, anche se questa può essere una via per sollecitare il rimborso”. In ogni caso si prevede che “tra la fine di questa settimana e la metà della prossima, il governo troverà il modo di rispondere alla sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni”. Si pensa anche a una restituzione triennale, a rate.
Sul Giornale Alessandro Sallusti scrive che sarebbe “immorale” un governo “quello del duo Renzi-Alfano che si rifiuta di eseguire una sentenza della massima Corte e poi perseguita con metodi da strozzino di strada chi non paga al centesimo e al minuto una multa per divieto di sosta”. Quanto alle risorse da trovare per eseguire la sentenza della Consulta “quando si trattò di comperare il consenso per vincere le elezioni europee con i famosi 80 euro a pioggi, i soldi Renzi li trovò senza tante storie”.

Scuola

La Stampa, pagina 2: “Aperture dal governo ma restano i superpresidi”, “La minoranza Pd vuole lo stralcio per i precari, l’Ncd l’aiuto alle paritarie”.
La Repubblica: “Scuola, si tratta sui premi ai professori”, “Dopo lo sciopero il premier invia ai sindacati una delegazione pd con Orfini e Guerini. ‘Ma dobbiamo chiudere in fretta’. L’offerta: riduzione dei poteri dei presidi su valutazione e soldi ai più meritevoli, escluso per ora il rinnovo del contratto”. E in un “retroscena” Francesco Bei scrive che “il premier fa autocritica: ‘Non sono riuscito a farmi capire’”. Alla pagina seguente, le “mappe” di Ilvio Diamanti: “La rivincita dei Buoni Maestri, adesso insegnare dà prestigio”, “Sei italiani su dieci riconoscono un crescente valore sociale ai docenti, ritenuti di questi tempi un autentico punto di riferimento. Anche per questo il governo non può non dialogare con loro”, “Frustrati e arrabbiati, ma apprezzati. Con altre categorie, i magistrati in particolare, il premier ha rapporti più tesi”.
Il Fatto: “Scuola, governo in tilt, ora Renzi liscia il sindacato”, “Oggi l’incontro tra il Pd e Cgil, Cisl e Uil. Ma non è l’esecutivo a trattare. Il M5S: ‘E’ tutta melina, in commissione è arrivato il nuovo ‘canguro’”. Spiega il ritorno della pratica del canguro Luigi Gallo, membro grillino della commissione: “La commissione sta riscrivendo da capo la riforma per cancellare gli strafalcioni della Giannini, ma così vengono fatti cadere tutti gli emendamenti da noi presentati”.

Boschi

Sul Corriere viene intervistata Maria Elena Boschi. Annuncia che la prossima riforma del governo sarà il conflitto di interessi, “lo porteremo in Aula già nelle prossime settimane, se tanti dei nostri ex leader ed ex premier avessero messo lo stesso impegno o la stessa tenacia che hanno messo nelle scorse settimane sui dettagli dell’Italicum non toccherebbe a noi e avremmo già una legge”. Della legge elettorale dice che “col ballottaggio avremo un vincitore certo. Con il premio alla lista non saranno più coalizioni litigiose e si impone ai partiti una riflessione sul loro ruolo”. Della riforma della Costituzione dice che si può aprire una discussione , “il testo non è blindato anche se una maggioranza pronta a votare il disegno di legge uscito dalla Camera c’è già”. “Siamo pronti a un confronto vero, su varie ipotesi, dal sistema delle garanzie a modelli diversi d’elezione, per esempio il modello simil Bundesrat, sino all’equilibrio dei poteri”.

Governo, Civati, Pd, FI

Sul Giornale un articolo è dedicato ai numeri della maggioranza al Senato, dove il governo “sulla carta” può contare su 174 voti, ma ieri il senatore di Area Popolare Mauro ha annunciato un referendum contro l’Italicum. “Mauro sulla carta è ancora della maggioranza insieme a cinque parlamentari, due deputati e tre senatori”, scrive il quotidiano. “Fuggono pure i centristi di Mauro, ora il governo traballa al Senato”, il titolo dell’articolo.
Sul Sole 24 Ore: “Al Senato si riparte da Rai e unioni civili”. “Il rischio Vietnam. Non ci sono solo le riforme costituzionali: a Palazzo Madama dovranno arrivare dalla Camera la delega Pa, Buona scuola e anticorruzione”.
La Repubblica, pagina 6 : “Civati strappa e lascia il Pd , ‘Nuovo partito? In estate’. Mattarella firma l’Italicum”, “Guerini: ‘Addio annunciato’. Speranza: ‘Disagio serio’. Assist di Napolitano alla riforma: ‘Era indispensabile’”. Il “retroscena” di Goffredo de Marchis: “E ora scatta l’operazione per costruire l’Ulivo 2.0. Renzi: ‘Pippo non porta voti’”. Alle pagine seguenti, due interviste a confronto anche sull’addio di Civati. La prima è con Nichi Vendola, leader di Sel: “Sel si scioglie, pronti nuovi gruppi. Pisapia il nostro leader? Incarna la nuova sinistra”, “Nel Paese c’è un’opposizione sociale che cresce, che non accetta la religione dell’obbedienza e la politica come marketing”, “La ‘ditta’ di Bersani non c’è più, ormai è il partito della Nazione, un mix di populismo e di trasformismo”, “Cosa farò io? Fuori dal ruolo istituzionale di governo sarò più libero di dedicarmi a questo progetto”.
L’intervista di fianco è ad Ettore Rosato, vicecapogruppo Pd alla Camera che, riferendosi a Civati, dice: “Lui è solo, nessuno lo seguirà, il nuovo Ulivo c’è già, siamo noi democratici”, “Non vogliamo minimizzare ma la scelta di Civati era annunciata. Già durante il governo di Enrico Letta non aveva votato la fiducia”, “Non c’è una trasformazione genetica: c’è che siamo passati dal 25 al 40%”, “I micro progetti fuori dal nostro partito io li rispetto, ma noi lavoriamo per un partito unito”.
La Stampa, pagina 4: “Civati, addio al Pd di Renzi: ‘Non sosterrò più il governo’”, “’Tanto i democratici sono già un gruppo misto’. E al Senato sarà battaglia”. Sulla stessa pagina: “Il gelo del premier sull’ex amico in attesa che anche Fassina lasci”, “Nessuna telefonata tra i due, solo Guerini ha mediato”. E un’intervista a Gianni Cuperlo, che dice: “Serviva più umiltà con Pippo e anche con Cofferati”. E allo stesso Civati, che aveva dichiarato, in riferimento al Pd, “la posizione di Cuperlo è insostenibile”, l’interessato risponde: “Guardi, l’ultima cosa che voglio fare oggi è una polemica con Pippo. Penso che restare e battersi dentro questo partito non sia una scelta meno comprensibile e più fragile.
Il Fatto: “Ciao Pd, stavolta Pippo se n’è andato davvero”, Civati annuncia l’addio ai democratici: ‘Ora sono in pace con me stesso’. Subito si mobilitano Sel ed ex Cinquestelle: ‘Pronti a un nuovo soggetto’”.
Il Giornale: “Civati abbandona il Pd e tenta la fortuna con Landini e Vendola”. “Il dissidente lascia il partito e attacca la fronda democratica: dicono che l’Italcum è un’eversione e dopo tre giorni parlano di ricucitura”.
Civati viene intervistato dal Corriere: “Bersani è troppo garbato e Cuperlo sbaglia strada. Io dialogo con Landini, ci saranno altri movimenti”. “La mia credibilità si stava offuscando, l’accusa di non avere coraggio ormai stava diventando insostenibile”. Dice che ha incontrato Landini: “Non credo che la sua iniziativa si chiuda in un fronte sindacale”.
Su Libero una intervista al vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, “il Letta di Renzi”. Dice di essere dispiaciuto per l’addio di Civati, “con lui ho un rapporto personale molto buono” e auspica una “ripresa di ragionevolezza” da Forza Italia quando si discuterà della riforma della Costituzione. Il titolo: “Appello a Fi: torni a votare le riforme”.

Regno Unito al voto

La Repubblia: “Cameron e Milband, è il giorno della verità. Il fantasma del pareggio spaventa i due leader”, “I sondaggi confermano l’incertezza degli elettori. Sullo sfondo l’ipotesi del governo di minoranza”. Nel gergo di Westminster, scrive il corrispondente Enrico Franceschini, lo chiamano ‘parlamento appeso’. Sarebbe questo il risultato previsto dai sondaggi. I conservatori potrebbero ottenere più seggi e più voti, confermandosi primo partito, ma senza la maggioranza assoluta necessaria per governare, neanche alleandosi di nuovo con i liberaldemocratici. I laburisti, pur piazzandosi secondi come seggi e voti, sembrano l’unico partito in grado di arrivare alla maggioranza assoluta, in una coalizione lib-dem sostenuta dall’esterno dai nazionalisti scozzesi. Senonché una simile ipotesi viene già giudicata ‘illegittima’ dai Tories, perché sottoposta al quotidiano ricatto di un partito (lo Scottish National Party)) il cui fine ultimo è la secessione dal regno Unito. Più avanti Franceschino sottolinea che l’Ukip di Farage porta via voti a Cameron come il partito scozzese li sottrae ai laburisti di Miliband.
Sulla pagina di fianco, un commento dello scrittore inglese Robert Harris: “Cool Britannia addio, così la crisi economica ha cambiato il volto del paese ottimista”, “Austerità e indipendentismo hanno fatto crollare ogni certezza”.
La Stampa: “Londra vota e teme il pareggio”, “I sondaggi vedono un ‘Parlamento appeso’ senza maggioranze praticabili. Ecco come si è inceppato il meccanismo che sembrava inossidabile”. Ne scrive l’inviato a Londra Alberto Simoni, che illustra anche le due posizioni a confronto: sui Laburisti, “Miliband spera con il guru di Obama”, “Axelrod lo ha trasformato in un leader”; e i Comservatori, “Boom senza benessere. Il paradosso Cameron”, “Ripresa solo per ricchi, porta pochi consensi”.
Il Corriere intervista Linda Fabiani, di origini italiane, esponente dello Scottish National Party. Il nonno lasciò la Liguria per Glasgow. Dice: “Noi siamo pronti a portare Ed Miliband a Downing Street. Dipende da lui. Se davvero vuole rovesciare le politiche di austerità dei conservatori, se vuole invertire la rotta che il suo partito ha preso, allora si sieda al tavolo che noi ci siamo per un appoggio esterno”. I sondaggi attribuiscono all’Snp la maggioranza assoluta dei 59 seggi scozzesi alla Camera dei comuni. Fabiani commenta la crisi di consenso dei laburisti in Scozia (“i laburisti hanno pensato che la Scozia appartenesse a loro, autocompiacenti e arroganti”), aggiunge che “i laburisti sono alla canna del gas e cercano di risalire la china insinuando che la sconfitta è per colpa nostra” mentre “è vero il contrario, gli restituiamo le chiavi di Downing Street” e spiega che oggi “non è in discussione “il tema della indipendenza della Scozia, lo sarà “tra qualche anno”, se e quando “gli scozzesi” chiederanno un nuovo referendum. Per ora la priorità è una “nuova home rule”.
Altra intervista a Douglas Carswell, dell’Ukip: “Nessun patto di coalizione” con i conservatori di Cameron, “semmai potremmo appoggiare dall’esterno un esecutivo che fa le cose giuste”, a partire dal referendum sull’Europa e “le riforme politiche per togliere potere alle élite”. Il referendum promesso da Cameron per il 2017 è “fumo negli occhi”. Spiega che un tempo “chi simpatizzava Ukip era un ex tory”, mentre oggi “ci sono anche ex laburisti, specie al nord”.
Sul Sole un articolo si sofferma sulla “caccia al voto” sui social network”. La pubblicità politica a pagamento su giornali e tv è vietata, ma non lo è su internet. Sono stati dunque molto usati facebook e youtube. I conservatori “sono stati più attivi nel creare pubblicità mirate per zona geografica o gruppo demografico”. Secondo la BBC hanno speso 100 mila sterline solo per pubblicità su Facebook.
Il Giornale tratteggia “lo scenario post-elezioni” ed elenca le sei opzioni possibili, dai laburisti con appoggio esterno ai tory con l’aiuto di Libdem, Dup (Democratic unionist party, gli unionisti nordirlandesi) e Ukip.

Grecia

Il Corriere della sera: “La Bce concede altro ossigeno alla Grecia”. “Asse con il Fmi. Missione di Varoufakis a Roma: fiducioso in un accordo. Padoan: tempi più stretti”. “Il Parlamento greco ha approvato la legge per riassumere circa 13 mila statali”. “E’ il primo passo di una serie di riforme che faremo e che non saranno in chiave neo liberista ma avranno un aspetto sociale”, ha dichiarato il viceministro per le riforme amministrative Katrougalos.
Il Giornale: “Atene provoca e riassume 4 mila statali”. “A pochi giorni dall’Eurogruppo la trattativa resta in alto mare”.
Sul Sole Carlo Bastasin firma l’editoriale e scrive che tra Grecia e istituzioni internazionali “non ci sarà l’accordo atteso per i prossimi giorni, perché il confronto tra Atene e i partner europei si è di nuovo inasprito. Fino alle ultime ore il parlamento greco ha approvato leggi di spesa pubblica in violazione degli accordi europei che richiederebbero la consultazione preliminare dei creditori. Ora, spiega uno dei protagonisti delle trattative, i creditori chiedono ad Atene di accettare almeno una delle tre riforme richieste: pensioni, lavoro o fisco. Poi si potrebbero liberare i fondi e fare programmi di maggior respiro. Ma Atene risponde con aumenti di spesa e di tasse e con argomenti conflittuali che pongono la sovranità politica greca molto sopra i diritti degli altri cittadini europei. I margini di salvezza ci sono ancora solo fino a giugno-luglio. Se per allora non prevarrà il buon senso, assisteremo dunque a una delle crisi più stupide della storia umana”.

E poi

Sul Corriere un articolo di Fiorenza Sarzanini sul rapporto presentato dal ministero dell’Interno al Parlamento sulla situazione dei richiedenti asilo: “Sono circa 40mila le richieste di asilo presentate all’Italia che devono solo essere esaminate. In attesa delle risposte il sistema di accoglienza rischia di andare in tilt”. Delle circa 36 mila richieste esaminate, il 40 per cento è stato respinto. Nel rapporto si evidenziano anche gli squilibri nei numeri dell’accoglienza: in Sicilia ci sono 107 strutture che si fanno carico del 23 per cento degli stranieri. In Lombardia i sono oltre 300 strutture, ma si fa carico del 9 per cento dei migranti, il Veneto (145 strutture) si occupa del 4 per cento dei migranti.
“Cade in aula il teorema De Gregorio” si legge su Il Giornale, che cita la testimonianza del deputato di Forza Italia Ignazio Abrignani al processo in corso per la presunta compravendita di senatori durante il secondo governo Prodi. Imputato per corruzione è Silvio Berlusconi, insieme all’ex direttore dell’Avanti Lavitola. Abrignani “ha riferito che, ben prima dell’autodafé davanti ai magistrati partenopei, De Gregorio aveva chiesto al Pdl 10 milioni di euro per sanare una disastrosa situazione debitoria personale. In caso contrario, aveva aggiunto De Gregorio, ci sarebbero state gravi conseguenze per Berlusconi e il partito. A confidare questa circostanza ad Abrignani sarebbe stato Denis Verdini, al quale l’ex presidente della commissione Difesa di Palazzo Madama si era rivolto ricevendone, però, un secco e deciso rifiuto. Il resto è storia. De Gregorio corre in Procura e riempie decine di pagine di verbali sostenendo di aver fatto cadere l’Esecutivo del Professore per volontà del Cav”. Una ricostruzione che “smonta definitivamente”, scrive il quotidiano. Ieri al processo ha testimoniato anche Mastella, scrive il quotidiano di Sallusti.

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