L’assurda strage di Andreas Lubitz

Il Corriere della sera: “La scelta del copilota: uccidere tutti”. “Si è chiuso in cabina e ha diretto l’aereo contro la montagna”. “L’ombra della depressione”. “Svolta grazie alla scatola nera. L’uomo aveva 27 anni. Le compagnie: ora cambiamo le regole”.
Tre richiami in prima: “Vita segreta di Andreas”, il copilota; “Porta blindata, una trappola”; e “I punti ancora da chiarire”.
A centro pagina: “Yemen nel caos della guerra. I sauditi pronti all’invasione”. E poi: “Si incrina l’asse con l’Iran. Più debole il patto anti-Isis”.
Un richiamo per la politica interna: “Così i posti fissi sono cresciuti: 79 mila in più”. “I primi due mesi del 2015”.
A fondo pagina: “Primo sì alle unioni civili”, con il voto di Pd e 5Stelle.
E poi: “Quegli ulivi tra complottisti e tagliatori”. “Proteste e sospetti in Puglia dopo l’epidemia di Xylella. La minaccia delle barricate”.

La Repubblica: “Il mistero del pilota assassino”, “La strage dell’Airbus in Francia decisa dal secondo ufficiale. Ha chiuso fuori il comandante”, “Andreas Lubitz, 27 anni, aveva interrotto l’addestramento per una crisi depressiva”, “I parenti portati in un luogo segreto. Le compagnie cambiano le regole: ‘Mai più un uomo solo in cabina’”.
E a corredare i titoli, la foto di un sorridente Lubitz in posa sotto il ponte di San Francisco.
In apertura a sinistra: “Boom di contratti a tempo determinato. Nei primi due mesi 79mila posti di lavoro.
A fondo pagina: “Senato, primo sì alle unioni civili col patto Pd-M5S (ma è lite tra i dem).

Il Sole 24 Ore: “Draghi: dal Qe un punto di Pil ma ora le riforme strutturali”. “Il presidente della Bce in Parlamento: in Italia risanamento con più tasse, la spesa corre”. “‘Bene l’ipotesi di bad bank per liberare risorse per le imprese'”.
In alto: “Airbus, il copilota ha provocato lo schianto”. “Le compagnie cambiano le regole: sempre due persone in cabina di pilotaggio”.
Sulla politica: “Ddl sulla Rai in Consiglio, Pd diviso. Legge elettorale, premier pronto alla fiducia”. Da segnalare anche un “focus lavoro”: “In due mesi 79 mila contratti stabili in più”.
A centro pagina una intervista a Francesco Caio, ad di Poste: “‘Poste pronte per Piazza Affari'”.
E poi un richiamo sulla Pubblica amministrazione: “Madia: riforma Pa in tempi rapidi’”.

Il Giornale: “Germania sotto choc”. “Schettinen”. “Il co-pilota tedesco dell’Airbus ha fatto una strage per suicidarsi. Peggio della Concordia. Il profilo dello psicologo: ‘Depresso con tratti sadomasochistici'”.
A centro pagina: “‘Vittoria vicina’. Così l’Isis parla d’Italia”. “I verbali dell’inchiesta sugli estremisti”. “I giudici: ‘Quei ragazzi sono pericolosi’. Il Papa lancia la crociata in difesa dei cristiani”.
Di spalla: “I giudici lumaca ci costano 8 milioni al mese”. “Risarcimenti Ue”. E poi: “Renziani e grillini si ‘sposano’ sulle unioni civili”. “Primo sì in commissione”

La Stampa: “La strage assurda del bravo ragazzo”, “Andreas Lubitz, 27 anni, curriculum ‘impeccabile’. Unico indizio: una depressione di sei anni fa”.
Anche qui, foto del pilota a San Francisco.
A centro pagina: “Lavoro, le nuove assunzioni crescono: più 38,4 per cento”.
E “l’inchiesta” di Marco Bresolin: “Campagne elettorali, il grande business: ai partiti più soldi di quelli che spendono”, “Per le Politiche del 2013 rimborsi per 54 milioni di euro a fronte di 45 milioni di spese. Corte dei Conti: riscontrate alcune situazioni anomale”.

Il Fatto: “Ritirano la legge spionaggio ma riesumano il Bavaglio”, “Antiterrorismo, Renzi cancella la norma sul controllo totale delle email. Sulle intercettazioni il governo punta a impedire ai magistrati di riportare nelle ordinanze conversazioni ‘non penalmente rilevanti’. Che spesso sono di interesse pubblico. Come nel caso Lupi”.
Un grande titolo a centro pagina: “Così Expo si compra i giornali”, “Pioggia di 50 milioni di euro da Milano 2015 a tv, stampa ed editori per promuovere l’evento ed evitare notizie sgradite: 5 milioni alla Rai e 1,8 a Feltrinelli, 850 mila euro a Mondadori, 900 mila a Repubblica, 990 mila a Rcs. Risultato: titolo entusiastici, inserti-spot e nessuna critica”.
Sull’Airbus Germaniwings: “Airbus, tutta colpa del copilota: ‘Era depresso’”.
A fondo pagina: “Michele Serra parla della nuova Unità: ‘Ora il Pd ritiri il nome di Gramsci’”.
E il Medio Oriente: “Arabia ed Egitto, raid aerei contro lo Yemen filo-Iran”.
In cima alla pagina, sulla testata: “Il Papa fa onore a San Francesco e ospita i clochard in Vaticano: ‘Questa è casa vostra’. Altri palazzi, a Roma, sono Cosa Nostra”.

 

Strage sull’Airbus

La Repubblica dedica alla vicenda le prime 11 pagine. Alle pagine 2 e 3 ricostruisce “la dinamica”, alla luce delle spiegazioni fornite dal Procuratore di Marsiglia ieri, grazie alle registrazioni della scatola nera: “Barricato nella cabina col comandante chiuso fuori, così il copilota ha fatto schiantare l’aereo”, “Andreas si è blindato dentro e ha iniziato la discesa verso la montagna. ‘Aprimi subito’, gli ha urlato il collega battendo i pugni contro la porta. Il procuratore: ‘Non sappiamo perché, ma voleva distruggere l’Airbus’”, “Ha ingannato tutti evitando di andare in picchiata. Respirava regolarmente, era vivo e cosciente fino all’impatto”.
Sui “controlli” cui vengono sottoposti i piloti, alla pagina seguente: “Check-up e pratica, ma pochi test psicologici”, “Le compagnie di linea si affidano a centri specializzati: elettroencefalogramma e analisi del sangue ogni anno. Ma su salute mentale, abuso di alcol e droga le regole sono meno stringenti. In Italia gli standard più elevati”. Il comandante Antonio Chialastri, membro del Comitato scientifico Centro Studi Trasporto Aereo Sicurezza e Ambiente (S.T.A.S.A.), esperto in ‘human factor’, dice, intervistato, che “nelle valutazioni si riesce a capire la base caratteriale, poi ci sono gli alti e bassi della vita come per tutte le persone. Un esperimento efficace è quello del controllo sociale: si fanno volare i piloti con equipaggi diversi”, “per controllare se una persona è in equilibrio” ed è questa la base del controllo sociale, perché se una persona sta male se ne accorgono tutti e scatta l’allarme.
Su chi fosse Andreas Lubitz, due pagine dell’inviato Andrea Tarquini nella cittadina di Motabaur, di cui era originario: “Jogging e passione per il volo, la vita modello di Andreas, ‘Ma soffriva di depressione’”. Sulla “depressione” del pilota si raccolgono le voci di chi lo conosceva e “ne senti di ogni genere”, scrive Tarquini: per alcuni aveva solo voluto prendersi “una pausa”, il presidente dell’aeroclub dice che non era affatto isolato o chiuso, ma “integratissimo nel gruppo, tutti ridevano ai suoi scherzi, anche spinti, politicamente discutibili o di cattivo gusto”.

Sul Corriere si parla di “indizi interessanti” che sarebbero stati trovati nella casa di Andreas Lubitz, durante la perquisizione. Gli inquirenti sono alla ricerca “di elementi che possano aiutare gli investigatori a comprendere le motivazioni alla base del gesto folle dell’uomo, che aveva superato tutti i test psicologici e ottenuto anche le certificazioni di eccellenza”.
Il quotidiano ricorda che dopo l’abilitazione al volo, Lubitz, che lavorava in Germanwings dal settembre del 2013, lavorò per 11 mesi come steward prima di prendere servizio in cabina di pilotaggio”, e cita il “buco nella sua carriera, che adesso è finito sotto i riflettori: e cioè un’interruzione del suo periodo di addestramento, circa sei anni fa. Un periodo di un anno e mezzo in cui, secondo il giornale tedesco Bild, Lubitz avrebbe trascorso un anno e mezzo sotto trattamento psichiatrico”.

Il Giornale scrive – dando conto di un articolo del britannico Daily Mail – che Lubitz “avrebbe avuto qualche problema sentimentale con la sua ragazza. I due avrebbero interrotto la loro relazione pochi giorni fa”. Il quotidiano conclude che “Lubitz potrebbe aver scelto di farla finita perché probabilmente era stato ‘appena scaricato'”.

Sul Sole, Gianni Dragoni spiega quali sono le regole delle compagnie aeree sulle visite psicoattitudinali, e cita un pilota italiano cinquantenne: “‘Lo psicologo? La visita l’ho fatta la prima volta, quando ho ottenuto la licenza. Poi non l’ho più visto'”. Il quotidiano dice anche che anni fa le compagnie – anche Alitalia – avevano un Piloty Advisory Group, una sorta di gruppo di ascolto psicologico per problemi familiari, psicologici, uso di droghe. In Alitalia, per i tagli progressivi, è stato chiuso una decina di anni fa.

Le regole attuali sulla presenza di almeno due persone in cabina di pilotaggio non prevedono obblighi, in Europa. Spiega al Corriere James Hall, ex presidente del National Transportation Safety Board, che “‘il cockpit è in grado di ospitare tre piloti e non ci dovrebbe mai essere una situazione in cui vi è una sola persona in cabina di pilotaggio'”, ma “norme europee di questo tipo pare non siano mai esistite. La regola del ‘mai meno di due piloti in cabina’ infatti è valida negli Stati Uniti ad esempio, ma non ancora in Canada o nella stessa Europa dove è rimasta a lungo del tutto arbitraria. Secondo alcuni piloti sentiti nelle ultime ore a seguito dello schianto del volo Germanwings, la procedura di non lasciare mai una sola persona in cabina, è una pratica in uso in diverse compagnie aeree che prevedono, qualora uno dei due piloti dovesse momentaneamente abbandonare il cockpit, l’ingresso preventivo di un altro membro di equipaggio. Che può essere il capo cabina, o un’assistente di volo da lui autorizzata. Una procedura di sicurezza aggiuntiva, in uso in particolar modo dopo l’11 settembre prima che davanti alla porta della cabina fossero montate telecamere e installate porte blindate”. Dopo la tragedia, Easyjet ha annunciato che a partire da oggi saranno sempre in due in cabina. Stessa identica decisione è stata presa anche da Alitalia che ha rivisto i propri criteri di sicurezza alla luce di quanto accaduto. Anche Air Canada, Norvegian Air Shuttle annunciano la stessa decisione. In Germania Lufthansa, Air Berlin, Condor e TuiFly chiedono alle autorità di volo una rapida introduzione delle nuove disposizioni

La Stampa se ne occupa con 7 pagine: “Freddo e distaccato. Così il co-pilota li ha portati a morire”, “Ha chiuso fuori il comandante e ha fatto schiantare il jet. I passeggeri si sono resi conto all’ultimo: urla disperate”.
Alla pagina seguente: “Quel buco nero sei anni fa: ‘Depresso, voleva mollare’”, “Lubitz in crisi durante l’addestramento, riammesso come stewart”. Se ne occupa come inviata Tonia Mastrobuoni.

E ancora su La Repubblica una pagina di “domande e risposte”: si parte dal “paradosso” degli aerei trasformati dopo l’11 settembre in “fortini a prova di terroristi, ma non della follia”. E intanto 2le compagnie, da Alitalia a Easyjet, ripristinano l’obbligo di essere almeno in due nel cockpit”.

Draghi

Sul Sole, Guido Gentili riepiloga i contenuti della audizione del presidente della Bce Draghi davanti alle commissioni Bilancio, Finanze e Politiche della Ue della Camera. Sulla ripresa “la nuova politica monetaria della Bce (con il Quantitative easing che durerà almeno fino a settembre 2016) accompagna e irrobustisce le prospettive di crescita. Ma non è in grado di accrescere il potenziale produttivo di un paese, che dipende dalla realizzazione delle riforme strutturali”. Uno dei “messaggi” di Draghi è che “la nuova politica espansiva della Bce (che facilita i finanziamenti all’economia reale, famiglie e imprese) non disincentiva le riforme strutturali ma crea le condizioni migliori per realizzarle”, e che in Italia “le riforme stanno cominciando a dare i loro frutti”, a partire dai dati sul mercato del lavoro, visto che secondo dati Mediobanca il Jobs Act del governo Renzi “vale da solo un quarto della crescita attesa dall’intero pacchetto riforme che entro il 2020 dovrebbe portare 3,4-4,4 punti di Pil in più”. Ma Draghi ha ricordato che l’impresa è ancora lunga: Per esempio “la giustizia civile italiana è la più lenta d’Europa e con processi più veloci avremmo imprese più grandi dell’8-10%. Occorrono regole certe, rispetto dei contratti, un ambiente per fare impresa migliore. Le imprese sono troppo piccole, le banche (positivo il giudizio su riforma delle Popolari e ipotesi bad bank) chiamate anche loro a rinnovarsi ed accorparsi abbassando i costi (che pagano i clienti) di una governance a volte ipertrofica”. Infine, rispondendo ad una domanda del presidente della commissione Finanze Capezzone, Draghi ha detto che è sbagliato innescare “il circuito ‘più spese correnti, più tasse, meno investimenti pubblici’. ‘Non è questo un consolidamento amico della crescita’, ha spiegato Draghi che ha citato i calcoli del professor Luigi Zingales: se avessimo bloccato la spesa ai livelli del 1997 il debito pubblico, a inizio crisi nel 2007, sarebbe stato del 67% e non del 103%”.

La Stampa: “Draghi: ‘Col piano Bce l’italia guadagnerà un punto di Pil nel 2016”, “Il presidente: bene la bad bank ideata dal governo”. Ci si riferisce, per quel che riguarda questo ultimo punto, al fatto che Draghi si è detto favorevole a qualunque strumento utile a ridurre i crediti deteriorati delle banche italiane, “compresa la costituzione di una ‘bad bank’”. Ancora sulle sue dichiarazioni: il presidente Bce ha detto che serve una “stretta correlazione” fra competenze e occupazione e che le società devono essere “più efficienti ma anche più eque”. Ha sottolineato che “nel 2013 il 19 per cento dei lavoratori con un basso livello di istruzione in Europa erano disoccupati, ma solo il 6% fra quelli altamente istruiti”. Per questo “il miglior modo per tutelare i cittadini non è di proteggerli dal rischio di perdere il lavoro, ma di garantire loro le conoscenze per trovare più facilmente un’occupazione”, “istruzione e training devono far parte del programma di riforme al pari della pulizia dei bilanci bancari e della riduzione degli oneri burocratici”.

Il Giornale scrive della “bordata” di Draghi al nostro Paese: “”L’Italia, come altri, ha consolidato i propri conti aumentando le tasse e tagliando gli investimenti pubblici, mentre la spesa corrente continua ad aumentare”.

Sul Corriere Lucrezia Reichlin si sofferma sui dati economici dell’Europa e scrive che “è molto probabile che la ripresa sia cominciata nella seconda metà del 2014” ma scrive anche che nei dati della Bce si parla di un tasso di disoccupazione del 10 per cento che rimarrà. Un tasso “definito naturale nel linguaggio tecnico”, che “di naturale ha ben poco”, e che significa che per l’Italia i 3 milioni di persone che oggi non lavorano non hanno “speranza di trovare un impiego nei prossimi anni”. Reichlin dice che l’Europa deve – come hanno fatto gli Usa – “affrontare il problema della jobless recovery”, ovvero della ripresa non accompagnata da un aumento della occupazione.

La Repubblica: “Draghi ottimista sull’Italia: ‘Un punto in più di Pil dai maxiacquisti della Bce”, “La spesa corrente continua a salire’. Poi la correzione: ‘Mi riferivo al 2014’”.

Lavoro

I dati sull’occupazione – su cui si è ampiamente soffermato ieri il ministro del Lavoro – sono su tutti i giornali.

Si tratta di 79 mila assunzioni a tempo indeterminato che – come scrive il Corriere – potrebbero essere contratti a termine convertiti in contratti a tempo indeterminato “più convenienti con gli sgravi introdotti di recente”. Renzi ha definito i dati “sorprendenti”, ed ha condiviso il suo entusiasmo su Facebook.

Sul Sole si citano i numeri: a gennaio l’aumento rispetto al gennaio 2014 è stato del 32,5 per cento assunzioni in più. In termini assoluti 40500 nuovi rapporti di lavoro, con un picco per i giovani tra i 15 e i 19 anni. A febbraio i contratti a tempo indeterminato sono stati il 38,5 in più. “Il ministero del Lavoro sottolinea che i dati sono da leggere anche in relazione agli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato introdotti con la legge di Stabilità 2015 (sgravi contributivi per tre anni). A partire dal 7 marzo, le aziende possono assumere anche con le regole del Jobs Act (che introduce l’indennizzo al posto del reintegro come regola generale in caso di licenziamento illegittimo) per cui le attese sono di una ulteriore crescita in termini di assunzioni”.

Su La Repubblica: “Boom dei contratti stabili, in 2 mesi salgono al 38%, un quarto delle assunzioni”, “Gli sgravi spingono i dati di gennaio e febbraio: più 79 mila. Il premier: ‘Cifre sorprendenti’. Per i giovani aumento del 43%”.

Scrive il quotidiano che l’impennata dei contratti a tempo indeterminato non c’entra con la riforma dell’articolo 18, che è entrata in vigore a marzo, bensì gli incentivi fiscali (eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap) e l’azzeramento dei contributi previdenziali per tre anni a favore delle assunzioni con contratto a tempo indeterminato realizzate nell’arco del 2015.

E sulla stessa pagina si dà conto di una vicenda che riguarda l’azienda Novartis, che “offre l’articolo 18 come benefit”. L’azienda ha appena assunto tredici lavoratori nella sua sede di Varese, mettendo nero su bianco nel verbale di accordo “la scelta di non applicare nei loro confronti le disposizioni del contratto a tutele crescenti”, contenute cioè nel Jobs Act.

Unioni civili

La Repubblica: “Unioni civili, primo sì: ma anche il Pd frena”, “dall’adozione del figlio del partner alla reversibilità delle pensione: uguali diritti e doveri per tutte le coppie, incluse quelle dello stesso sesso. In Commissione Giustizia i democratici votano con i Cinque Stelle, Ncd contro. La fronda di 35 senatori dem: no all’equiparazione con il matrimonio”.

A pagina 10 de La Stampa: “Primo sì alle unioni civili. Pd con i grillini senza Ncd”, “Senato, voto in commissione. I centristi: daremo battaglia. Partiti divisi, rinvio per mediare. Gasparri contro Carfagna e Prestigiacomo: studiate”. È iniziato ufficialmente ieri, scrive Francesca Schianchi, l’iter in Parlamento della legge sulle unioni civili, di cui è relatrice la pd Monica Cirinnà. Il primo sì in Commissione Giustizia al Senato: ma questo via libera “spacca nuovamente la maggioranza”, visto che hanno votato a favore Pd, M5S, Psi, gruppo Misto ed ex M5S, e contro Ncd, Fi, e Lega. La stessa Cirinnà, interpellata dal quotidiano, dice: “È solo un primo passo. I conservatori si agitano’”. La Cirinnà sottolinea che anche cattolici come Tonini, Filippin e Cucca, hanno votato a favore: e “non è vero che i cattolici del Pd sono contrari al testo”, “c’è solo un’area diciamo più conservatrice che si sta agitando. Ma si parla di una decina di persone”.

Pd, minoranza e Renzi

Sul Corriere: “Renzi pronto alla fiducia sull’Italicum. Riforma Rai, oggi il governo decide”. “Bersani respinge l’aut-aut sulla legge elettorale. Il Pd: sarà alla Camera il 27 aprile”. Si cita Bersani che dice “‘se c’è il puntiglio ognuno si assumerà le sue responsabilità'” e si ricorda che lunedì Renzi chiederà alla Direzione Pd di dare il via libera alla legge elettorale blindata, per poterla approvare prima delle Regionali. Il premier sarebbe pronto anche a un voto di fiducia, dice il quotidiano. Le opposizioni (Sel e Forza Italia) protestano. Matteo Orfini, presidente dell’assemblea nazionale del partito, definisce “inaccettabile” la posizione di Bersani, che è “irricevibile e strumentale”. Fassina dice che Renzi “ci vede in difficoltà e ne approfitta”.

Fassina è citato anche da Il Giornale, che scrive che “la minoranza Pd si trova ‘in un angolo sempre più stretto'”. “Un angolo dal quale gli oppositori del premier non sanno più come uscire, ora che il blitz di Matteo Renzi sull’Italicum ha precipitosamente avvicinato una resa dei conti che contavano di rimandare a tempi migliori”. E “stavolta il leader del Pd non farà prigionieri e si spinge a minacciare la fiducia sulla legge elettorale”. Secondo il quotidiano la stessa minoranza ammette: “‘Alla fine, a non votare l’Italicum, resteremo in una ventina’”

La Repubblica: “Renzi: ‘Pronto alla fiducia sull’Italicum’. Ai dissidenti niente libertà di coscienza’”.

Forza Italia e Lega

Su Il Giornale si parla della “frammentazione” nel centrodestra e si cita l’uscita dalla Lega di sei parlamentari veneti che fanno capo a Tosi ma anche la notizia che in Parlamento si sarebbe per “probabile che alla prima occasione utile un gruppo di deputati e senatori vicini a Denis Verdini possa sganciarsi da Forza Italia per costituire gruppi autonomi. E lo stesso potrebbero fare i cosiddetti fittiani se davvero si arriverà alla rottura. Scenario, questo, che va prendendo sempre più corpo visto che il lavorio degli ambasciatori non sembra portare risultati”. Il quotidiano cita le spaccature in Puglia e in Campania. In Campania Caldoro non ha ancora ufficializzato la sua ricandidatura, in Puglia Schittulli potrebbe decidere di lasciare il campo se servisse a ricomporre con i fittiani.

Il Corriere: “Regionali, Berlusconi spinge l’intesa”. Si legge che il primo interesse di Berlusconi è “non perdere la Campania”, dove “corre l’unico dei suoi (Caldoro, appunto) che ha concrete possibilità di vincere”. Si cita anche un incontro di Toti e Bergamini ieri con i vertici della Cdu per rassicurare i popolari tedeschi che la Lega di Salvini non è il Front National, “‘visto che ha governato con noi l’Italia per dieci anni'”.

Secondo Libero tra Berlusconi e Salvini “l’accordo è fatto”. Salvini ha garantito che non presenterà liste della Lega in Campania, per non disturbare Caldoro e la sua alleanza con l’Ncd. In cambio FI appoggia Zaia in Veneto. Ancora aperta la discussione su Liguria e Toscana, dove  Salvini rinuncerebbe se gli azzurri candidassero dei nomi grossi,  FI potrebbe far candidare Toti e Bergamini ma Salvini teme che sia “un bluff”, e comunque rinuncerebbe a un solo candidato, probabilmente in Toscana.

Yemen

Sul Corriere, Lorenzo Cremonesi: “Si allarga il conflitto in Yemen. Sauditi verso l’intervento di terra. E in Iraq gli americani bombardano Tikrit a fianco delle forze iraniane”. “Riad ha costruito una coalizione insieme ad altri Stati sunniti come l’Egitto, il Kuwait, la Giordania”.
“Ma adesso Obama dovrà ripensare l’asse con Teheran” è il titolo di un articolo di Massimo Gaggi sul Corriere della Sera. Nel senso che quello che sta accadendo in Yemen costringerà il Presidente Usa a “rivedere qualcosa” del suo disegno di portare l’Iran a firmare un accordo sul nucleare “per poi spingere” Teheran a “giocare un ruolo di stabilizzazione in Medio Oriente”. Gaggi cita la “imbarazzante condizione” di Washington, che a Tikrit bombarda postazioni sunnite insieme agli sciiti iracheni e a forze speciali iraniane mentre in Yemen appoggia la coalizione sunnita e attacca i ribelli filo-iraniani. Il quotidiano cita proprio Tikrit: gli Usa aiutano gli iracheni, ma per ottenere l’intervento Usa il premier iracheno ha chiesto agli iraniani presenti sul campo di “fare un passo indietro”, e pare che “tre dei quattro gruppi di combattenti iraniani” che avevano preso d’assedio la città di Saddam Hussein abbiano abbandonato il campo furenti. Quanto alla situazione nello Yemen, gli Usa hanno assicurato supporto logistico e di intelligence alla coalizione guidata dai sauditi per battere i ribelli Houthi appoggiati dall’Iran.
Sullo stesso quotidiano Farian Sabahi descrive lo Yemen, “un Paese diviso tra tribù e sette diventato santuario dei terroristi”.

Sul Sole, Alberto Negri racconta “la guerra tra sciiti e sunniti” mentre Vittorio Emanuele Parsi si sofferma sul “rischio di trascurare l’Isis”. Parsi scrive della pronta azione dei Paesi del Golfo nell’intervenire in Yemen, molto diversa dalla “neghittosità”  e dalla “inettitudine” che gli stessi Paesi hanno mostrato nell’intervenire contro il Califfato. E si chiede: “Chissà quanto è casuale la concomitanza tra l’accelerazione della crisi yemenita e la prospettiva di un accordo preliminare sul nucleare tra Teheran e Washington”.

Su La Repubblica un articolo di Alix Van Buren: “Yemen, raid sauditi contro i ribelli sciiti”, “Alla guida di una coalizione di Paesi sunniti hanno bombardato le postazioni dei miliziani vicini all’Iran. Gli egiziani: ‘Pronti all’intervento di terra’. Gli esperti mettono in guardia dal rischio di una guerra regionale”. Ed è Renzo Guolo a tracciare “lo scenario” in una lunga analisi: “scontro aperto tra Riad e Teheran per decidere i destini del Medio oriente”, “Si combatte in una zona vitale per l’economia: qui passa buona parte del traffico petrolifero”.

La Stampa: “Yemen, raid dell’Arabia per fermare i ribelli sciiti”, “Coalizione di 10 Paesi arabi, migliaia di soldati pronti all’attacco di terra”. E il “retroscena” di Maurizio Molinari dedicato al monarca saudita salito al trono nel gennaio di quest’anno: “Re Salman va alla guerra. È l’ora del ‘riscatto sunnita’”, “Riad deve stoppare la sfilza di successi iraniani”.

E poi

Alle pagine R2 Cultura de La Repubblica, le anticipazioni del libro del filosofo tedesco Jurgen Habermas “Verbalizzare il sacro”, edito da Laterza: “La mia critica della ragione laicista”, “Andare oltre il fondamentalismo illuminista ‘aprendo’ alle comunità religiose”, “Il rischio opposto a un secolarismo troppo rigido è un multiculturalismo altrettanto intransigente”.

“Spia o testimone, dov’è finita Anna? La fidanzata di Nemtsov ‘in fuga’”. Francesco Battistini del Corriere è inviato in Ucraina, a cercare la compagna di Boris Nemtzov, l’oppositore ucciso a Mosca un mese fa. “La professoressa: ‘Era sempre stata timida, un po’ anonima”.

Il Giornale intervista  Vinko Puljic, arcivescovo di Sarajevo, dove il Papa andrà il prossimo 6 giugno. Dice che il Papa “vuole portare a Sarajevo un messaggio di pace, ecumenico e viene per non dimenticare noi cattolici, che siamo una minoranza”. Oggi i cattolici in Bosnia sono 430 mila, erano il doppio prima della guerra.

  1. Esclusioni e intransigenze ideologiche e religiose sono deleterie per la convivenza ed Habermas lo sottolinea da par suo.Del resto a saper leggere i Vangeli se ne ricava una lezione di ‘neutralità armata’ direbbe Kierkegaard: l’esistenza è test e crogiolo per la scelta: l’annuncio della parola si fa parabola di vita quotidiana mentre il giudizio è rimesso alla ‘mietitura’ (Mt.xiii) e la collisione tra amore e odio è lasciata alla decisione ma come spesso nella storia la chiesa ha anteposto gli Atti degli Apostoli ai Vangeli così i musulmani i califfati al Corano medinese…

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