Il ritorno dei tecnici (via Zoom)

Riconoscere di avere un problema, e di avere bisogno del supporto altrui per affrontarlo – psicologi e pedagogisti insegnano – è il primo passo per risolverlo. La nomina della commissione di esperti incaricata dal governo di porre le basi “teoriche” per la fase 2, in questo senso, non può che suonare come una buona notizia. Immaginare la vita dopo il virus – o meglio, come si è detto, la vita con il virus – è infatti operazione complicatissima, su cui già si esercitavano da settimane le migliori menti del mondo, italiane e non. Quanto mai opportuno dunque centralizzare il loro sforzo, organizzarlo e porlo a diretto beneficio della res publica.

Eppure. Eppure torna faticoso togliersi dalla testa l’idea che il ritorno dalla finestra “virtuale” di Palazzo Chigi dei tecnici significhi qualcosa di più, segni in qualche modo la chiusura di un cerchio. Sette anni fa, giorno più giorno meno, il governo presieduto da Mario Monti veniva condannato a qualcosa di simile alla damnatio memoriae con il primo trionfo elettorale del Movimento Cinque Stelle e la débacle del gruppo centrista maldestramente lanciato dall’economista stesso. Un’avventura finita male, sul piano del consenso, ma iniziata, occorre ricordarlo, in tutt’altro clima. Dopo gli anni “dissoluti” dell’ultimo Berlusconi e la tempesta sul debito che arrivò a un passo dal mettere in ginocchio le finanze pubbliche, la squadra di tecnici guidata dall’allora presidente della Bocconi fu accolta poco meno che a furor di popolo, e le stesse forze politiche consce dei propri limiti e dell’”emergenza nazionale” gli garantirono una base parlamentare oceanica.

Venne poi la difficoltà delle riforme impopolari, e quindi la disastrosa saga del cagnolino Empy alias “Empatia”, a gettare nel dimenticatoio della politica l’azione di manager e dirigenti dal cv infinito come Corrado Passera, Paola Severino o Anna Maria Cancelleri. Un discredito sigillato definitivamente – così pareva – dalla campagna salviniana di pura violenza contro “la Fornero”: ove la distinzione tra la riforma e la fu ministra stessa non era più distinguibile, e dunque prevaleva il fuoco sacro della dannazione dell’élite distante dal popolo.

E ora? Siamo pronti per ricominciare da capo? A dirla tutta, la tentazione di ricorrere alla scienza e coscienza degli esperti non ha mai davvero abbandonato i vertici dello Stato nei momenti di “buio” politico di questi sette anni. Già nel 2013 stesso l’allora presidente Napolitano si avventurò a insediare un “comitato di Saggi” per guidare la formazione di un’agenda di governo, nell’impossibilità immediata di formarne uno. Una commissione “tecno-politica”, a dire il vero, considerato che ne facevano parte anche alti esponenti dei principali partiti. Riluttante, non poté far diversamente nemmeno il successore al Quirinale Mattarella nel ginepraio post-elettorale ancor più insidioso del 2018. Falliti tutti i tentativi di far emergere una maggioranza, si rassegnò a chiamare a Roma il nuovo “super-tecnico” Carlo Cottarelli. Arrivò con un trolley pieno di appunti sui nomi di possibili ministri super partes, e non ebbe quasi il tempo di disfarlo. Bastò quella “minaccia” per far scendere a miti consigli Di Maio e Salvini, rompere gli indugi e dar vita al governo nazional-populista.

L’era dei tecnici sembrava finita per sempre, lo stesso vocabolo impronunciabile. Ma è bastata un’altra, imparagonabile emergenza, per capovolgere tutto di nuovo, e ricordarci che no, le competenze non sono da buttare, e sì, l’onestà è condizione necessaria ma non sufficiente per essere in grado di risolvere problemi complessi. Servono studi, sudore, confronto, umiltà. Tutte abitudini andate perdute, o bistrattate, e che si spera la pandemia se non altro avrà contribuito a rinobilitare. Senza dimenticare, al contempo, che di “tecnici” puri non ne esistono: tutti hanno in fondo le proprie convinzioni ideali, e la stessa appartenenza a un certo milieu socio-culturale è già di per sé un validissimo indicatore politico. Se la task force guidata da Vittorio Colao sarà in grado di adempiere al compito quasi impossibile affidatole – ripensare alla radice modelli produttivi e di vita sociale per convivere con il virus – solo il tempo dirà. Ma è un fatto che la chiamata da Palazzo Chigi stesso di un team di 17 esperti delle più varie discipline segna il definitivo “pentimento” della politica, e apre la strada a futuribili soluzioni di governo sino a poche settimane fa impensabili.

 

Foto: Kena Betancur / Goalkeepers / AFP-Services

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