Cosa significa essere marocchino in Italia

Il Secolo d’Italia ha pubblicato il 24 febbraio 2020 un articolo intitolato “Questionario indecente a scuola sui marocchini: «Faresti sesso…». Così schedano gli studenti”. Le domande del questionario tendono a descrivere “il marocchino” come straniero, di cultura inferiore, criminale, bisognoso e ladro delle opportunità di lavoro degli italiani. Il questionario viene somministrato in una scuola superiore di Clusone, in provincia di Bergamo. Una parte della società civile attiva ha risposto criticando questo tipo di questionario in ambito scolastico. L’ambasciata del Regno del Marocco ha risposto con indignazione e sorpresa al questionario, chiedendo alle autorità italiane di reagire al fatto adeguatamente. Io, come cittadino marocchino che vive in Italia dal 2008, non vorrei entrare nelle polemiche, ma c’è bisogno di qualche piccola precisazione. In momenti come questi il silenzio non serve. Voglio quindi dire qualcosa su cosa significhi essere marocchino e sull’identità marocchina. 

Per prima cosa, da un punto di vista socio-culturale, il marocchino è un essere complesso! Il marocchino è complesso perché ha un’identità plurale e quindi fluida, inclassificabile. Il marocchino tra gli arabi e gli africani è il più orgoglioso, o almeno tra i più orgogliosi, della sua storia, cultura e identità plurale. Spesso è difficile per un marocchino definirsi perché ci tiene a mantenere quella molteplicità di ricchezze che lo contraddistingue, una liason tra la cultura e l’identità amazigh, araba, africana, mediterranea e internazionale. In questa complessità il marocchino non ama quindi definirsi in modo univoco. Il grande poeta palestinese Mahmoud Darwish diceva: “Evito di definirmi perché non voglio perdere la mia identità plurale”. E allo stesso modo il marocchino non riesce a incasellare la sua natura plurale non volendo caratterizzarsi solo come amazigh o come arabo o come africano eccetera. 

Inoltre il marocchino è molto fiero della sua storia, tiene molto alla sua identità ma senza essere in conflitto dogmatico con le altre culture. Questo non significa che non ci sono “marocchini cattivi”. Come ovunque nel mondo anche in Marocco politica, economia, identità e cultura sono spesso contaminate dalla corruzione. Nonostante questo però, i marocchini qualche volte esagerano e definiscono il loro paese come “il più bel paese del mondo”! Anche gli italiani dicono la stessa cosa dell’Italia anche se in Italia manca il deserto, no? Per questo gli italiani sono obbligati ad andare nella sponda sud del Mediterraneo per godere della sua bellezza. 

L’orgoglio marocchino spinge il cittadino ad aggrapparsi alla sua eredità storica e a raccontare una gloriosa cultura mentre oggi tanto è cambiato e purtroppo in peggio. 

Un marocchino potrebbe parlarvi dell’università Qarawiyin a Fez istituita nel 859, duecento anni prima della fondazione dell’università di Bologna nel 1088. Potrebbe parlarvi dello studioso Ibn Sab’in (1212-1271) che ha dato risposta alle interrogazioni filosofiche dell’imperatore della Sicilia Federico II, conosciuti come Le questioni Siciliane, o del geografo al-Idrissi (1100-1165) che ha lavorato presso la corte di re Ruggero II in Sicilia e che ha sviluppato la Tabula Rogeriana nel 1154.
A dire il vero non so se questi nomi che ho citato, giusto per fare qualche esempio, vengano studiati nelle scuole italiane, ma so per certo che i ricercatori italiani ne sono perfettamente a conoscenza e conoscono molto bene la storia passata e presente del Marocco. 

Inoltre è bene sottolineare che i migranti in Italia creano opportunità di lavoro. In un Occasional Paper, la Banca d’Italia ad aprile 2018 dichiara che senza migranti l’Italia sarebbe più povera! La comunità marocchina demograficamente è la più grande comunità non europea in Italia dopo quella romena e quella albanese ed è anche molto attiva nel settore economico.

E ancora mi sembra importante nominare anche la cucina marocchina, molto apprezzata a livello internazionale. Io non posso che adorare la squisita cucina italiana e ovviamente la sua cultura e la sua storia, così come amo quella marocchina. Chiaramente con la cucina marocchina ho un legame affettivo forte avendo vissuto in Marocco per ventiquattro anni della mia vita ma non ridurrei mai il discorso a una divisione tra “migliore” e “peggiore” o addirittura “inferiore” e “superiore” come invece purtroppo ha fatto il questionario di Clusone!

Le culture hanno un’anima propria; non ha senso paragonarle tra loro perché ogni cultura e ogni popolo hanno peculiarità e dinamiche storiche diverse. La cultura evolve insieme alla sua storia. Nessuna cultura può definirsi sempre ricca, avanzata e potente. Il famoso filosofo Ibn Khaldun (m. 1406) già parlava della “ciclicità della civiltà”; le civiltà si susseguono, crescono, si indeboliscono e poi muoiono oppure si evolvono

Un’altra questione che voglio sollevare è la seguente: come vogliamo chiamare i “nuovi italiani” di origine straniera, in questo caso gli italo-marocchini? Vogliamo considerarli stranieri per sempre anche se sono nati qui? Purtroppo è ancora così a livello istituzionale (e questo è già una vergogna per la politica italiana) ma almeno non dovrebbe esserlo a livello socio-culturale, nei luoghi e negli spazi dell’istruzione! Chiedere ai ragazzi nati in Italia, da genitori regolarmente residenti da molti anni, se si sentono italiani o meno, o se si sentono più italiani che marocchini o più italiani che cinesi non è una domanda civile. Le persone dovrebbero aspirare ad una ricchezza linguistica, culturale e morale. Se i miei figli nascessero qui vorrei che fossero ben educati e istruiti e vorrei che venissero trattati come cittadini italiani ma più ricchi perché conoscitori di un’altra cultura e un’altra lingua; vorrei che parlassero l’italiano, l’arabo, l’inglese, il cinese, lo spagnolo, il francese e ogni altra lingua avessero voglia di studiare. Io e mia moglie parliamo arabo, amazigh, francese, inglese, spagnolo e gradualmente italiano, e vorremmo che i nostri figli parlassero tutte queste lingue e altre ancora. Questa non è una ricchezza che uno straniero porta in Italia?

Infine, l’italianità è in continuo movimento ed evoluzione. La convivenza, la coesistenza e l’amore vincono sempre ed è questa la forza di un popolo unito. Il vero straniero in questo nostro nuovo mondo è chi pensa che l’italianità sia da collegarsi all’etnia e che sia una realtà linguisticamente e culturalmente omogenea. No, l’Italia è molto più grande e ricca nella sua diversità, una diversità che va riconosciuta e celebrata. La politica italiana è una vergogna per un grande paese come l’Italia. Ci serve tanto lavoro per un bel futuro per tutti. Essere tante cose, mantenere tante identità è sempre difficile ma è sicuramente più bello!

  1. Abbiamo creato gli Stati e i diritti degli individui, la cultura di massa e la libertà religiosa: il progresso che voi continuate a negare venendo però a vivere in Occidente

  2. In marocco sono talmente tolleranti che un italiano che voglia sposare una marocchina e’ obbligato a convertirsi per ottenere il nulla osta dalle autorita’ marocchine. Chi sono i razzisti adesso? Inoltre la prima Universita’ moderna con corsi ben organizzati,esami ed altro e’ quella di Bologna.Quella di Fez era solo un circolo di intellettuali. Forse e’ ora che i marocchini si chiedano: siamo degli ingrati arroganti con l’Italia che ci ha dato scuola,posti di lavoro e sussidi? Salutu

    • È evidente che tu non abbia compreso il senso di quello che hai letto. Avere l’opportunità di poter esprimere la propria opinione non lo rende obbligatorio e, alle volte, non esporla può salvare da una pessima figura.

    • Ahime L’italia senza la presenza dell’immigrazione da parte di marocchini, rumeni e albanesi in ambito lavorativo sarebbe molto povera. La questione del convertire il proprio uomo è una scelta che rimane soggettiva, niente viene forzato da nessuno in quanto non avrebbe poi nemmeno senso. L’islam come religione di per sè è tutta scelta, non è obbligo. Tu puoi scegliere di fare ciò che ti pare senza venir fatto saltare in aria da nessuno contrariamente a quello che pensa il 90-99 % della popolazione italiana.

      • D’altro canto, in ambito educativo se l’Italia avesse realmente fatto passi avanti, il futuro dei giovani di adesso non sarebbe compromesso. Uno studente in Italia che ha trascorso i suoi 20 anni di vita a studiare facendo corsi di architettura e ingenieria, si ritrova a fine carriera scolastica, a lavorare come barista o cassiere nel primo supermercato aperto.

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