L'INSOSTENIBILE

Mauro Buonocore

Giornalista

Rio eco-capitale dell’anno (ma ricordiamoci di Copenhagen)

È l’anno di Rio. Dopo vent’anni torna nella megalopoli carioca la Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile, e l’attesa è molta per tanti motivi. Il più importante di tutti riguarda i cambiamenti climatici e soprattutto i negoziati per trovare un accordo che spieghi ai governanti cosa fare dopo il Protocollo di Kyoto. E non solo bisogna spiegare cosa fare per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e limitare i danni dei cambiamenti climatici già in corso, ma bisogna farlo in maniera che sia legalmente vincolante per tutti i governanti del mondo, nessuno escluso, almeno tra i grandi. E questo è forse stato finora il freno più efficace a disegnare uno scenario concreto per il post-Kyoto.

Ricordate Copenhagen? Era il 2009, il grande meeting sui cambiamenti climatici arrivava in Danimarca gonfio di attese. C’era Obama che per la prima volta metteva gli Usa a discutere di clima, c’era Wen Jiabao, c’erano i leader indiani, brasiliani, messicani, sudafricani e di tutti i paesi con economia in forte accelerazione (e quindi poco disposti a pagare da soli la bolletta del climate change). E c’erano anche quelli (come le Piccole Isole del Pacifico e gli stati africani) che si danno un gran da fare a spiegare che mentre i grandi discutono, le loro comunità rischiano di essere spazzate via dal crescente livello del mare, dalla prossima alluvione o dalla siccità. Risultato: riflettori del mondo accesi su Copenhagen e nessun risultato da raccontare come il nuovo accordo mondiale.

Ora c’è Rio+20, il tema centrale è lo sviluppo sostenibile e il clima sarà una parte assai importante degli incontri. Anche stavolta l’attenzione è grande ma vale la pena sottolineare che i riflettori dei media e il buon senso possono fare la differenza. Alla conferenza di Rio non si cerca un accordo legalmente vincolante,nessuno si aspetta un trattato globale che nasca dal confronto tra le diplomazie di tutto il mondo. A Rio si incontrano politica, società civile, economia e finanza. Centinaia di eventi, oltre 50mila partecipanti, leader di 130 paesi (tra cui Putin, Jiabao, Singh e, forse, Obama) ma chi si aspetta il grande risultato da mettere in prima pagina, rimarrà deluso anche stavolta. Un grande risultato che possiamo aspettarci è che Rio+20 ci dica che la strada dei negoziati internazionali e dell’accordo vincolante non è l’unica via per fronteggiare i cambiamenti climatici. Ci possono essere accordi parziali, tra pochi o tra molti, ma non necessariamente globali e da questi presupposti possono nascere risultati concreti (anche per grandi scenari) per ridurre le emissioni, favorire strategie di adattamento ai cambiamenti climatici e sviluppare una visione delle cose in cui ambiente ed economia non siano necessariamente in competizione.

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