IL SOTTOSCRITTO

Gianni Bonina

Giornalista e scrittore. Vive a Modica. Ha pubblicato saggi di critica letteraria, romanzi, inchieste giornalistiche e reportage. È anche autore teatrale. Ha un blog all'indirizzo giannibonina.blogspot.com

Rai, Sellerio e il limone Camilleri

Il film La stagione della caccia, tratto da un romanzo di Andrea Camilleri e replicato lunedì 29 su Raiuno, è stato interrotto a circa quindici minuti dal termine, si può dire sul più bello trattandosi di un giallo con un assassino da trovare. Il regista Roan Johnson ha velatamente accusato Bruno Vespa di aver voluto anticipare il suo Porta a Porta, ma sbagliando mira perché Vespa, se avesse avuto il potere di disporre del palinsesto, avrebbe piazzato il tuo talk show in prima serata, cosa che capita solo in occasioni davvero eccezionali.
Sembra che si sia trattato di un errore tecnico, ma di imprecisata e inedita natura, per il quale c’è da chiedersi se, vivo Camilleri, sarebbe mai successo. L’episodio, certamente censurabile e tale da giustificare la rabbia del regista, suggerisce due riflessioni: la prima, l’insistenza della Rai di riproporre Camilleri come se fosse un bancomat di audience (che però stavolta è precipitata a meno di tre milioni di telespettatori); la seconda, il calo progressivo di interesse verso lo stesso autore siciliano, celebrato soprattutto dalla Rai come “grande scrittore” ma non durato dopo la scomparsa, segno che era egli stesso diventato personaggio di spettacolo, pirandellianamente, e quindi nell’impossibilità di sopravviversi, mentre la sua opera sempre più va relegandosi nell’ambito dell’intrattenimento, pur vantando alcuni titoli che probabilmente rimarranno nel tempo.
Non solo la Rai, ma anche il principale editore di Camilleri, la Sellerio, sta cercando di spremere il limone finché può. Dopo il pacchiano tentativo di raddoppiare la cassetta pubblicando due volte Riccardino, una in edizione lusso e l’altra nella “Memoria” con i due testi del romanzo, quello del 2005 e quello rivisto nel 2016 , ma invertendo le stesure, ora la casa editrice palermitana della rimpianta Elvira Sellerio finita nelle mai dello spericolato figlio Antonio ha mandato in libreria una trilogia di racconti uscita già nel 2004 da Mondadori, La prima indagine di Montalbano, presentandola come un evento storico: “Per un curioso intreccio di coincidenze nel 2004 Andrea Camilleri racconta l’inizio e la fine del suo personaggio. È infatti l’anno in cui viene pubblicata La prima indagine di Montalbano e in cui lo scrittore mette mano a quello che sarebbe stato l’ultimo romanzo della saga: Riccardino”. Tutto falso.
Riccardino, ultimo episodio del ciclo di Montalbano, comincia a essere scritto molto prima del 2004, se nel 1999, nella raccolta di racconti Gli arancini di Montalbano figura un racconto, “Montalbano si rifiuta”, nel quale l’autore parla col suo personaggio in una commistione di ruoli che nel 2006 porterà con Le ali della sfinge alla nascita di “Montalbano Secondo” e seguirà un’evoluzione che culminerà proprio in Riccardino. Quanto all’inizio del personaggio del commissario, non si ha affatto nel 2004, perché nella raccolta mondadoriana Un mese con Montalbano, che è del 1998, troviamo in “La veggente” un Montalbano a inizio carriera vicecommissario a Carlosimo in Alta Italia e in “Par condicio” lo vediamo al secondo anno di servizio a Vigata. Il “curioso intreccio di coincidenze” accampato da Sellerio non è che un’altra trovata maldestra e ruffiana per attirare l’attenzione su Camilleri, anzi per risvegliarla. Chi se ne sarebbe risentito sarebbe stato proprio Camilleri, che però avrebbe riso della mannaia calata sull’adattamento televisivo di uno dei suoi romanzi storici più gustosi.

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