LIVING TOGETHER, DIFFERENTLY

Massimo Rosati

Docente sociologia generale Università di Roma Tor Vergata

Paese spaccato o differenze? Presidenziali Usa e religioni

Fatti.

Non so se la signora intervistata in un servizio di un Tg giorni fa si rendesse conto dell’ironia del suo augurio, “Che Dio benedica Parigi”; tifosa di Obama da Parigi, nel ‘rendere grazie’ per l’esito delle presidenziali americane faceva a pezzi con leggerezza il laicismo repubblicano d’Oltralpe. Il giorno dopo, il geniale (come spesso) titolo del Manifesto, “Yes we cannabis”, celebrava la vittoria liberal: la rielezione di Obama, l’esito del referendum sull’uso ricreativo della cannabis, i matrimoni gay.  Dal punto di vista dei mormoni tifosi di Romney (e pare che gli stessi mormoni non abbiano votato Romney  quanto avevano votato Bush in passato) l’euforia tanto dell’americana a Parigi quanto del Manifesto deve essere apparsa decisamente fuori luogo.

Nella campagna presidenziale appena trascorsa il peso della variabile religiosa non è stato affatto nullo, ma neanche così incidente come nella prima tornata che ha visto Obama protagonista. La campagna del 2008 era stata dominata dall’accusa a Obama di essere il primo candidato alla presidenza musulmano, per di più in incognito, ma anche dalla capacità di Obama stesso di mobilitare la risorsa religiosa in senso progressista (cfr. B. Obama, La  mia fede, Reset-Marsilio 2008; cfr. anche Reset Marzo-Aprile 2009). Nel 2012 le tensioni sono state relative per lo più a tematiche come l’aborto, la ricerca medica, l’evoluzionismo, i diritti degli omosessuali. Visto dall’ottica liberal, democratica e laica, il risultato elettorale ha scongiurato il rischio di una traduzione in politica (e peggio in legge) del credo mormone di Romney, che in nome di una ideologia no-choice avrebbe messo in questione l’autodeterminazione delle donne, avrebbe bloccato la sperimentazione sulle cellule staminali embrionali, avrebbe dato precedenza al creazionismo nel sistema educativo, etc. Naturalmente, c’è di che rallegrarsi se tutto ciò non si è dato. Ci sono però almeno altre due considerazioni da fare.

In primo luogo, la crescita dei Nones, ossia di coloro che non dichiarano alcuna affiliazione religiosa, in decisa crescita negli ultimi due decenni, che va di pari passo con un indebolimento della forza dei protestanti, per la prima volta sotto la soglia del 50%. L’universo dei Nones, fatto di agnostici, atei, indifferenti, sembra trasversale rispetto sia alle appartenenze politiche (benché siano per lo più nelle fila dei democratici) sia a quelle sociali (livelli di reddito, grado di educazione). L’associazionismo  laico europeo guarda a questa tipologia, negli Stati Uniti mai dotata di una forza sociologica significativa, per sperare in un’America ‘migliore, più laica e moderna’. La seconda considerazione da fare riguarda non tanto la ‘laicizzazione’ della sfera pubblica americana – fenomeno naturalmente interessante e potenzialmente in grado di rimescolare molte carte, comprese le categorie sociologiche con cui si guarda a religioni di qua e di là dall’oceano (cfr. P. Berger, G. Davie, E. Fokas,  Religious America, Secular Europe?, 2008) – quanto la più familiare – nel contesto statunitense – coloritura progressista che le questioni religiose possono assumere. Qui è ancora Obama, come nel 2008, sebbene forse in forma più sommessa, a sapersi inserire con forza in una lunga tradizione che lega accenti religiosi e lotte per i diritti civili; è ancora Obama a saper innervare di toni profetici la sua notevole capacità di prospettare una politica dotata di vision; è ancora Obama a saper legare la sua fede alle politiche sociali che perora, come quanto sostiene che è appunto  la fede a dirgli che il suo destino è legato a quello di un bambino senza assistenza medica o a quello di un genitore che perde il lavoro dopo che la fabbrica in cui lavora chiude.

Naturalmente, questo è il bello dell’America. Nei giorni scorsi se ne è  parlato come di un paese spaccato, ma è sempre stato un paese che a fronte delle mille differenze raramente ha ceduto alla trappola della retorica della ‘spaccatura’: differenze, conflitti, e amen. Per stare al nostro: mormoni, protestanti (in calo), Nones (in crescita), e le altre mille forme di appartenenze religiose collettive ed espressioni di religiosità individuale. That’s America.

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