COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Perché Bergoglio risponde alle sfide del Terzo Millennio

C’è qualcosa di difficilmente identificabile in Jorge Mario Bergoglio e che lo porta naturalmente   a svolgere nella Chiesa e nel mondo di oggi un ruolo simile a quello del medico chiamato a salvarci da una malattia a noi sconosciuta ma a lui ben nota, un virus che si va diffondendo a una velocità impressionante e che apparentemente solo lui ci sta aiutando ad arginare. Un virus che conosciamo è il Covid-19 e anche in questo caso, mentre tutti ci dicevamo “siamo in  guerra”, il 27 marzo lui ci ha detto con rivoluzionaria semplicità che “siamo tutti sulla stessa barca”. Tutto sommato, non è stato l’arrivare a capire questo che sta salvando l’Europa? 

Ma veniamo  all’altro virus, altrettanto grave; lui ci invita, con pari naturalezza, a cambiare terapia, avvisandoci che la pozione che pensiamo salvifica in realtà  contiene il virus.  Parlo della paura. La paura di un futuro pieno di ombre, di spettri, è un virus che ci ammala con la pozione che assumiamo per sottrarci a questi spettri: l’identitarismo.  In questa fase tormentata da paure esistenziali causate principalmente dai postumi di una globalizzazione parassitaria, finanziaria, predatrice, deculturante, gestiamo noi stessi pensando di poterci salvare solo riscoprendo la nostra appartenenza identitaria, nazionale, etnica, locale e vedendo negli altri il nemico, il problema, la sfida mortale. 

Tutto questo è ideologicamente estraneo al cattolicesimo per definizione, ma è il cattolicesimo conciliare che ha abbandonato il cammino dell’imposizione uniformante, della cristianità occidentale normativa, sposando la libertà di coscienza. Basta paura dell’altro, la nostra sfida, per tutti, è quella di imparare a vivere insieme. E’ stata una svolta talmente rilevante che avrebbe avuto bisogno di decenni per essere assimilata e capita in profondità. E’ stato così, e non è stato facile.  Non è stato facile perché questa Chiesa che non vuole più imporre la medesima cristianità a tutti avrebbe avuto bisogno di conoscere meglio il mondo nel quale viveva e si andava a inserire. Ma il sistema in vigore da secoli per la formazione e selezione, se vogliamo dire così, del clero non è stato adeguato a questa nuova visione. Il clero, rimasto fondamentale nella definizione dell’identità ecclesiastica, si formava e forma nei seminari, si tratta quindi di giovani che crescono conoscendo altri giovani seminaristi cattolici. Provenienti da tutto il mondo, molto spesso, ma comunque cattolici. Si formano cioè all’interno di un mondo chiuso, con un sistema formativo qualitativamente alto ma culturalmente chiuso. 

A pensarci bene potremmo dire  per il passato, per i dirigenti di quei partiti che hanno pensato di poter fare di un partito una Chiesa, che le loro scuole di partito davano certamente una formazione politica elevata, ma anch’esse espressione di un mondo chiuso. La cosiddetta èlite finanziaria di oggi non si forma così? 

Questo sistema formativo oggi però non aiuta più a vedere gli altri e il fallimento della globalizzazione uniformante sta determinando quella paura, quella reazione impaurita dell’altro, di cui abbiamo parlato. Se la globalizzazione ha prodotto delocalizzazione, mercati finanziari capaci di impoverirci in un giorno e tanti altri problemi, allora torniamo indietro,  l’umanità alla quale apparteniamo e con la quale possiamo vivere in pace deve essere solo quella che conosciamo. Questo sta aiutando il riformarsi di ideologie rigide, escludenti, e gli ambienti chiusi non sono quelli che possono sconfiggerla, anzi. 

Andando a vedere la più banale biografia di Jorge Mario Bergoglio scopriamo che lui non appartiene ad ambienti chiusi, non viene di lì. Il primo dato che colpisce, anche guardando soltanto le schede più generiche, è l’età avanzata in cui venne ordinato sacerdote. Nato nel 1936 è stato ordinato sacerdote nel 1969. Dunque aveva trentatré anni. Questa è una prima diversità, rispetto a tanti sacerdoti, ma anche rispetto agli altri papi. Giovanni Paolo II, in questo il papa che gli si avvicina di più, divenne seminarista a 22 anni e fu ordinato sacerdote a 26 anni. Papa Benedetto XVI entrò in seminario a 12 anni, poi intervenne la guerra a modificare tutto. Papa Paolo VI fu ordinato sacerdote a 23 anni, un cammino quasi analogo a quello di Giovanni XXIII. L’unico papa che ha vissuto anche una vita esterna a quella ecclesiale è stato Giovanni Paolo II, che lavorò per un biennio prima del seminario. Questo che per Giovanni Paolo II è stato un biennio diviene un periodo molto più lungo e rilevante in Jorge Mario Bergoglio. Limitandosi a leggere Wikipedia si apprende che  Bergoglio, “perito chimico, si è mantenuto per un certo periodo facendo le pulizie in una fabbrica e poi facendo anche il buttafuori in un locale malfamato di Cordoba. In base a quanto dichiarato dallo stesso, ha avuto anche una fidanzata prima d’intraprendere la vita ecclesiastica.”  

Dunque avrà fatto conoscenze, amicizie, stabilito relazioni con persone atee, comuniste, cattoliche, di destra, di sinistra, agnostiche, ebree, come era normale nella sua Buenos Aires. Così si sarà formato a contatto con l’animo umano, magari con tanti diversi desideri di cambiare il mondo, di tanti suoi amici, divenendo la persona giusta non per capire quel che aveva capito il Concilio Vaticano II, ma per sperimentarlo. Lo suppongo, perché immagino sia stato così per lui come per i tanti che sono cresciuti in ambienti aperti, o misti.

I suoi interlocutori avranno parlato con lui di altri mondi, di altre culture, di altre visioni, parlando con lui come parlassero con uno di loro.  E interessa  notare che l’unico papa che prima di lui ha avuto un’esperienza lavorativa, Giovanni Paolo II, è il papa dell’incontro di Assisi. Dunque quanto è scritto nell’epoca documento sulla fratellanza viene dal Concilio ma per lui anche da ciò che deve aver imparato nella vita, vivendo fuori dagli ambienti chiusi e dalle ideologie rigide. Non è  materia di studio, ma della scoperta di ciò che vive dentro di noi e che rimasto dentro il giovane Bergoglio deve averlo accompagnato anche nel suo cammino successivo, quello sacerdotale.

La storia personale di Jorge Mario Bergoglio lo ha portato al sacerdozio proprio negli anni successivi al Concilio, a quella grande scelta di apertura alla libertà di coscienza e la sua esperienza personale gli deve aver consentito di capire e condividere quella riscoperta del valore della diversità, che non è un disvalore, ma il prodotto della sapienza divina. 

Ecco allora che quella strana sensazione che si ha pensando a Bergoglio deriva, a mio avviso, dalla maturazione profonda di diverse esperienze fondamentali per diventare l’antidoto ai mali del nostro tempo: il lavoro, gli amici, l’amore, la vocazione, l’esperienza della dittatura, l’esperienza delle periferie desolate.   

La sua storia personale, la sua formazione umana, lo pongono al centro del nostro tempo, delle sue emergenze, delle sue paure. La sua storia personale, la sua formazione umana  hanno arricchito e facilitato, certamente insieme alla fede e agli studi oltre alla spiritualità ignaziana, la formazione dell’uomo giusto per capire il nostro tempo e aiutarci tutti, cattolici e non cattolici, a non guardare indietro, ma avanti. Questo lo ha fatto capire a mio avviso  in modo insuperabile e commovente nel discorso che rivolse ai gesuiti della Civiltà Cattolica in occasione della pubblicazione del loro quaderno numero 4000. In quel discorso Papa Francesco disse che occorrono tre “i”: inquietudine, incompletezza di pensiero e immaginazione. Difficile raccomandare agli altri ciò che non ci riguarda: dunque il Papa è inquieto, sa incompleto il suo pensiero, avverte l’esigenza di immaginare. Questa lezione può aiutare tutti. 

  1. Francesco disse che occorrono tre “i”: inquietudine, incompletezza di pensiero e immaginazione. Difficile raccomandare agli altri ciò che non ci riguarda: dunque il Papa è inquieto, sa incompleto il suo pensiero, avverte l’esigenza di immaginare. Questa lezione può aiutare tutti.

    Esattamente il contrario della struttura di comando della chiesa cattolica, fondata sulle certezze dei dogmi.

    • L’inquietudine di Bergoglio dobbiamo farla nostra per affrontare questi tempi difficili, eztanianti, in cui le nostre vitesono manovrato dalla Finanza, dal consumismo, dai social, dall’avere, dall’apparire

  2. Una lettura che aiuta molto a capire le incomprensioni di cui Papa Francesco è fatto oggetto. Eppure il petcorso di ricerca basato sull’inquietudine e’ segno inequivocabile di interpretazione autentica del messaggio evangelico. Proprio in questo Papa Bergoglio e’ autentico testimone del Colangelo

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