LA BELLA CONFUSIONE

Oscar Iarussi

Giornalista e scrittore, in libreria con "Amarcord Fellini. L'alfabeto di Federico" (Il Mulino ed., 2020)

Note su “Mia madre” di Nanni Moretti

Non è propriamente il lutto il tema del nuovo film di Nanni Moretti, Mia madre, nelle sale in coincidenza con la conferenza stampa del festival di Cannes, nel cui programma figurerà quasi sicuramente. D’altronde un lutto – il più devastante concepibile – fu già al centro di La stanza del figlio con il quale Moretti vinse la Palma d’oro nel 2001. Mia madre, piuttosto, racconta l’elaborazione in anticipo della perdita, ovvero l’attesa che precede la fine di un genitore anziano e malato, e le dinamiche che si creano nei figli e nei loro coniugi o compagni, nei nipoti, nella cerchia allargata degli affetti.

Il sessantenne Moretti perse sua mamma cinque anni fa e si accosta alla vicenda con tale pudore da attribuire a una donna il protagonismo del film. Margherita Buy interpreta una regista, non priva di taluni riconoscibili tic morettiani, al lavoro sul set di un film «politico», mentre accudisce in ospedale la madre Ada, insegnante liceale di Latino, ormai in pensione (Giulia Lazzarini). Durante le riprese Margherita deve misurarsi con difficoltà crescenti, in particolare a causa dell’attore italo-americano (John Turturro) che puntualmente dimentica le battute del copione, paralizzando così l’intera troupe. Quest’ultimo recita nel ruolo del neo-proprietario di una fabbrica di cui vuole licenziare gli operai, che sono in rivolta fino a scontrarsi con la polizia.

Margherita è divorziata, ha una figlia tredicenne che vive col padre, e si sta separando anche dal suo nuovo compagno. Ella appare tuttavia abbastanza serena, come se le inquietudini fossero placate dalla routine di un lavoro – il Cinema – che pure viene immaginato poco abitudinario. È il peggiorare della salute materna a provocare le prime, impercettibili crepe nella vita quotidiana: Margherita si distanzia e si estranea da se stessa; si mette «di fianco», per dirla con l’invito che rivolge ai suoi attori. Ed è questa «distanza», crediamo, il cuore politico del film che invece colloca sullo sfondo l’Italia di oggi con i suoi conflitti e le sue maschere televisive. Non è un passaggio da poco per Moretti che in Il caimano (2006) intuì l’epilogo di Berlusconi contro cui molto si era battuto ai tempi dei «girotondi». Al pari del «profetico» Habemus Papam (alla luce della dimissioni di Benedetto XVI), qui la chiave di volta è nel distacco dalle responsabilità professionali e dall’orizzonte delle cose «adulte» sulle quali prendono il sopravvento i ricordi dell’infanzia. Si radicalizza una costante del cinema di Moretti, che già in La messa è finita (1985) si impegnava nell’elogio della madre: «A ottobre un giorno arrivava a casa e diceva: “Indovinate cosa vi ho portato?”. Ma noi lo sapevamo già: erano i primi mandarini della stagione. Ora invece ci sono le ciliegie tutto l’anno, le fragole tutto l’anno… Ma che ricordi avranno un giorno questi bambini, eh?».

La prospettiva sentimentale di Margherita si definisce anche grazie a suo fratello Giovanni, un ingegnere che prima si mette in aspettativa e poi si licenzia pur di assistere la madre (lo interpreta lo stesso Moretti). È Giovanni a portare in clinica la pasta corta per la mamma, perché «quella lunga si attacca», e un recipiente col brodo ancora caldo, laddove Margherita le ha appena comprato un paio di arancini in rosticceria. Un ruolo viene giocato dalla figliola adolescente: la nonna Ada ne conosce i tormenti amorosi e le lacune scolastiche che Margherita ignorava.

È difficile considerare Mia madre senza assumere la sua «distanza» dal presente come materia prima: la responsabilità individuale, il «vivi nascosto» caro a Lucrezio citato nel finale, la possibilità del «domani» frutto della memoria (giova studiare il Latino). «Non ne posso più di recitare, riportatemi nella vita», urla Turturro al clou di una crisi sul set. È uno dei momenti comici di un film tragico e rapsodico, scandito dalle musiche malinconiche di Arvo Pärt e Jarvis Cocker, oltre che dalla canzoncina Bevete più latte! di Nino Rota (citazione felliniana da Le tentazioni del dottor Antonio).

«MIA MADRE» di Nanni Moretti. Interpreti e personaggi: Margherita Buy (Margherita), John Turturro (Barry), Giulia Lazzarini (Ada, la madre), Nanni Moretti (Giovanni), Beatrice Mancini (la figlia di Margherita). Drammatico, Italia-Francia, 2015. Prodotto da «Sacher», «Fandango» e Raicinema. Durata: 105 minuti.

Articolo apparso sulla “Gazzetta del Mezzogiorno”  del 15 aprile 2015

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