ZATTERA SCIOLTA

Giovanni Cominelli

Laurea in Filosofia nel 1968, dopo studi all'Università cattolica di Milano, alla Freie Universität di Berlino, all'Università statale di Milano. Esperto di politiche dell’istruzione. Eletto in Consiglio comunale a Milano e nel Consiglio regionale della Lombardia dal 1980 al 1990. Scrive di politiche dell’istruzione sulla Rivista “Nuova secondaria” e www.santalessandro.org, su Libertà eguale, su Mondoperaio. Ha scritto: - La caduta del vento leggero. Autobiografia di una generazione che voleva cambiare il mondo. Ed. Guerini 2008. - La scuola è finita… forse. Per insegnanti sulle tracce di sé. Ed. Guerini 2009 - Scuola: rompere il muro fra aula e vita. Ed. Guerini 2016 Ha curato i volumi collettivi: - La cittadinanza. Idee per una buona immigrazione. Ed. Franco Angeli 2004 - Che fine ha fatto il ’68. Fu vera gloria? Ed. Guerini 2018

LA RETORICA, L’IPOCRISIA, LA DA…

LA RETORICA, L’IPOCRISIA E LA DAD…

La Ministra Azzolina ha fatto una tardiva scoperta, dopo mesi e mesi di pigro intorpidimento sulla poltrona di Viale Trastevere. Fino ad ora non aveva fatto il Ministro dell’Istruzione, bensì il Ministro degli Insegnanti, di quelli contrari alla DAD, la Didattica a Distanza.
Qual è la scoperta? Che le scuole devono stare aperte, perché “una loro chiusura prolungata rischia di impattare negativamente e a lungo termine sulla formazione, sulla capacità di apprendimento, sui livelli di istruzione. Sull’emotività dei ragazzi”. Difficile non essere d’accordo. Tutto ciò nella risposta ad una lettera che tre liceali torinesi le hanno inviato sulla Stampa. Alcuni giorni fa ha chiamato Anita, la dodicenne torinese che da giorni, per protesta, segue le lezioni online seduta sui gradini della scuola media Italo Calvino di Torino: “Sto facendo tutto il possibile per tenere le scuole aperte e permettere anche ai più grandi di rientrare, tenendo conto della situazione epidemiologica”.
Incoraggiati dall’eroica presa di posizione, è corso un brivido dall’Alpi al Lilibeo: “No alla DaD, riaprite le classi”. Così, prendendo a noleggio gli slogan di Greta Thunberg e del Movimento Fridays for Future, è nato il movimento PAS – Priorità Alla Scuola – che indica il Venerdì come giornata delle “Schools for Future”.
Di fronte a tale generosa mobilitazione dei ragazzi, gli adulti dovrebbero trattenersi dalle facili ironie. Quando gli studenti gridano: “Se ci togliete la scuola, ci togliete il futuro. È un posto sicuro e tornare in classe è un nostro diritto” hanno perfettamente ragione.
Solo che compito educativo degli adulti non consiste semplicemente nel dare benevole pacche sulle spalle ai ragazzi in movimento. Debbono dire la verità ai ragazzi, alle famiglie, al Paese. La prima verità è che la Scuola non è stata riformata da decenni. Si continua a seguire il metodo del cacciavite, teorizzato dal Ministro Fioroni, ma praticato da tutti i suoi successori.
La seconda, oggi più urgente, riguarda il Covid.
A sentire baristi, commercianti, gestori di cinema e di teatri, imprese pubbliche e private dei trasporti e i rispettivi Ministri di riferimento… tutti i loro luoghi sono sicuri. Pare che gli unici insicuri siano le RSA e gli Ospedali. Insomma: l’Italia è l’espressione geografica di luoghi sicuri.
Ma, intanto e da qualche giorno, il cosiddetto plateau dei morti sta tra i 600 e i 700 giornalieri.
E la ragione è molto semplice: non sono contagiosi i luoghi, ma le persone! Donde la necessità della DAD. Che non è certo un pranzo di gala, avrebbe detto il presidente Mao.
Ma che sia necessaria dal punto di vista sanitario ci sono pochi dubbi. Anche nell’ipotesi che i ragazzi nelle aule rispettassero le precauzioni e le distanze, queste vengono compromesse sulla strada dell’andata e su quella del ritorno. Per il Covid-19 non c’è migliore incubatore di un treno, di un metrò, di un pullmann, di un assembramento in massa fuori dalla scuola. Entrano scaglionati uno ad uno? Ma prima si sono assembrati.
Oggi molti si scoprono preoccupati del destino dell’istituzione scolastica e, pertanto, si oppongono alla DAD, in nome della socializzazione, del touch fisico e psicologico. La Ministra ha alimentato l’illusione che si sarebbe potuto tranquillamente avviare l’anno scolastico 2020-21 in presenza. I sindacati hanno fatto resistenza alla DAD, perché nei contratti il Net-Working non è previsto. Il Ministero degli Insegnanti è stato muto come un pesce, condividendo di fatto la posizione dei sindacati.
Nel frattempo, le scuole, pressate dalle famiglie e dai ragazzi, hanno intrapreso l’avventura della DAD fin dalla primavera, a proprio rischio, e ora la devono riprendere in tutta fretta, inseguendo affannosamente i DPCM sputati fuori a raffica dalla katiuscia governativa. Solo che, in questi mesi, il Ministero non ha provveduto a modificare i protocolli giuridico-amministrativi della prestazione professionale dei docenti, così che per l’insegnante l’unico luogo di lavoro legale è la sede scolastica. La DAD è fuori contratto, se fatta da casa.
Perciò, gli insegnanti devono, tutti quanti, continuare a recarsi nelle sedi fisiche delle scuole, anche se gli alunni stanno a casa, a fare la DAD in aule e istituti vuoti, però riscaldati a piena caldaia, con problemi di connessione e computer talora antidiluviani. Né, d’altronde, a nessuno è venuto in mente di fare dei corsi di formazione o di aggiornamento dei docenti. Così questi si sono dovuti arrabattare in solitaria. Recentemente la Direzione scolastica regionale della Lombardia ha emanato una circolare in cui concede ai dirigenti scolastici la facoltà di autorizzare singoli docenti a svolgere da casa la DAD. Ma quanti dirigenti avranno questo “coraggio” minimo?
Perché la resistenza accanita alla DAD?
Dall’Unità d’Italia abbiamo adottato un modello, condiviso da generazioni di studenti, genitori, docenti, che prevede un “sapere scolastico” partito rigidamente per età, indirizzi, discipline, spezzettato per ore e giorni ben definiti, secondo cadenze settimanali, in sedi fisiche.
Il Covid-19 ci ha costretti alla DAD e questa ha fatto saltare il modello in pochi giorni.
Se la lezione frontale in presenza consente un minimo di interattività con i ragazzi, in Rete la perde completamente. Fare lezione interattiva in Rete è però faticoso, occorre praticare forme laboratoriali e seminariali, che non possono durare un’ora. La stessa omogeneità biografica di una classe non ha più molto senso.
Contano di più i gruppi di livello. Perciò saltano gli orari canonici degli insegnanti, la cui costruzione all’inizio dell’anno è oggetto di faticose contrattazioni individuali, ma che, una volta stabiliti, danno certezze alla vita professionale e familiare di ciascun docente.
La DAD è destinata a durare, magari modificata, quando sarà possibile, in DDI – Didattica Digitale Integrata – , cioè in un mix intelligente di presenza fisica e di uso della Rete.
D’altronde, è un modello che i ragazzi già praticano nella loro vita quotidiana fuori dalla scuola. D’altronde, il futuro delle società è questo. Non dobbiamo averne paura. E’ solo un’altra delle sfide del tempo presente, da affrontare in un ordine non sparso. Ai ragazzi, dunque, occorre raccontare la verità della sfida al Covid e spiegare loro la responsabilità dello stare nel mondo. Anche a loro toccano dei sacrifici nel mondo presente e in quello che verrà. Glielo vogliamo dire?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *