L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Coventry

Ai miei tempi si stava meglio oppure bisogna recuperare i valori antichi o ancora una volta bastava una stretta di mano. Sono tante le banalità che i laudatores temporis acti dicono in ogni parte del mondo e quasi sempre rappresentano posizioni forse efficaci nella condotta personale di vita, ma non certo nella vita sociale. Eppure questa volta hanno avuto una forza dirompente e hanno portato indietro la storia. Se si guardano le mappe e le analisi dei risultati del recente referendum che ha sancito l’uscita del Regno unito dall’Europa, risulta evidente come abbiano vinto gli elettori anziani, con istruzione non elevata: il 75% dei votanti tra i 18 e i 24 anni ha votato per rimanere nell’Unione europea, come la maggior parte degli adulti tra i 25 e i 49 anni, mentre tra i 50 e i 65 anni il cosiddetto remain scende al 42% e arriva al 36% tra gli over 65. Tra i laureati il 71% ha votato per restare in Europa, mentre quanti hanno titoli di studio inferiori hanno votato al 55% a favore dell’uscita.
Eppure avevano intorno ai 20 anni, quando – nel 1971 – John Lennon cantava: Immagina non ci siano nazioni / Non è difficile da fare / Niente per cui uccidere o morire / E nessuna religione / Immagina tutta la gente / Che vive in pace. Due anni prima qualcuno di loro forse era stato persino a Woodstock, 3 Days of Peace & Rock Music, ma hanno dimenticato e rivogliono la nazione, le frontiere, la purezza delle tradizioni e cercano di opporsi a quanti, oggi e certo con meno gioia di chi partecipava ai festival rock di mezzo secolo fa, si muove per il mondo cercando un senso alla propria vita. Un professore italiano che insegna in una università inglese ha raccontato alla radio un simpatico aneddoto, riferendo che il suo portinaio, dotato senza dubbio del famoso humour inglese, il giorno dopo il referendum lo ha accolto dicendogli: ma allora lei è venuto fin qui per togliermi il posto di lavoro?
Ma c’è un risultato che dovrebbe davvero sconvolgere. Insieme a Guernica e Dresda, Coventry è una delle città emblematiche dei disastri della guerra: nella notte fra il 14 e il 15 novembre del 1940 la città fu bombardata per una decina di ore con l’obiettivo di raderla completamente al suolo, secondo un concetto che portò Goebbels a coniare un terribile neologismo – koventrisieren – ripreso come coventrizzare anche nei dizionari italiani.
Nel recente referendum, a Coventry – dove furono oltre mille i caduti in una delle notti più lunghe di quella guerra in cui gli stati europei cercavano per l’ennesima volta di distruggersi reciprocamente – mercoledì scorso 67.967 sono stati i votanti che avrebbero voluto rimanere in Europa, ma ben 85.097 hanno espresso il desiderio di andarsene. D’accordo, è un fatto puramente simbolico, ma c’è da sperare che segnali di separazione non vengano mai anche da Dresda o da Guernica.

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