COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Bergoglio e la sinistra che non sa più cosa sia la destra

Dopo tanti articoli sul “papa comunista”, sul “papa de sinistra”, una buona ricostruzione degli ambienti di sinistra che parlano di un “papa di destra” o reazionario o conservatore serviva. Serviva quantomeno a rendere omaggio alla complessità del personaggio Bergoglio. Certe categorizzazioni non riescono mai a  capire appieno che una Chiesa non è un partito e un partito non è una Chiesa. Ma neanche tutti i Papi si può dire che ne siano stati appieno consapevoli, magari per via delle origini o dei tempi. Così l’articolo che il professor Marco Marzano ha pubblicato su Il Fatto Quotidiano di ritorno da un mese di soggiorno in Argentina è importante, soprattutto per cogliere le categorie di certa sinistra. Il professor Marzano infatti dà conto nell’articolo di cosa dicano e pensino, oggi, cioè nel 2019, alcuni ambienti argentini di Jorge Mario Bergoglio, che loro conoscono come arcivescovo della metropoli argentina e poi come vescovo di Roma e quindi Papa della Chiesa universale. 

Il primo elemento che colpisce è che le opinioni riferite partano da un gruppo definito di “intransigenti” che si richiamano a Horacio Verbitsky, il severissimo critico di Bergoglio e delle sue presunte complicità con il regime di Videla che curò un libro sulla storia dell’aeronautica argentina ai tempi della giunta militare. La sinistra intransigente non può rinunciare in alcun modo ai suoi eterni miti. La sinistra, o per meglio dire certa sinistra, quella accuratamente Marzano definisce “intransigente”, infatti vive di miti e di mitologie. A loro, ad esempio, non interessa che nell’ancora breve pontificato di Jorge Mario Bergoglio sia stato canonizzato il salvadoregno Oscar Romero o che il 27 aprile scorso sia stato beatificato il vescovo Enrique Ángel Angelelli Carletti, assassinato durante il cosiddetto processo di riorganizzazione nazionale a causa del suo impegno sociale a favore degli oppressi. Nella loro lettura della storia argentina e di Jorge Mario Bergoglio questo non conta, conta  il mito Verbitsky, dei cui ipotizzati rapporti con la Ford Foundation nulla so e nulla mi interessa, ho soltanto letto. La sinistra “intransigente” ha bisogno dei suoi miti e non accetta di discuterli. Un esempio: la politica estera. Per la sinistra intransigente la politica estera è il regno del bene e del male: il male è l’imperialismo americano, il bene è Mosca e i suoi alleati. Per loro Mosca è rimasta quella che era prima del 1989, quando si ignorava il sostegno sovietico ai responsabili del genocidio biafrano, citando solo quelli britannico. Perché? Perché i miti sono miti, e le mitologie non possono conoscere chiaroscuri. Si arriva così a vedere in regimi genocidiari dei “nobili resistenti” se per caso costoro finiscono in polemica con gli Stati Uniti. Solo nel mito la sinistra intransigente ritrova l’assoluto. 

Marzano poi riferisce della sinistra che si definisce “pragmatica”. Neanche questa sinistra però può riconoscere meriti fuori di sè. Impossibile. Così vedono in Bergoglio un “furbetto del sorrisino”: sorride a tutti -dicono- ma quando era arcivescovo, notano con sottigliezza, aveva sempre l’espressione accigliata scolpita sul volto. E’ esattamente quello che una destra poco pragmatica gli rinfaccia oggi, da Roma. Come non ricordare quel manifesto affisso sulle strade di Roma in cui il Papa veniva raffigurato con espressione non accigliata, direi molto di più. E’ una convergenza che dovrebbe dire molto.  Ma l’ articolo del professor Marzano è importante perché sa evidenziare un altro limite della sinistra “pragmatica”. Costoro avrebbero riscoperto Papa Francesco per la disponibilità verso gli ultimi, verso i poveri. Nulla di sbagliato, l’importanza della giustizia sociale,  nel magistero di Francesco è chiara a tutti, sostenitori e critici. Ma si sono chiesti “quali poveri”? La nuova destra forse li dimentica? O non parla in loro nome? “Prima gli americani” è lo slogan mondiale dei populisti o sovranisti, con americani sostituito dall’identità nazionale di turno. Prima gli americani, prima gli italiani, prima i musulmani, prima i sunniti, prima gli sciiti… E’ il ritornello di tutti i populisti. La sinistra pragmatica si rivela così arretrata e mitologica anch’essa. La battaglia per la giustizia sociale è una battaglia che trova in ogni tempo nuove frontiere, non è mai uguale a sé stessa. Pensarla ancora in termini ottocenteschi è la spia che indica l’importanza delle  mitologie. E’ come se costoro dicessero, “il Papa attuale può essere sostenuto perché ha capito qualcosa di quel che noi abbiamo capito, in modo totale e definitivo, da sempre.” E invece la strumentalità della battaglia “sociale” della nuova destra si combatte solo cogliendone l’anima, che è quella di una tutela dell’attuale ordine finanziario impossessandosi delle rabbie popolari mettendo le une contro le altre. 

La sinistra pragmatica, o almeno quella di cui questo articolo ci parla, non ha dunque capito che a volte più che rileggere è meglio leggere. Se avesse accettato di andare avanti  avrebbe capito che oggi tutto ciò in cui ha creduto tanto tempo fa si chiama “vivere insieme”. E’ questa “la nuova frontiera”. E nella Dichiarazione sulla fratellanza umana firmata da Papa Francesco, che la sinistra pragmatica certamente non ha letto, avrebbe potuto leggere:  “Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.” Ha qualcosa a che fare con la sinistra? Di certo ha che fare con il vivere insieme. Parlando alla Facoltà Teologica di Napoli, Papa Francesco ha detto una cosa che gli intellettuali e i leader della sinistra pragmatica farebbero bene a leggere riferendola ovviamente non alla teologia ma alla loro lettura del mondo: “La teologia di laboratorio, la teologia pura e “distillata”, distillata come l’acqua, l’acqua distillata, che non sa di niente.” 

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