Istanbul, 15 luglio: “Così li ho visti aprire il fuoco durante la notte del golpe”

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Fino a venerdì scorso era un tranquillo distretto di Istanbul, affacciato sulla costa asiatica del Bosforo. Ma nella notte del tentato golpe, Çengelköy si è trasformato in un violento campo di battaglia. Da una parte i golpisti con i loro carri armati, dall’altra i cittadini con lo scudo della loro resistenza civile. Çengelköy ha espugnato i soldati dissidenti e ha messo la firma sul primo golpe fallito della storia della Turchia contemporanea. Tutto questo non a costo zero, visto che sabato mattina il distretto si è svegliato in un bagno di sangue. Diciassette i morti già registrati e dozzine i feriti ancora ricoverati negli ospedali della zona.

“Il tutto è iniziato verso le 22.30, quando un soldato dell’accademia militare di Kuleli è arrivato in questa strada intimando a tutti noi residenti di stare in casa perché un colpo di stato era in atto” racconta Kenan, un anziano militare in pensione che prendendo tra le mani una mappa di Istanbul spiega perché, secondo lui, questo distretto è entrato nel mirino dei golpisti. “In primis è piccolo e pacifico, caratteristiche che lo rendono un obiettivo semplice da conquistare. E poi è importante strategicamente, perché è l’ultima zona che permette l’accesso al ponte del Bosforo (occupato dai golpisti venerdì notte, ndr) dal versante asiatico.” Inoltre, Çengelköy è stata una meta facile da raggiungere per i golpisti, visto che molti di loro sono partiti dall’Accademia di Kuleli, la più antica della Turchia a due passi da qui.

“Quando verso mezzanotte ai soldati si sono aggiunti i generali, è scoppiata la battaglia. Gli uomini armati hanno aperto fuoco verso di noi” racconta Samet, ragazzo ferito a un braccio che mostra dal suo cellulare un video girato in quei momenti. Pochi secondi nei quali si sente la voce dei golpisti che chiedono all’aviazione di sparare sui civili che resistono. “L’istante più duro è stato verso le 4 di mattina, quando i golpisti hanno preso in ostaggio una cinquantina di civili. Ci hanno buttato a terra chiamandoci cani e ci hanno domandato come potevano sentirci buoni musulmani dopo aver votato per Erdogan” racconta Osman, ristoratore preso in ostaggio e liberato tre ore più tardi dall’intervento delle Forze Speciali leali al presidente Racep Tayyp Erdogan. “Ho visto uccidere una donna di mezza età che cercava di correre in casa e sono quasi certo di aver riconosciuto tra i golpisti soldati che in passato hanno frequentato il mio locale” continua Osman, raccontando che la sua vicina di casa è stata aggredita mentre guardava il discorso di Erdogan in televisione. Scorrendo la lista dei morti di Çengelköy si trova anche il nome di Mustafa Cambaz, fotogiornalista del quotidiano conservatore Yeni Safak, ucciso con un colpo alla testa da un militare golpista. “Fino a qualche giorno fa i giornalisti come lui, leali a Erdogan, non rischiavano nulla” dice una reporter di un giornale di opposizione laico che chiede di mantenere l’anonimato. “Questo tentativo di golpe ha reso tutti più vulnerabili. Anche noi membri dell’opposizione laica che siamo scesi in strada contro i golpisti, rischiando la nostra vita, abbiamo paura di finire nelle liste di proscrizione usate per le purghe di questi giorni” conclude la reporter, continuando a fare interviste ai sopravvissuti di Çengelköy. Per evitare di essere scambiata per una golpista, e quindi linciata, si presenta avvolta in una bandiera turca, vessillo che sventola non solo da molte finestre di questo quartiere e dalle macchine qui parcheggiate, ma anche dalle vetrine dei bar, dei negozi di abbagliamento e dai minareti delle moschee. Negli ultimi tre giorni, quando più di un milione e mezzo di bandiere è stato venduto, il venditore sulla strada principale di Çengelköy si è riempito le tasche di soldi. “Ho guadagnato più negli ultimi tre giorni che negli ultimi tre mesi” dice compiaciuto. Per lui il tentativo di golpe è stata un’occasione di business, chissà se per tutti gli altri cittadini turchi sarà un’opportunità per ricostruire il Paese, tenendo insieme le sue diverse anime.

Vai a www.resetdoc.org 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *