I curdi iracheni, le armi contro l’IS
e la fine dell’Iraq che conosciamo

Da Reset-Dialogues on Civilizations

I curdi iracheni guadagnano posizioni, grazie ai raid degli Stati Uniti nel Nord dell’Iraq e all’appoggio dell’esercito regolare iracheno. Non solo: da una parte, incassano la decisione di Usa, Francia, Germania e Gran Bretagna di fornire armi ai combattenti curdi peshmerga. Dall’altra, sebbene il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) stia fornendo supporto logistico alla guerriglia curda, il leader storico del Pkk, Adullah Ocalan, dopo la lettera del 2013 in cui chiedeva la fine della lotta armata, ha ribadito, in un documento dal carcere di Imrali (Mar di Marmara), la richiesta di chiudere il conflitto con le autorità turche.

Il Pkk sostiene i curdi di Erbil, l’Iran no

Così, in assenza di un piano di intervento di terra Usa nel Nord dell’Iraq, l’unica soluzione sembra quella di armare i curdi che hanno dimostrato di saper dare continuità alle forniture di petrolio, nonostante l’avanzata dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante). Questa è una svolta significativa della politica di Washington nei confronti dei curdi iracheni dopo la visita del segretario di Stato John Kerry nel Kurdistan iracheno, a pochi giorni dallo scoppio della crisi. «La visita di Kerry non è stata inusuale», ha assicurato Harriet Allsopp, docente all’Università di Londra (Birkbeck). «Ma l’interesse degli Stati Uniti è sempre di mantenere l’unità territoriale irachena. Una dichiarazione di indipendenza da parte di Barzani non verrà appoggiata di sicuro da Washington. Eppure gli Stati Uniti avrebbero dei vantaggi a trattare il Kurdistan iracheno come uno stato indipendente piuttosto che come una minoranza», ha aggiunto Allsopp.

«La cooperazione tra curdi turchi e iracheni è già significativa, ci può essere un accordo militare e la creazione di una forza militare congiunta per proteggere l’area», ha continuato Allsopp. «Non si tratterebbe di un accordo politico ma militare. Per esempio, potrebbero essere aperte le frontiere tra Iraq e Siria, cercando una forma di cooperazione con il Pkk. Per questo, la potenzialità dell’indipendenza di una regione curda è molto forte in questo momento», ha aggiunto.

Un freno all’indipendenza dei curdi iracheni arriverebbe però dal fronte iraniano. «Il Partito per il Kurdistan libero (Pjak – che persegue la lotta armata per l’indipendenza dei curdi iraniani) si è rafforzato dopo la marginalizzazione del Partito democratico del Kurdistan iraniano (Kdp-I). Quindi sarà sicuramente coinvolto nel caso di un conflitto per l’indipendenza curda. Mentre il Partito dei lavoratori curdi (Pkk) e il Partito democratico unito in Siria (Pyd) potrebbero confluire in un sostegno più organizzato ai curdi iracheni», ha concluso Allsopp.

I curdi iracheni e il nazionalismo arabo

Nonostante, per dieci anni, il governo centrale sciita abbia marginalizzato i curdi iracheni, l’accordo strumentale tra Baghdad e il governo autonomo curdo di Massud Barzani sembra ora l’unica chiave per contenere l’avanzata dei jihadisti dell’Isil, appoggiati da elementi del vecchio regime di Saddam Hussein. E così, mai come in questo momento, sembra vicina la realizzazione della richiesta dei curdi per la formazione di uno stato autonomo.

I curdi iracheni sono stati essenziali per il processo di costruzione nazionale. Eppure, che agli interessi della nascita di uno stato curdo si contrapponga il nazionalismo arabo, non è una novità. Sin dalla formazione dell’Iraq moderno, le minoranze sono state considerate come dei nemici, vicini ai colonizzatori, per enfatizzare le qualità del nazionalismo arabo. La questione delle minoranze è stata affrontata in Iraq proprio per le sollecitazioni che nel 1930 venivano dalla Lega delle Nazioni per una salvaguardia dei loro diritti. Ma assunse una rilevanza cruciale già dal 1921. Sin da allora le minoranze (assiri, curdi, turcomanni e yazidi) vennero progressivamente escluse dal processo politico di formazione dello stato.

Non stupisce nessuno quindi che il nazionalismo arabo puntasse sulla rivalità verso i curdi, ariani e legati alla Persia, per cementare l’ideologia del nuovo stato. I curdi sfidavano la nozione di integrità territoriale del paese. In particolare, il movimento separatista dei curdi di Mosul fomentò la contrapposizione ideologica al nazionalismo iracheno che voleva evitare a tutti i costi l’indipendenza curda. Questa evenienza avrebbe impedito ai sunniti di continuare a tenere le redini dello stato, in parallelo con il continuo aumento della popolazione sciita.

Il nazionalismo iracheno è nato così non solo sul risentimento nei confronti le autorità coloniali britanniche, percepite come un impedimento all’autodeterminazione irachena. Ma anche in opposizione al sostegno britannico alle minoranze e alla promozione dei loro diritti, percepito come parte di un divide et impera che impediva lo sviluppo di uno stato iracheno autonomo. Come precondizione per l’indipendenza, infatti, l’Iraq dovette dimostrare alla Lega delle Nazioni di stare salvaguardando le minoranze. I nazionalisti videro in questa richiesta un’interferenza alla sovranità nazionale rafforzando l’idea che la Gran Bretagna stesse sostenendo le minoranze curde per indebolire il governo di Baghdad. E così i curdi vennero esclusi dall’ideologia nazionale (per esempio, il curdo non veniva insegnato nelle scuole) mentre nelle campagne gli sheikh tribali curdi (agha) venivano «comprati» dalle autorità di Baghdad con meccanismi di inclusione clientelare. Non solo, l’indipendentismo curdo rese necessario il rafforzamento dell’esercito centrale per garantire la sicurezza dello stato. A, all’interno dell’esercito, composto da coscritti, vennero incluse anche le minoranze.

Armando i curdi, ancora una volta, la comunità internazionale si affida a una minoranza per ricostruire l’identità nazionale irachena. Ma questa volta i curdi iracheni sembrano pronti ad andare fino in fondo per conquistare la loro indipendenza. Benché questo potrebbe portare alla disintegrazione delI’Iraq che fin qui conosciamo.

Nella foto: Masoud Barzani

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