Oltre il 6 novembre

Niall Ferguson, storico scozzese, scrive del ritorno del fascismo in Europa, dalle pagine di Newsweek. Parte dal caso di Alba Dorata – che, sottolinea Ferguson, “potrebbe diventare il terzo partito nel Parlamento Ellenico”, se le elezioni si tenessero domani – per spiegare che il “populismo è la classica risposta alle crisi finanziarie”. Ma rispetto a quelle scaturite dalla crisi americana, le forme di populismo createsi in Europa si mostrano più “tossiche” e variegate nella forma, benché non così diverse nella sostanza. Ad accomunare il partito di Geert Wilders e quello di Umberto Bossi, quello di Marine Le Pen e il movimento di Beppe Grillo, Alba Dorata e i “Veri Finlandesi” sono le basi xenofobe ed antieuropee. Non c’è tuttavia da aver paura, secono Ferguson, di questi picchi di nazionalismo e razzismo: “Il fascismo è una cosa da ragazzi”, scrive prima di ricordare la percentuale di over 65 in Italia, in Grecia e in Spagna a testimonianza di una memoria viva di ciò che furono il fascismo di Mussolini, quello di Metaxas o la dittatura di Franco. “Forse è per questa ragione che la nuova destra tende a fare abbastanza poco quando effettivamente le persone vanno alle urne […]. In Olanda, il Freedom Party ha perso circa un terzo dei seggi nelle elezioni dello scorso mese. Prima, nell’anno, Timo Soini ha fallito nel tentativo di diventare Presidente in Finlandia. Marine Le Pen non è riuscita nemmeno a vincere un seggio per se stessa nella Assemblea Nazionale Francese. Le camicie nere erano cattive, quelle marroni erano anche peggio. Ma, onestamente, chi ha paura delle camicie grigie?”

Quello invece rilanciato da Foreign Policy, è uno studio curato da Cathrine Fieschi, Malrey Morris e Lila Caballaro di Counterpoint e pubblicato lo scorso 25 settembre. “Recapturing the Reluctant Radicals – how to win back Europe’s populist vote” individua il punto di forza dell’ascesa dei partiti di estrema destra in Europa, nella categoria dei cosiddetti “radicali riluttanti” – ovvero coloro che danno il proprio voto ai partiti dell’estrema ala destra, pur senza sbandierare la propria scelta. I “radicali riluttanti” costituiscono “il gruppo più facile da convincere a tornare ai partiti mainstream”e per questo la vera scommessa per i partiti tradizionali deve essere quella di andare alla base del consenso e oltre le etichette dei gruppi criptofascisti. Senza pensare che euroscetticismo e xenofobia esauriscano il fenomeno: “Una risposta davvero efficace implica una profonda comprensione e un confronto delle radici del supporto del populismo – e in particolare nel riguardo di quegli elettori che solo timidamente si schierano con i populisti di destra”. Lo stesso studio viene citato da Simon Kuper sul Financial Times che sottolinea come in realtà la vera ascesa dei gruppi populisti debba ancora arrivare: l’estrema destra non è infatti ancora riuscita a conquistare il voto dei “radicali potenziali” – in prevalenza donne e anziani. Ma per farlo dovrà abbassare i toni e “disintossicare” le proprie tematiche.

Sullo stesso tema sono stati pubblicati anche i pamphlet di Demos su Lega Nord e Casa Pound. Si tratta del quinto capitolo della serie di studi “The New Face of Digital Populism”, nata nel novembre 2011 con lo scopo di analizzare, Stato per Stato, l’ascesa dell’estrema destra in Europa.


Oltre il 6 novembre

L’ultimo numero del New York Magazine, intitolato “Nov. 6 (and beyond)” cerca di tracciare i contorni del futuro politico dell’America, a tre settimane dal voto. Lo speciale sulle elezioni che incoroneranno il prossimo Presidente degli Stati Uniti, spazia da una vittoria sicura dei Tea Party (“Se la storia dell’ultimo mezzo secolo ci ha insegnato qualcosa, è che il desiderio della morte della destra americana è il frutto dell’immaginazione liberale”, si legge nell’articolo “The Tea Party will win in the end”), all’importanza dell’aspetto dinastico della politica americana, con un approfondimento sulla dinastia della destra – i Bush e il fratello di George W., Jeb in “Bush in the Wilderness” – e sulle vicende della famiglia democratica dei Clinton attraverso l’articolo intitolato “Bill & Hillary Forever”, dove l’autore si domanda: “Se Obama dovesse vincere, potrebbe essere merito dell’ex presidente – ma cosa vorranno i Clinton in cambio?”. Infine il pezzo “November 7th” cerca di interpretare le conseguenze più dirette di quella che risulterà essere la scelta degli Americani, per giungere a questa conclusione: “In buona sostanza, la politica interna degli ultimi tre presidenti – Clinton, Bush e Obama – sarà al voto il prossimo novembre. Chiunque ne esca vincitore, avrà fra le mani il potere di fare il lavoro più grosso della strategia politico-economica dell’altro. Obama e Romney possono dire che lavoreranno insieme andando d’amore e d’accordo. Ma gli strumenti a loro disposizione saranno troppo inefficaci, perfino per rendersene conto”.

Visti da fuori

Un ritratto del Mezzogiorno italiano. O meglio, una caricatura, con i tratti della corruzione e della criminalità organizzata ben evidenziati. È questo “Corruption in seen as a drain on Italy’ South”, l’articolo pubblicato sul New York Times, lunedì 8 ottobre. Un viaggio attraverso i cantieri della Salerno-Reggio Calabria come simbolo dei “fallimenti dello Stato italiano”, ma pure di un “sistema politico di gran parte dell’Europa meridionale”, caratterizzato dalla politica dei voti di scambio, della corruzione e del parassitismo: “L’autostrada è anche il simbolo di ciò di cui alcuni paesi del Nord Europa dicono di essere più preoccupati circa la zona euro: il suo sviluppo in un sistema di welfare dove a loro spetti il sostegno di un Sud Europa pigro, dove prestiti e sussidi troppo spesso svaniscono in bustarelle che il governo non sembra capace – o non sembra intenzionato – a prevenire.”

Un conflitto generazionale senza fine

Una chiacchierata tra padre e figlio è il pretesto di Jim Tankerslay, autore dell’articolo “Generational Warfare: The Case Against Parasitic Baby-Boomers”, per un esame di coscienza che tocca un’intera generazione. Partendo dall’attacco dei baby-boomers, considerati parassitari nonché colpevoli delle fatiche e dei guai della generazione successiva, l’autore giunge a un cambiamento di prospettiva: “Se mio padre è una sanguisuga per il futuro, allora sto diventandone una anche io”.

Sul tema, il Washington Post pubblica uno studio, secondo il quale i baby-boomers che continuano a lavorare nonostante l’età pensionabile aiuterebbero i colleghi più giovani a trovare lavori migliori e meglio pagati.

Twitteratura: romanzi brevi (140 caratteri)

Ventuno autori, un romanzo a testa e un totale di nemmeno 3000 battute. È il risultato dell’iniziativa del Guardian che ha chiesto ad alcuni scrittori inglesi di cimentarsi nella “Twitter fiction”, l’arte a metà strada tra letteratura e microblogging. Senza dimenticare l’aspetto social – con la possibilità di commentare i lavori di Twitteratura con l’hashtag #140novel. Un assaggio? La very short novel dell’autrice de Il diario di Bridget Jones: “Ok, non avrei dovuto entrare nella tua email. Ma magari la prossima volta che vai su relazionipersposati.com non usare il nome dei bambini come password.”

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