Re Giorgio torna a Monti

Il Corriere della Sera: “‘Ho sorriso poco, scusatemi'”. “Le dimissioni. Il colloquio con i suoi collaboratori. Parlamento convocato il 29 gennaio per l’elezione del successore”. “L’addio di Napolitano al Quirinale”. “Renzi: il nuovo Presidente già alla fine del mese”.
A centro pagina: “Bce, sui titoli di Stato via libera all’acquisto”. E poi: “Il verdetto della Corte europea”.
A fondo pagina: “Dieudonné, processo al comico antisemita”. “Fermato per poche ore, poi va in scena”. “Ha solidarizzato con i killer della strage di Parigi”.

La Repubblica apre con le parole del presidente del Consiglio: “‘Nuovo Presidente a fine mese'”, “Napolitano lascia il Quirinale tra gli applausi della folla. A Grasso il ruolo di reggente”, “Parlamento convocato il 29. Renzi: entro gennaio l’elezione del successore”, “Berlusconi: basta poltrone decise dalla sinistra. Il premier: facciamo da soli”.
Sulla strage di Parigi: “Al Qaeda attacca: ‘Siamo stati noi, uccideremo ancora’”.
In taglio basso, il richiamo ad un’intervista con copyright Die Zeit al presidente Bce: “Draghi: ‘E’ l’ora del coraggio, la Germania deve capire”.

La Stampa: “La lista di Renzi per il Quirinale”, “Punta su Visco, ma ci sono anche Mattarella, Fassino e Veltroni. Il premier vuole tempi rapidi”.
In taglio basso, l’allarme del Copasir: “‘In Italia 10 jihadisti: rischio attentati”, “L’allarme del Copasir. Al Qaeda rivendica la strage di Parigi: adesso nuovo terrore”.
Di spalla, sulla legge di stabilità: “L’Ue a Roma: ‘A febbraio nuovo esame sui conti'”.

Il Sole 24 Ore: “Napolitano lascia, parte la corsa”. “Grasso reggente. Primo voto delle Camere in seduta comune il 29 gennaio. Fra i possibili successori Veltrini, Fassino e Mattarella”. “Renzi lo ringrazia e avvia la successione. ‘Nome condiviso a partire dal Pd’. Berlusconi fedele al ‘Patto’. ‘Ma serve un Presidente che sia garante di tutti'”.
A centro pagina: “La Corte Ue promuove la Bce, QE più vicino”. “L’avvocato generale: gli acquisti di bond rispettano i trattati. Draghi: non procuriamo vantaggi a questo o quel Paese”. E poi: “Rendimenti minimi per Bund e Btp. Le stime della Banca Mondiale frenano le Borse”.

Il Giornale: “Brutto presagio, un pm Presidente”. “Napolitano trasloca, tutti i poteri all’ex magistrato Pietro Grasso”. “Che ora trama per farsi eleggere e coronare il sogno dei manettari d’Italia”.
A centro pagina, spazio per Berlusconi che ieri ha parlato ad un appuntamento pubblico di FI: “‘A marzo ritorno e cambia tutto’. Berlusconi: ‘I democratici? Restano comunisti. Amo l’Italia, ma l’Italia deve amare gli italiani'”.
In alto: “Esce oggi in Italia il caso editoriale dell’anno. Ecco il libro che denuncia la ‘Sottimissione'”.
Sul caso Dieudonné, Vittorio Macioce scrive: “Se siamo Charlie difendiamo pure il comico che gioca con gli estremisti”.

Il Fatto, che anche oggi allega in edicola l’ultima edizione del Charlie Hebdo: “Tutti pazzi per Charlie”, “Tre milioni di copie vendute in Francia, tutta esaurita in Italia l’edizione con Il Fatto (oggi si replica in edicola). Renzi: ‘L’ho comprato e mi sono commosso’. Il settimanale francese, insanguinato dalla strage di Parigi, diventa un ‘cult’ su eBay: all’asta per cifre fino a 60 mila euro”.
A centro pagina: “Re Giorgio ha abdicato. Matteo & B. trafficano”, “Napolitano lascia. I due Nazareni inciuciano sul falso in bilancio”, “Il Parlamento inizierà a votare il successore il 29 gennaio. Nel Pd trattative e cene di dissidenti e renziani. Tra i più gettonati, Mattarella e Veltroni. Il premier elogia ancora l’ex Cav. M5S studia la provocazione col nome di Prodi e poi denuncia: colpo di spugna del governo sui reati societari, identico alla legge-vergogna fatta dal Caimano”.
In taglio basso: “‘Finanziamenti irregolari’: papà Renzi in un mare di guai”, “La Regione ammette”.

Napolitano

Molti gli omaggi al Presidente nel giorno del suo addio al Quirinale. Marzio Breda, nell’articolo titolato “‘Ho sorriso poco, scusatemi'”, racconta l’uscita dal Palazzo, e ricorda i governi Monti, Letta e Renzi: “Una ‘invenzione’ del tutto sua il primo, mentre sugli altri due ha esercitato una sorta di alto patronato affidando loro la missione delle riforme”.
La Repubblica, con Filippo Ceccarelli, ripercorre gli anni di Napolitano: “I nove anni di Re Giorgio nel segno della sobrietà tra attacchi, commozione e appelli caduti nel vuoto”, “Il difficile rapporto con Berlusconi e la durezza della crisi, poi le scelte contestate dei governi Monti, Letta e Renzi, la sofferta rielezione e l’inchiesta di Palermo. Una parabola tutta in salita, percorsa con l’austera dignità di altri tempi”, “Con il leader di Forza Italia lo scontro fu duro, sottile, rischioso, culminò nel caso Englaro”, “Anche le imitazioni, da Fiorello a Crozza, hanno colto lo spirito di una antiquata rispettabilità”.
Su La Stampa, è Antonella Rampino a descrivere “il novennato del Presidente della Repubblica più politico”: “Croce e Einaudi come stella polare, l’obiettivo costante della stabilità, la missione delle riforme, i tanti attacchi ricevuti: cosa lascia Giorgio Napolitano”. Stefano Stefaninini, che è stato consigliere diplomatico di Napolitano tra il 2010 e il 2013, ricorda: “Quando rassicurò la Merkel sulla tenuta italiana”. Si riferisce in particolare alla visita di Stato in Germania, nel febbraio 2013, all’indomani delle elezioni.
Fabrizio Forquet sul Sole 24 Ore scrive che “Giorgio Napolitano ha incarnato meglio di quanto potesse fare chiunque altro questo ruolo di garante dell’Italia in Europa. Nel passaggio più drammatico, quello che nell’autunno del 2011 ha rischiato di travolgere l’Italia e lo stesso eurosistema, è stato lui il riferimento prezioso per la gestione di una crisi che nasceva all’interno di un sistema politico in drammatica caduta di credibilità”.
L’editoriale dello stesso quotidiano, firmato dal direttore Napoletano, è dedicato al “Presidente che serve all’Italia”, una figura di “statura internazionale” perché “per il Quirinale non è tempo di sperimentazioni”, e “servono la testa e le mani esperte di un Presidente all’altezza del compito, che sappia guidare la conciliazione tra partiti e Paese reale e abbia il rispetto di chi lo vota e di chi non lo vota”.

Il successore

Il Sole 24 Ore: “Berlusconi: ora un Presidente garante di tutti”. “Deve essere in discontinuità con gli ultimi 3”. Ma questo, scrive il quotidiano, “non significa escludere una personalità del Pd”.
Il Corriere intervista il capogruppo azzurro a Palazzo Madama Paolo Romani. Sul Quirinale: “Si può chiudere alla quarta votazione”. “Noi non interrompiamo il dialogo” con il Pd. Quanto a Forza Italia, “c’è una larga maggioranza del gruppo che condivide la linea ribadita anche oggi (ieri) da Berlusconi”, e “spesso chi dissente lo fa per consentire a se stesso di esistere”.
Su La Stampa, pagina 2: “Renzi: ‘Se Berlusconi dice no, il Presidente lo eleggiamo noi'”, “Il leader Pd: sull’elezione non accetto veti da nessuno, nemmeno dal mio partito. Ma Bersani lancia l’affondo: perché punta alla quarta votazione e non alla prima?”. Scrive Carlo Bertini che una cinquantina di democristiani capitanati dal parlamentare Pd Giuseppe Fioroni si è riunito ieri in un ristorante romano per sponsorizzare la candidatura di Sergio Mattarella: ospiti d’onore della cena erano il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini e altri renziani vicini a Graziano Delrio come Richetti e Rughetti. Il “retroscena” alla pagina successiva: “Un grande arbitro per crescere. Prende forma l’identikit di Visco”: il governatore di Bankitalia sarebbe dunque “la carta coperta del premier”, come scrive Fabio Martini. Che sottolinea anche come le correnti abbiano riconquistato il campo all’interno del Pd: “non appena ‘re Giorgio’ ha lasciato il palazzo, sono tornati i ‘feudatari'”. ieri si sono incontrati anche i “giovani turchi” di Matteo Orfini e per lunedì è prevista una riunione dei dalemiani.
Il Fatto: “Il successore si decide a cena”, “Renzi insiste: elezione al quarto scrutinio e percorso condiviso. I cattolici con Fioroni e Guerini si vedono al Pantheon. I dissidenti interni fanno un incontro dopo l’altro”. Scrive Wanda Marra che è stato Pierluigi Bersani a giocare la prima carta della minoranza ex ditta, dicendo: “Se c’è la volontà di arrivare a una intesa con tutti, che sia con tutti, perché aspettare la quarta votazione?”. E’ un modo per dire -scrive Marra- “se davvero Renzi vuole condividere la scelta con noi, e non con Berlusconi, allora voti da subito. Renzi, infatti, ha intenzione di far votare scheda bianca nei primi tre scrutini. E allora c’è anche la strategia della minoranza che si va delineando: indicare alle prime votazioni Romano Prodi, per costringere Renzi a convergere su quello”. Ma il ragionamento di Renzi sarebbe il seguente: se metto un candidato forte al primo colpo, significa che lo vado a bruciare.
Su La Repubblica, Stefano Folli: “Quel palazzo troppo vuoto e la scommessa del premier”. Non sapremo mai -scrive Folli- se nella decisione del capo dello Stato di dimettersi abbaino contato solo l’età e i malanni e anche l’amara constatazione che la classe politica, nel suo insieme, non riesce ad affrancarsi dai suoi vizi di fondo. Ma anche coloro che sono sollevati dal suo addio “gli rendono omaggio in modo indiretto”, riconoscendo che in tempi recenti “nessuno come Napolitano, a parte il Renzi degli ultimi mesi, ha inciso così tanto nel dibattito pubblico”, il che “accentua il vuoto del Quirinale”: “fino a che punto il venir meno di una figura autorevole e centrale determinerà uno squilibrio?”. Quanto a coloro che parlano di un “fallimento” del secondo mandato, in relazione al percorso delle riforme per cui aveva accettato la rielezione: “se si vuole usare il termine fallimento, esso non riguarda il presidente”, bensì il sistema politico nel suo complesso”. E l’intreccio fra la scadenza del Quirinale e la riforma elettorale, “che sarebbe stato opportuno evitare”, è invece sul tavolo: “quanti nel Pd si battono a suon di emendamenti in Senato contro le liste bloccate e di conseguenza contro l’altissimo tasso di ‘nominati’ che entreranno peraltro in un Parlamento monocamerale (dopo la trasformazione del Senato) sono gli stessi chiamati a votare per il capo dello Stato. Come non vedere quale groviglio di frustrazione e desiderio di vendetta si è creato nella panica de partito, almeno tra coloro che non hanno nulla da perdere perché sanno di non essere comunque ricandidabili?”. In questo clima, “Renzi ostenta la più placida sicurezza”, convinto che il presidente verrà eletto alla quarta votazione (nelle prime tre il Pd voterà scheda bianca e “chissà se questo punto è concordato con Berlusocni”. In tutti i casi, occorre arrivare all’appuntamento “con un concorrente che non coalizzi troppi franchi tiratori contro” e i quindici, venti nomi che si leggono sui giornali “sono la prova che per adesso nessuno ha le idee chiare”: nemmeno quelli “che esagerano nella campagna elettorale personale”. Sulla stessa pagina, un’intervista al deputato M5S Danilo Toninelli. Dice, sul possibile candidato al Quirinale: “loro hanno la maggioranza, sono loro che devono fare una mossa. Noi non abbiamo preclusioni: se un nome è buono lo mettiamo sul blog e lasciamo che sia la rete a decidere”. Mettereste sul blog anche Pierluigi Castagnetti? “Sceglieremo dei requisiti minimi, non è detto che Castagnetti li abbia”. Sabino Cassese? “E’ una copia di amato, un tecnocrate prostrato al premier e garante delle banche e della finanza europea”. Mattarella? “E’ un democristiano di lungo corso”, “sono entrambi pericolosissimi, il contrario di ciò che servirebbe al Paese”. Potreste anticipare il Pd proponendo Romano Prodi. Risponde Toninelli: “Se a loro non va bene la quarta votazione, dopo -per il Pd- c’è solo Prodi. Se Renzi vuole tenere in piedi questa legislatura, venga a chiederci il voto. Stiamo aspettando”.
Sul punto di vista del leader di Forza Italia, La Stampa, pagina 5: “‘Il patto del Nazareno ci costa, ma voteremo un garante'”, “Anche Berlusconi apre la partita e cerca l’unità dei gruppi. Ma i dissidenti insistono: linea dura. Oggi vertice con Fitto”.
Sulla “supplenza” del presidente del Senato Pietro Grasso, Il Fatto: “Grasso si tira fuori, ma un po’ ci prova”.
Secondo Il Giornale “Grasso sgomita per restare al Colle”, dove da oggi esercita le funzioni di supplente. Si ricorda che “ai giustizialisti duri e puri come Marco Travaglio (solo per fare un esempio), il presidente del Senato non è simpaticissimo”, e non lo venerano neppure “i talebani della Costituzione”. Si ricorda la battuta di Grasso ad una trasmissione radiofonica quando “osò proporre, lui, uomo con il cuore a sinistra – un riconoscimento al governo Berlusconi per le leggi che facilitavano la confisca dei beni alla criminalità organizzata. L’iniziativa fu censurata dai vari Ingroia, Di Matteo e compagnia bella. Egli si tacque. Per amor di patria”.
Lo stesso quotidiano racconta il “bagno di folla” di Berlusconi, ieri con duemila militanti ad un auditorium al Divino Amore, a Roma. “Ma Renzi è amico o avversario? Ee io dico: Av-ver-sa-rio’ La platea non si aspetta altro e riesuma il coro fortunato: ‘Chi non salta comunista è!» e tutti a saltare come matti'”. Berlusconi insomma conferma il patto del Nazareno sulle riforme, “ma sul resto picche”. Infine, “la vecchina, 89 anni, ossa fragili ma scorza che pare di quercia”, che prende 585 euro di pensione. “Commovente. E il Cavaliere prende il microfono: ‘Propongo una sottoscrizione per aiutare la signora. Comincio io con 20mila euro’. Applausi scroscianti e diluvio di selfie al coro di ‘Silvio, Silvio'”.

Dieudonné, Charlie, Islam

La Repubblica: “Dieudonné finisce in cella per apologia di terrorismo. Ma esplode la polemica”, “Il controverso comico comico della ‘quenelle’: ‘Sono Charlie Coulibaly’. Scarcerato, ma rinviato a giudizio. ‘Per lui la libertà non vale?'”.
Il Fatto: “Libertà d’espressione ma senza esagerare: arrestato il comico”, “Il controverso Dieudionné ai domiciliari ai domiciliari per apologia di terrorismo: aveva scritto su Facebook ‘Je suis Charlie Coulibaly, autore di satira trattato da criminale'”.
Su La Repubblica, a pagina 34, un commento di Adriano Sofri: “Nessuno tocchi l’odiato Dieudonné”, “Difendiamo la libertà d’espressione di Charlie, mentre la vietiamo e perseguiamo con il comico francese? Qual’è il limite della satira?”.
Su Il Giornale si legge: “La Francia onora i vignettisti e processa il comico Dieudonné”, arrestato per “apologia di terrorismo” per una sua frase: “Je suis Charlie Coulibaly”. Già a settembre era stato indagato per un video in cui ironizzava sull’ostaggio decapitato Foley.
La Stampa: “Le vignette di Charlie conquistano anche le banlieue musulmane”, Code e ressa alle edicole: rivista esaurita in pochi minuti. Vendute 5 milioni di copie”. Lo racconta in un reportage l’inviato Alberto Mattioli. E Maurizio Molinari, da Gerusalemme, scrive: “Ma il mondo islamico attacca: ‘Offese che infiammano l’estremismo’”.
La Repubblica offre ai lettori due pagine di anticipazioni dall’ultimo libro di Michel Houellebecq, che oggi arriva anche nelle librerie italiane (“Sottomissione”).
E da La Repubblica segnaliamo anche il racconto di Laurent Léger, il giornalista “superstite” che ha assistito alla strage durante la riunione di redazione di Charlie Hebdo (“Scherzammo sui primi colpi, pensavamo a dei petardi”)
“La nuova copertina non piace al mondo arabo”, si legge sul Sole 24 Ore, in un articolo dedicato al numero andato presto esaurito di Charlie Hebdo. Al Azhar “chiede a tutti i musulmani di ignorare questa odiosa frivolezza”, il Gran Mufti di Gerusalemme ha parlato di “insulto” che ha “ferito i sentimenti di quasi due miliardi di musulmani”. Anche il “papa copto” d’Egitto ha definito “un insulto che va rifiutato a tutti i livelli” le vignette del quotidiano satirico. Quanto all’Iran, secondo il ministro degli Esteri si rischia di rendere ostico il dialogo sul nucleare in corso a Ginevra. In Turchia sono stati bloccati i siti internet che permettevano di vedere le vignette, mentre il quotidiano Cumhuryet, dopo una discussione interna, ha deciso di pubblicare una edizione in turco di Charlie senza le vignette su Maometto.
Sul Corriere Guido Olimpio racconta il “video di Al Qaeda”di rivendicazione dell’attacco di Parigi. “‘A ordinare l’attacco il capo Al Zawairi”. Il filo è un viaggio che i fratelli Kouachi fecero nello Yemen nel 2011, dove sarebbero stati preparati “in modo veloce” a compiere attentati in Occidente, anche se “è legittimo chiedersi perché abbiano atteso così tanto tempo prima di agire”. In questi anni potevano essere scoperti, e “solo gli errori della sorveglianza” francese lo hanno impedito”.
Lo stesso quotidiano dà conto della notizia secondo cui i due fratelli avrebbero fatto un “sopralluogo” nella sede di Charlie Hebdo una settimana prima dell’attacco, chiedendo informazioni ai passanti. Uno si sarebbe insospettito e avrebbe segnalato il fatto al commissariato locale. Sarebbe “l’ennesimo buco nella rete di sicurezza”, scrive il Corriere.
Il Sole 24 Ore, a proposito di indagini, intervista Armando Spataro: “Ue, ora svolta politica sul coordinamento”. Spataro dice che in passato con Francia e Gran Bretagna ci sono state difficoltà nel coordinamento di indagini e inchieste, e che serve una “decisa svolta politica”. L’Italia deve anche dare una “forta spinta” nel “non accettare la pretesa di altri Paesi di imporre prassi illegali”, e il riferimento è alle “extraordinary rendition”, al fermo previsto per 28 giorni per i sospetti terroristi in Gran Bretagna, al segreto che può essere usato nel caso di fonti di prova a carico di terroristi, ai fermi fino a 4 giorni per sospetti di terrorismo senza la presenza di avvocati.
Il Corriere della Sera intervista Kenan Malik, neurobiologo indiano trapiantato in Gran Bretagna, che ha insegnato storia della scienza e filosofia della biologia a Oxford ed a Cambridge e anche alla Università europea di Firenze. Ha condotto studi su pluralismo e multiculturalismo, ha pubblicato tra l’altro “Dalla fatwa alla jihad”. La sinistra europea ha da un lato “abbracciato il pluralismo e e il multiculturalismo finendo per considerare razzista l’universalismo”, rinunciando in questo modo al suo “impulso progressista” “in nome della tolleranza”. Quanto ai pensatori che sono rimasti legati all’illuminismo, come Martin Amis o Bernard-Henry Lévy, “lo hanno usato in modo tribale”, ovvero “come un mito che serve a definire l’Occidente”, trasformando l’illuminismo in “un’arma nella battaglia tra civiltà”. Secondo Malik quello in corso non è uno scontro tra civiltà ma un conflitto di valori interno delle società islamiche ma anche dell’Occidente. Il tema centrale non è quello “religioso” ma il rifiuto della modernità, che si esprime in varie forme, religiose e non, anche in Occidente.
Lo stesso quotidiano intervista il Custode di Terrasanta Padre Pierbattista Pizzaballa, frate francescano da 11 anni a Gerusalemme, che dice che quella in corso non è una guerra tra civiltà ma uno “scontro interno all’Islam”, e “la risposta sbagliata e drammatica di una parte dell’Islam alla modernità”. Pizzaballa dice anche che “Islam moderato è una espressione molto europea”, che “risponde ai nostri bisogni di semplificazione”, e che “dobbiamo imparare a conoscere meglio l’Islam”. La notizia che Hamas ha condannato gli attacchi terroristici lo lascia perplesso: “E’ una presa di posizione curiosa”. “Resto un po’ freddo. Spesso in Medio Oriente ci sono due facce: una politica interna e la necessità di guadagnarsi credito internazionale”.

Bce, Ue

Il Sole 24 Ore intervista il vicepresidente della Commissione Ue Katainen: “Per l’Italia molti vantaggi con il piano Juncker”. Katainen oggi saràin Italia, nell’ambito di un “roadshow” che fino a settembre lo porterà nei 28 Paesi dell’Unione a spiegare il piano di investimenti della Ue. Incontrerà Padoan, Squinzi, e altri. Dice: “‘Ai miei interlocutori italiani voglio spiegare che il nuovo Fondo si impegnerà in prestiti più rischiosi di quelli offerti finora dalla Banca europea degli investimenti, in particolare a favore delle piccole imprese. Al tempo stesso, sottolineerò che il piano funzionerà se accompagnato da un rafforzamento del mercato unico. Voglio incoraggiare l’Italia a giocare un ruolo nella nascita di una unione dei mercati dei capitali e di una unione dell’energia”.
Ieri è arrivato il parere “non vincolante” ma “di solito rispettato” dell’avvocato generale della corte Ue Villalon, che ha dato “il via libera al piano anti-crisi Omt” della Banca centrale europea, quel piano “lanciato due anni fa” per “soccorrere i Paesi dell’eurozona”, come racconta Il Sole 24 Ore. “La pronuncia dovrebbe sciogliere i dubbi sui margini di manovra della Bce nel varare la settimana prossima l’atteso acquisto di titoli pubblici, il cosiddetto quantitative easing (Qe), senza incorrere in limitazioni di tipo legale”. Intanto, in una intervista al settimanale tedesco Die Zeit, Draghi “ha nuovamente lasciato intendere che è pronto per l’annuncio, anche se le modalità sono ancora da definire”. “‘Tutti i membri del consiglio – ha detto Draghi – sono totalmente impegnati al rispetto del nostro mandato. Naturalmente, ci sono differenze su come questo dovrebbe essere fatto, ma non è che abbiamo un numero illimitato di opzioni'”.
Alle pagine 12 e 13 de La Repubblica, i lettori troveranno l’intervista concessa dal presidente Bce a Giovanni Di Lorenzo, direttore di “Die Zeit”: “Draghi: ‘Euro irreversibile, via a misure straordinarie. Guai a perdere il coraggio, i tedeschi devono capire”. Il presidente della Bce “spiega perché accompagnare la crescita con un apolitica monetaria espansiva, anche con il ricorso al mezzi non convenzionali. Sui tratta dell’acquisto di titoli pubblici che sarà annunciato il 22 gennaio. ‘Il rischio della deflazione è maggiore di un anno fa, la Bce non ha infinite possibilità di agire per riportare l’inflazione dell’eurozona verso l’obiettivo del 2 per cento”, “La Germania deve comprendere che la Bce ha un mandato europeo che è quello della stabilità dei prezzi”. A pagina 13: Bond, la Corte Ue dà l’ok agli acquisti Bce del 2012, strada spianata per i prossimi”.
Il Giornale sintetizza così: “Ora Draghi può usare il bazooka”. “La Corte europea approva l’Omt della Bce e dà torto ai tedeschi. Spianata la strada per l’acquisto di Titoli di Stato”.
Il Corriere. “I giudici: la Bce può acquistare titoli di Stato”. “La Corte di giustizia Ue promuove le misure sui bond dei Paesi in difficoltà: piena discrezionalità. Per Francoforte è una pietra miliare”. L’articolo poi spiega che si tratta non della decisione della Corte europea ma del parere dell’Avvocato generale, “non vincolante”, e che tuttavia “di solito viene seguito” dalla Corte.

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