Che cos’è contratto? Manegoldo la sapeva lunga

Un abate alsaziano dal nome decisamente medievale, Manegoldo di Lautenbach, scriveva appena dopo il Mille (1085) queste sorprendenti riflessioni.

Nessuno è in grado di farsi legittimamente re da solo ed è quindi chiaro che è il popolo ad innalzare uno sopra tutti, uno solo che possa governare per il bene comune e si impegni a distribuire a ciascuno il suo, favorisca  i buoni e punisca i malvagi… Il popolo – è chiaro- non innalza sopra di sè un capo affinché questo eserciti un potere tirannico e lo porti alla rovina ma al contrario perché lo difenda con giustizia dalla tirannia… Si deve  obbedienza ai re che governano con giustizia ma non a coloro che diventano  tiranni.

Infatti quando colui che è stato scelto dal popolo diviene malvagio esercitando la  tirannide è evidente  che deve decadere dalla carica alla quale il popolo lo ha innalzato. Il popolo deve liberarsi dal suo dominio dal momento che il re rivelatosi tiranno ha rotto  e tradito il patto per primo.

Facciamo un esempio elementare. Se il proprietario affida dietro ricompensa il suo  gregge di maiali a qualcuno per portarlo al pascolo è indubbio che chi accetta il  contratto deve restituire innanzitutto il compenso pattuito se non esegue il compito e danneggia il padrone dei maiali. Il contratto si scioglie.

Affermo che se ciò è valido in situazioni così rozze ed elementari lo è ancor più quando si tratta di governare gli uomini: è chiaro che chi invece di reggerli con giustizia li porta  alla rovina deve essere privato di ogni potere.

Fin qui il testo medievale limpida testimonianza di un ambiente “democraticamente precoce”, con le idee molto chiare anche se terminologicamente primitivo.

Ancor oggi questo è in ambito democratico l’unico patto o contratto politico alla base dello stato democratico e quando leggo Locke o Rousseau mi domando sempre attraverso quali vie segrete e manoscritti sepolti e polverosi sia giunta ai tempi moderni un’idea così esplosiva e nitida. Certo una idea, la realtà fu ben diversa.

Questo è nella nostra tradizione – dunque da più di un millennio – il contratto che caratterizza la nascita e il processo dello stato democratico indicato come  uscita dalla “ferinità” e dalla violenza di natura verso uno spazio appunto sociale che punta al  bene comune. I due contraenti agiscono in spazi antecedenti la costituzione del governo  con azioni differenti: uno (il popolo) affida ossia  delega il potere collettivo che possiede, l’altro (il governo o sovrano ) lo riceve e mette in atto il progetto del bene comune. Non  c’è dubbio che questo contratto vincoli l’intera comunità. Lo scopo è infatti unico: costituire una “situazione  politica” assicurando all’uomo animale politico per eccellenza pace e benessere nei limiti del possibile.

Oggi si parla e si scrive molto anzi troppo di un altro contratto che, penso, si deve definire più esattamente alleanza. Secondo questa versione fra i due “governanti” è stato sottoscritto un patto a mio parere prepolitico per governare insieme ma talvolta paradossalmente con scopi differenti.

Il contratto di cui parla Manegoldo è un patto costitutivo mentre l’alleanza fra i due  governanti di oggi si riferisce a qualcosa che può avvenire anche in ambito privato e indica una convergenza puramente tattica o comunque contingente con tutte le connotazioni, positive e negative, che seguono.

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