Addio a Michele Achilli, il socialista
che disse no a Craxi

Se n’è andata con Michele Achilli, a 92 anni, una figura notevole della storia politica della prima repubblica e del Psi. Quanto al suo tempo è il caso di dire esattamente così perché proprio alla vigilia della tempesta di Mani Pulite lasciò la vita politica, dopo vent’anni di Camera e cinque di Senato, rifiutando una nuova candidatura nell’imminente collasso dei vecchi partiti, di cui deprecava la non più sostenibile corruzione. E lo poté fare serenamente perché aveva un profilo professionale di spessore come architetto e urbanista. Quanto al partito la sua vicenda si è svolta interamente dentro il Psi, che ha continuato a seguire, con competenza, fino agli ultimi giorni. “Da questa passione – ha confessato – non ci si può dimettere”. Lo ha ribadito in una intervista che ha concesso allo storico Andrea Ricciardi, che ha dedicato un robusto e documentatissimo volume alla storia della sua corrente, Sinistra per l’alternativa, 1976-84 (Biblion, 2021).

Ho avuto da giornalista il primo incontro con lui, durante una assemblea nazionale del Psi, epoca Craxi. Quelle assemblee si concludevano con ovazioni plebiscitarie, che tanto facevano arrabbiare Pertini. Ma quella volta si votava e, dopo la selva di mani per il “sì” alla mozione, quando la presidenza chiese “contrari?”, Craxi non si accorse (o finse) di quel che avveniva sul fondo della sala e disse sbrigativamente, “bene, unanimità!”. Stavo proprio sotto la presidenza e sentii chiaramente: “No, Bettino, guarda che c’è un gruppo di contrari!”. Craxi in piedi scrutò: “Ma quello è Achilli con i suoi!”. L’impressione fu che il segretario ne fosse un po’ irritato, ma anche rassicurato, e ci poteva scherzare sopra: il dissenso era perimetrato. Andai a cercarlo, Michele, per commentare. Non sapevo allora che con lui e la sua futura moglie, Daniela, diventati amici, avremmo rievocato quei momenti cercando di ricordare di chi fosse la voce del “no, Bettino”. Non sapevo neanche che il suo rapporto con Craxi non era poi così cattivo come sembrava. Tutto era cominciato con la battaglia di Michele per eleggere segretario invece di Craxi Antonio Giolitti (un’altra storia, forse su un altro pianeta). Era la cosiddetta svolta del Midas, 1976.

La linea politica del partito era in verità per tutti quella dell’unità a sinistra, ma Achilli era convinto che Craxi non avrebbe tenuto fede e avrebbe scelto di allearsi con la Dc, appiattendosi sulla “socialdemocrazia”, che all’epoca non era un complimento nemmeno per Nenni o per Craxi, e si dissociò dagli altri lombardiani, Signorile e De Michelis. Non si può dire che avesse sbagliato previsione: il manipolo achilliano, con Codignola, Benzoni, Paolo Leon, Tamburrano, Ballardini, Marte Ferrari, Biscardini e Cenerini era partito per la sua avventura. Un viaggio impervio assai perché, raccontava Achilli, “questa nostra idea divenne via via sempre più impraticabile. Tra Craxi e Berlinguer tutto peggio che mai, il primo guardava alla DC e al pentapartito per andare al governo, il secondo era sempre più rigido dopo la fine della solidarietà nazionale”. La corrente di Achilli combatteva la logica dei blocchi come alibi della DC, per sottostare alle politiche conservatrici degli Stati Uniti e al diktat dei loro servizi segreti (quante cose avremmo capito, tutti, Michele compreso, molti anni dopo). Ma lui personalmente, e con una sua organizzazione (ICEI), coltivava relazioni internazionali con l’Africa e orientate alla cooperazione. Ne ha scritto nel suo recente Dialogo Nord Sud. Cronache di un impegno internazionale, (Biblion, 2020), così come nel 2018 aveva scritto dell’altra sua attività, L’ urbanista socialista. Le leggi di riforma 1967-1992 (Marsilio 2018).

Nonostante i dissensi, Craxi lo volle di nuovo, dal 1987, al Senato dove fece il presidente della Commissione Esteri e l’avrebbe voluto anche come sottosegretario alla cooperazione internazionale, ma Achilli in un governo del pentapartito con la Dc non ci poteva entrare proprio. Era un uomo in pace con sé stesso senza conti in sospeso con la politica, il che gli ha consentito una felice ultima lunga stagione, rallegrata dagli amici che ora lo piangono, insieme a Daniela e a tutti i famigliari.

 

Questo articolo è uscito su Repubblica dell’8 agosto 2023.

Foto di copertina: Michele Achilli, IX Legislatura (Wikimedia Commons).

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *