MALA TEMPORA

Marco Vitale

La palma è arrivata al nord

“Scaricare sugli altri, propri problemi è comprensibile umanamente e per alcuni la Germania è appropriata nel ruolo, ma è una sciocchezza. Molti paesi europei fanno grandi progressi, ma non si lamentano ogni giorno e soprattutto non pretendono sempre dagli altri la soluzione ai loro problemi: li risolvono da soli”. Queste sono parole del ministro delle finanze tedesco Wolfang Schauble, uno degli uomini politici più seri, competenti, seriamente europeisti e democratici d’Europa.

Vorrei tentare di spiegare perché queste franche e dure parole del ministro tedesco, invece di irritarmi come è successo a molti, suscitano in me un senso di riconoscenza, proprio per la loro franchezza e la loro durezza.

Da oltre vent’anni frequento, per lavoro e passione, il Mezzogiorno d’Italia e, tante volte, mi è capitato di pronunciare parole simili, per cercare di contrastare la cultura piagnona e perdente degli epigoni di un meridionalismo che tanto male ha fatto e fa al Mezzogiorno. Che oggi parole simili possano applicarsi a tutta l’Italia non è sorprendente ma è un grave sintomo. Sono ormai sempre più frequenti i segnali che l’Italia tutta è diventata una sorta di mezzogiorno. La meridionalizzazione d’Italia è compiuta. La palma è decisamente arrivata al Nord, come prevedeva e temeva Sciascia ma, questa volta, è salita portandosi dietro anche l’insetto che la divora, il punteruolo rosso, che Sciascia ebbe la fortuna di non vedere all’opera. Che la politica di austerità, di matrice europea e, principalmente  ma non solo, tedesca, se applicata ciecamente e testardamente, faccia più male che bene, è ormai convinzione sostenuta non solo da prestigiosi economisti isolati, con i quali concordo, ma si è diffusa e si è fatta strada in organismi europei ed internazionali (dalla BCE al Parlamento europeo, all’OECD, al FMI). Che essa, poi, sia stata applicata ciecamente, talebanamente e ottusamente dal governo italiano, che ha fatto tutto il possibile per esasperarne gli effetti negativi, è un fatto certo, ancorché troppo poco discusso. Ma attaccare alla politica di austerità europea la responsabilità di tutti o della maggioranza dei nostri guai, suscitando un sentimento di ostilità verso l’Europa e la Germania, è l’estremo atto di viltà di una classe politica e sindacale incapace, impotente e corrotta. A quando l’attribuzione alla espertissima e collaudatissima Svimez, del compito di orchestrare i piagnistei non più solo del Mezzogiorno verso lo sfruttatore Nord Italia, ma dell’Italia tutta verso il Nord Europa e verso il crescente ed inevitabile divario, tra Nord e Sud, a livello europeo?

Il debito immane che ci schiaccia non deriva dall’austerità di matrice europea, ma da almeno venti anni di gestione dissennata della cosa pubblica, da una delle macchine politico-amministrative più costose ed inefficienti del mondo, da una politica favorevole al falso in bilancio, all’evasione fiscale, alla corruzione, Ma come può, senza vergognarsi, attribuire le sue difficoltà all’austerità europea un paese che, un giorno sì e uno no ti scodella un Belsito qualsiasi e lo nomina sottosegretario di governo e vice –presidente della Fincantieri; tollera, senza che nessuno se ne accorga, un disastro come quello del MPS; ha una della macchine politiche più pletorica e costosa del mondo; una pubblica amministrazione tra le più inefficienti del mondo; i sindacati ed i rapporti di lavoro più arcaici d’Europa; un livello di corruzione che lo pone in buona posizione in classifica con i paesi peggiori del terzo e del quarto mondo; un sistema di oppressione fiscale ed un livello di evasione fiscale ai vertici del mondo industrializzato; un livello di concentrazione della ricchezza secondo solo agli USA, al regno Unito e, forse alla Cina (l’indice di Gini era nel 2001, nell’Unione Europea di 30.7, in Francia di 30.8, in Germania di 29.0, in Italia di 31.9 superata, nell’Unione Europea, solo da Regno Unito 33.0, Spagna 33.8 e Portogallo 34.2) ; la giustizia più lenta del mondo sviluppato?

Il tentativo di scaricare sulla politica di austerità europea (che deve essere certamente ridiscussa in chiave di maggiore efficienza ed equità), le conseguenze delle nostre nefandezze e delle nostre storiche debolezze, tentazione sempre più evidente tra le forze politiche, le organizzazioni sindacali, buona parte della stampa, che aspirano solo all’antica spensieratezza, va respinto, con fermezza non solo da Schauble ma da tutti gli italiani responsabili.

Marco Vitale

www.marcovitale.it

  1. L’invasione del Sud Italia nel resto del paese è lo stesso fenomeno (in scala localistica) dell’immigrazione dai paesi poveri verso l’Europa. Ed è ciò che ha contribuito ad essere l’Italia lo sfacelo che è. L’Italia non è mai stato un paese unito e non la sarà mai. C’è troppa differenza tra culture teutoniche come quelle friulane o trentine e quella levantine o arabe come quelle calabresi o pugliesi. Se abbiamo la sfrontatezza di asserire che l’Italia è un paese unito, allora diciamo pure che possiamo unire la Finlandia al Marocco sotto un’unica bandiera. Il male vien dal Sud, ma invece di estirpare il cancro fin quando era benigno, gli si è permesso di invadere tutto l’organismo fino a diventare maligno e deleterio.

  2. Dall’articolo sembra intuirsi che le parole abbiano lo stesso significato ovunque e da chiunque vengano pronunciate. L’obbiettività, o qualcosa che le si avvicini, mi sembra invece che provenga dal prendere in considerazione “tutti” gli aspetti di una notizia. Nelle parole del sig. Wolfang Schauble, della cui serietà non discuto, credo di poter trarre un senso di vittimismo dovuto al ritenere offesa una presunta superiorità tedesca, che gli consente di giudicare situazioni diverse dalla sua. Può essere che anch’io risenta di un timore dovuto al riconoscimento dei tanti difetti italiani, ma questo non farebbe che confermare che non è su queste basi di rapporto maestro/allievo che si possa costruire un’Europa stabile. La serenità di Marco Vitale suona quindi come il tentativo razionale di mantenere l’equilibrio in una situazione che non è sbilanciata solo per differenze nazionali di sanità economica, organizzativa e politica, ma soprattutto per la presunzione di superiorità e di inferiorità, con le relative reazioni di attacco dell’uno sull’altro.

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