L'ASINO DI BURIDANO

Massimo Parodi

Professore di Storia della filosofia medievale all'Università Statale di Milano.

Indolenza e passioni

Interessarsi di storia gioca brutti scherzi. Di fronte ai fatti di oggi, viene sempre la tentazione di guardare al passato, anche senza avere alcuna intenzione di sostenre una teoria ciclica del tempo o una ipotesi di corsi e ricorsi storici. Basta pensare che gli uomini siano sempre più o meno simili, pur nello scorrere dei secoli, e si trovano analogie a volte sorprendenti. Lasciamo stare la repubblica di Weimar che non rappresenta un’analogia, ma un giudizio basato su un accostamento drammatico e – speriamo – esagerato.
A proposito di Augusto, si legge nel libro primo degli Annales di Tacito:

9. … molto aveva concesso ad Antonio, molto a Lepido. Sprofondato quest’ultimo nell’indolenza senile e rovinatosi l’altro con folli passioni, nessun rimedio restava a una patria lacerata se non il governo di uno solo. L’ordinamento dello stato peraltro non fu quello di un regno o di una dittatura, ma si resse sul nome e l’autorità di un principe. …

Siamo stati tutti assorbiti negli ultimi giorni dalle vicende dell’elezione presidenziale e mi pare di avere riconosciuto una patria lacerata, un principe, un protagonista in via di sprofondamento nella indolenza e uno imbolsito dalle folli passioni. Mi manca una metafora per il terzo protagonista, ma forse per la mia percezione è troppo nuovo per suggerire dotti richiami.

  1. Mi scuso in anticipo per la malcelata acredine e per il moralismo pedante, segno evidente di una certa delusione. Visto l’evolversi della partita e dopo l’esempio di papa Francesco, per un attimo mi sono immaginato, forse come molti, un nuovo presidente fornito di una qualche dose di fegato e di normale parzialità; meno notaio, insomma, per lo meno nelle apparenze. Invece mi ritrovo uno stucchevole, ennesimo italico eroe e salvatore, come il Scevola o il Toti della mitica stampella, immolatosi in questo caso sull’altare della ragion di stato. Un gentiluomo, un principe, non si discute; ma – spero di sbagliarmi – pur sempre un cavallo di Troia per il rientro del partito della palude e delle famigerate larghe intese. Pertanto riferendomi al tertium non datur, proporrei riconoscente il somaro, l’asino stesso, quale dotta metafora supplementare. Non però quello amletico di Buridano, ma quello cabalistico, minchione e volante di Giordano Bruno. Tutto preso dallo stolto autocompiacimento per la propria eroica e furente terzietà, sdegnati i vecchi forni della politica politicante si è ostinato a librarsi nei cieli stellati della iper-democrazia virale (principio alchemico che trasforma magicamente il voto in oro, come la pietra filosofale), quale novello angelo della luce, ovver cavallo pegaseo, non dimentico delle verità incorruttibili che lassù stanno. Per poi sbilenco rovinare giuso, rutilando di fiera stizza per lo scellerato inciucio e ragliando funesti vaticini. Nel frattempo i furori assai meno epici dell’ignavia, del ventre e del realismo seguitano stabilmente i loro vili commerci, mentre il movimento conosce la sua prima Caporetto con il voto friulano.

  2. Bravissimo, Massimo! non ci si poteva aspettare niente di meno da chi sa usare la testa e non pensa di vivere nell’iperuranio – Non colgo il riferimento al “terzo” protagonista, ma “indolenza” collegata con “senile” non mi sembra rappresenti molto nessuno, semmai vedo un processo sempre più forsennato di identificazione con un ruolo. Se posso dare un suggerimento, mi sembrerebbe che non sarebbe male il “quos dei volunt perdere, amentant” (versione monoteistica “quos deus vult perdere, amentat”), ma per capire quando si è incominciato bisogna guardarsi molto indietro, 30 anni fa almeno… Mancanza di coraggio allora? lucidità nel perseguire il proprio “particulare” (beh, Guicciardini torna sempre buono!)? la società politica che corrisponde perfettamente con la società civile? fate voi… Weimar, Roma antica? quel vecchio filosofo hegeliano che diceva che la storia si presenta la prima volta come tragedia e la seconda come farsa forse aveva già pre-visto la storia italiana di queste settimane? Ma, con tutto il rispetto, sbagliava: anche la farsa, per chi finisce per esserne vittima (insomma tutti noi), è tragedia

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