Hamas e Netanyahu, nemici su misura, per bloccare i moderati

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Vi spiegherò in poche parole il carattere paradossale e al tempo stesso tragico della politica israeliano-palestinese. L’Autorità Palestinese (AP) si sta impegnando nel consolidamento di uno Stato parallelo a Israele; le sue istituzioni lavorano duramente per reprimere le attività dei terroristi palestinesi, in stretta collaborazione con la polizia israeliana. E il governo israeliano si rifiuta di negoziare con loro. Hamas, invece, si sta impegnando per distruggere Israele e dare origine a uno Stato palestinese al suo posto; i suoi leader lanciano indiscriminatamente missili sulle città e i villaggi israeliani, promuovono e sostengono l’idea di organizzare attacchi terroristici anche al di fuori di Israele. Ed è con loro che proprio ora Israele si è messo a negoziare.

Hamas è il genere di nemico che Bibi Netanyahu vuole. I suoi leader non sono interessati alla pace con Israele, quindi non lo costringono a considerare l’ipotesi di un ritiro dalla Cisgiordania. Attaccano obiettivi civili, quindi fanno di se stessi un obiettivo legittimo per l’esercito israeliano. Il loro Statuto è dichiaratamente antisemita, quindi non attirano un grande supporto da parte europea o americana, fatta eccezione per l’estrema destra e l’estrema sinistra. Sono, per così dire, nemici a forma di Nemico. Il governo israeliano è legittimato ad affermare che non ci si può aspettare che tolleri attacchi missilistici alle sue città. Tutti sono d’accordo: nessun governo tollererebbe attacchi del genere, è assolutamente vero. Ma c’è anche un’altra verità. Il governo di Netanyahu si è predisposto a sopportare una serie incessante di attacchi missilistici, seguiti da una reazione israeliana contenuta, da un cessate il fuoco e poi ancora, quando Hamas sceglierà, da una ripresa dei lanci di razzi e così via. All’apparenza, questa tolleranza dipende dalla difficoltà di sostenere una campagna militare concepita per annientare Hamas e porre fine al suo controllo su Gaza. I costi in effetti sarebbero altissimi, sia per la popolazione civile della Striscia che per il morale di Israele.

Ma la tolleranza di questo circolo vizioso dimostrata da Netanyahu dipende anche dal suo rifiuto di perseguire un’alternativa radicale. Se Israele si decidesse a estendere e consolidare la presa dell’AP sulla Cisgiordania, se intraprendesse iniziative volte a contenere il processo di insediamento, ad arrestare i violenti, a chiudere gli insediamenti “illegali” e ad avviare trattative in prospettiva di un’evacuazione degli insediamenti “regolari”, tutto ciò riuscirebbe a far molto per isolare e indebolire Hamas. Al contrario i missili su Gaza, le rappresaglie militari israeliane e gli accordi sul cessate il fuoco così facilmente violabili hanno reso i militanti di Hamas gli eroi della resistenza palestinese. Il loro eroismo è parte integrante della tragedia palestinese, perché non fa nulla per il bene degli uomini, delle donne e dei bambini che vivono a Gaza o in Cisgiordania. Ha solo un effetto perverso: ribadisce il diritto di Israele, e il diritto di Israele a sua volta convalida il potere di Hamas in Palestina.

(Traduzione di Chiara Rizzo)

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