“Io, volontaria nell’officina dei diritti”

Mi chiamo Alessia Armini e sono una volontaria in servizio civile dal 2 maggio 2012 presso il Comitato territoriale Arci di Roma settore Immigrazione. Il progetto rientra tra quelli proposti da Arci Servizio Civile Nazionale, l’associazione locale di riferimento è Arci Servizio Civile Roma, il progetto è Officina dei diritti 2012. E’ importante per me questa precisazione in quanto la mia scelta di candidatura è partita proprio dall’ente proponente.

Ma prima di parlare della scelta mi piacerebbe dedicare due parole al tema:

PERCHE’ FARE SERVIZIO CIVILE

Il servizio civile parte dall’obiezione di coscienza, si inscrive all’interno del panorama concettuale della nonviolenza e si basa su un percorso ideale e politico che ha preso varie forme nel tempo, tra legalità (e non) e lotta. Il servizio civile è innanzitutto l’altra faccia del servizio militare, una forma alternativa di difesa della ‘patria’, civile, nonviolenta appunto.

Oggi, inutile negarlo, la scelta di svolgere un anno di servizio civile, non si inscrive solamente all’interno di questo quadro. Ma dal piano delle idee si scivola su quello delle opportunità. Il servizio civile va sempre più legandosi alla possibilità di fare un’esperienza concreta nel mondo del lavoro, soprattutto nel sociale. Questo si può facilmente vedere dalla crescita delle domande negli anni, dalle selezioni. Uno dei miei formatori mi ricordo disse che non era nei piani scegliere i più formati, ma che il servizio civile avrebbe dovuto essere un’opportunità per tutti, e che alla fine invece si finiva forzatamente per scegliere quelli col curriculum migliore. Partecipare alle selezioni è illuminante in questo senso: specializzandi, dottorandi, super qualificati, mille lingue, master…impressionante. Sembra che, non assorbiti nelle maglie del lavoro, la possibilità di avere una progettualità di un  anno sia il paradiso. E in realtà lo è. Quando mi hanno telefonato per dirmi che ero stata scelta ero felicissima. Dopo aver avuto esperienze di 3, 4, massimo 6 mesi, pensare di avere un anno intero per formarmi, apprendere, inserirmi in un contesto e non dover stare sempre sul filo del ‘domani chissà?’, mi sembrava la cosa più bella del mondo. Il rimborso (433,81€) non è cosa da sottovalutare. Senza non l’avrei fatto. Non copro l’affitto, non copro tutte le spese, non sono indipendente, ma senza, con tutto che il progetto mi piaccia, non l’avrei fatto. Sull’ambiguità dello status del volontario in servizio civile (tra lavoro, volontariato e formazione), ma ancor più sui suoi  riconoscimento e spendibilità tornerò dopo. Per ora mi premeva sottolineare la motivazione della mia scelta, che sicuramente si inserisce nel quadro ideologico prima descritto, in maniera cosciente e consapevole e convinta, ma che fa anche riferimento all’opportunità di fare un’esperienza a stretto contatto con il mondo del ‘lavoro’. Consapevole del fatto che non è un contratto di lavoro quello a cui posso sperare dopo il servizio (questo poi dipende da progetto a progetto, da ente a ente), ma contenta di formarmi in un ambiente dove c’è chi lavora.

LA SCELTA DEL PROGETTO: dove candidarsi?

Quando esce il bando di servizio civile il candidato può ricercare il progetto in diversi modi, come ad esempio partire dal sito istituzionale dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, facendo una ricerca per tema, sede, ecc.; oppure partire dall’ente che già si conosce e vedere quali progetti propone.

Dipende dalle proprie priorità e dalla condizione al momento della presentazione della domanda. Nel mio caso la prima scelta è stata tra servizio civile nazionale all’estero e in Italia. Venivo da un’esperienza di cooperazione internazionale, la mia formazione era adeguata ad un’eventuale scelta verso un progetto all’estero, il rimborso spese raddoppiava, ma dando un’occhiata alle associazioni proponenti e relativi progetti, non c’era niente che mi entusiasmasse. In più vivevo a Roma, ero impegnata con altre esperienze tra tirocini, lavoretti e in realtà nella prospettiva di un’esperienza annuale, potenzialmente spendibile, preferivo il ‘locale’. L’ambito sociale (tra cooperazione e immigrazione) nel mio caso era scontato. Confesso di non aver mai pensato di fare un’esperienza che esulasse completamente dal mio percorso formativo; anche se, ribadisco, il servizio civile potrebbe all’opposto rivelarsi l’opportunità per un matematico di lavorare con i rifugiati (per inciso una mia collega è laureata in matematica). Una volta determinata la sede sono andata a vedere i progetti e gli enti che proponevano. La scelta è importante, ahimè, bisogna farla bene, data la possibilità di candidarsi ad un solo progetto. Bisogna fare un’analisi delle proprie competenze e vedere anche di fare la domanda in un progetto nel quale si pensa di avere chance di essere selezionati. Nel mio caso era ancora più determinante, avendo 29 anni e quindi rappresentando, questa, l’ultima mia possibilità di svolgere un anno di servizio civile. Già l’anno prima avevo fatto domanda, ma non ero rientrata per poco.

Ma veniamo all’ente proponente. Fare servizio civile in Arci Servizio Civile(per esempio), è diverso da farlo all’interno dell’amministrazione capitolina, in una biblioteca, o in un’altra associazione. Io ho scelto un progetto di Arci Servizio Civile perchè avevo già avuto un’esperienza con loro. Avevo partecipato ad Alternaja, un progetto di mini-servizio civile (ad orario e durata ridotti, senza rimborso spese, ma con formazione ,rimborso mezzi e buoni pasto), nato in risposta alla mini-naja istituita da La Russa. L’idea era quella di una possibilità di prova del servizio civile, dato che molti ragazzi magari rinunciano, non completano l’anno, non vedono esaudirsi le proprie aspettative sul progetto. Per me è stata un’esperienza interessante e formativa. Ho partecipato alla cosiddetta formazione partecipata (una coproduzione di volontari e formatori) insieme ai volontari in servizio civile, ho avuto modo di farmi un’idea sul pensiero nonviolento e sicuramente di entrare in contatto con persone inserite nel mondo del lavoro. Il mio progetto si svolgeva all’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente, all’interno della biblioteca e dell’editoria e per me, che studiavo nello stesso Is.IAO, era perfetto. Purtroppo poi, con i tagli (senza dilungarmi), il progetto per il servizio civile all’Is.IAO non era a bando ed io ho dovuto cambiare percorso. La scelta di un progetto Arci Servizio Civile Roma è stata sicuramente orientata dall’interesse per le tematiche proposte, dalla precedente esperienza, ma anche dalla dimensione ‘politica’ (in senso lato) che sottende al progetto. Attenzione, questo non vuol dire sposare l’orientamento politico dell’Arci, ma la consapevolezza di una dimensione, di un quadro all’interno del quale è costruito un progetto.

IL MIO PROGETTO: Officina dei Diritti 2012

Dopo aver passato ore sui progetti questo sì, questo no, questo forse, questo ho più possibilità, questo mi piace di più, quasi l’ultimo giorno decido e compilo tutto. In breve qualche informazione sul progetto. Dove? Arci Roma settore Immigrazione, Area di intervento: sportelli informa, attività interculturali, Beneficiari: cittadini migranti. In breve (il mio ruolo): sportello legale (consulenza e orientamento per richiedenti asilo e rifugiati), sportello di supporto per le pratiche di cittadinanza, rinnovi permessi di soggiorno,ecc. Bellissimo. Quasi al termine del servizio posso riconfermare la mia scelta. Sto imparando molto, con tutte le difficoltà del caso (l’ambito è estremamente, come dire, di difficile gestione), e facendo molto, con tutte le responsabilità del caso. Ovviamente il progetto comprende 8 volontari ed altre attività correlate alla mia. Mi piace? Sì. Cambierei progetto? No. Lo consiglierei? Sì. Il mio Olp (operatore locale di progetto) tiene sempre a precisare come nelle selezioni lui abbia guardato alle motivazioni, sorvolando sulle competenze (non sono un avvocato, ma un’antropologa, se non l’avesse fatto probabilmente non avrei avuto chance), affermando che l’orientamento e l’attitudine possono essere più importanti di un saper fare che si può apprendere.

E DOPO? Quale prospettiva per i volontari in servizio civile?

Tasto dolente. Quando sono stata selezionata non si sapeva neanche se realmente sarebbe partito il finanziamento per il mio anno di servizio civile. Per fortuna sì. Nell’ufficio dove svolgo il servizio c’era una ragazza che aveva avuto un contratto dopo aver fatto anche lei il servizio. Ora non vedo questa possibilità. Ma senza volermi soffermare su crisi, tagli ecc., il tasto dolente al quale mi riferisco è un altro. Nella recente assemblea nazionale di Arci Servizio Civile, alla quale partecipavano anche i volontari (anche io), le problematiche uscite fuori sono molteplici. Tra quelle che mi stanno più a cuore sicuramente c’è il riconoscimento dello status del volontario, con conseguente valorizzazione delle competenze acquisite. L’altro giorno provavo ad inserire il mio curriculum in un sito istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel quale c’è la scelta obbligata dei campi. Non riuscivo ad inserire la mia esperienza di servizio da nessuna parte. Esperienze lavorative? No, non ho un contratto tra quelli menzionati nel menù a tendina. Istruzione? No. Formazione? No. E allora? Dove la metto l’esperienza che più mi rappresenta in questo momento? La svolta viene dalla riforma del lavoro: educazione non formale,come una scelta intenzionale della persona, peccato che i form non siano aggiornati!

Per concludere il saldo è positivo, ma serve l’intreccio di vari fattori affinché lo sia: si deve avere la possibilità di farlo (anche meramente economica e di tempo); la fortuna di farlo: le domande sono sull’ordine delle centinaia rispetto alle decine (se va bene) di posti disponibili per ogni singolo progetto; avere dei bravi formatori (la formazione è lunga e obbligatoria, ma se fatta bene utile); trovarsi in un progetto bello da fare non soltanto da guardare sulla carta; ecc.

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