COSE DELL'ALTRO MONDO

Riccardo Cristiano

Giornalista e scrittore

Se oggi a Baghdad ci fosse anche Dall’Oglio

Nell’ultima fase della sua esistenza a noi nota, quella successiva alla sua espulsione dalla Siria per decisione di Bashar al-Assad, Paolo Dall’Oglio fu inviato in Iraq dal patriarca caldeo Louis Sako, che gli affidò un monastero a Sulaymanyah. Dunque lui oggi avrebbe tutti i titoli per essere a Baghdad, a ringraziare commosso il suo vescovo di Roma,  Francesco, con la schiettezza e profondità che lo hanno sempre contraddistinto. La dedizione ai successori di Pietro in Paolo era proprio profonda, e per questo schietta, senza peli sulla lingua. Ricordo ad esempio quella volta, nel 2012, quando il Vaticano invitò a non vendere più armi leggere ai siriani (in difesa disperata dall’assalto delle milizie di Assad) e lui twittò “allora diamogliele gratis!” Sapeva, lui cocciuto pacifista, che in assenza di quel corpo di pace e interposizione, che aveva a lungo invocato urlando alla luna, ci sarebbe stata inevitabilmente la feroce, disumana mattanza di innocenti che puntualmente c’è stata. Una mattanza che avrebbe aperto baratri oscuri di odio che lui già immaginava, noi no. Perché quelle vittime si sarebbero sentite tradite, abbandonate dal mondo a chi poi le ha gassate, accatastate in fosse comuni, torturate, scacciate dalle loro città ridotte in macerie.

Oggi secondo me cercherebbe di avvicinare Francesco, con gli occhi lucidi dalla commozione, per dirgli che tutti i fondamentalisti, che in Iraq non scarseggiano, credono che fuori dalla loro verità di fede ci siano solo false credenze e quindi una falsa umanità. Quindi si inginocchierebbe, perché questo viaggio che dice “siete tutti fratelli” colpisce al cuore tutti i fanatismi, tutti gli indentitarismi che negano l’umanità dell’altro. Ovviamente per riuscire occorre raggiungere il cuore di chi si sente negato nella sua umanità dagli altri e per colpe non sue. In prima fila, mormorerebbe con affetto filiale, ci sono i sunniti, che dopo essere stati straziati dall’Isis per via  dell’identificazione con l’Isis che usurpa il loro nome e la loro fede sono ridotti a paria nel loro paese. “Santo Padre, gli tenda la mano ricordando quanti di loro sono stati uccisi dall’isis”, sono certo che direbbe. Ma chiedendo qualche altro minuto gli farebbe lo stesso discorso sugli sciiti, gli direbbe che oggi l’Iraq è terra di conquista khomeinista che sfrutta le lunghe persecuzioni degli sciiti iracheni per imporre la loro conquista militare dell’Islam. Ma gli sciiti iracheni sono le vittime di questo imperialismo, come dimostra la piazza, che dal 2019 si ribella nella sua larga maggioranza sciita all’egemonia degli aguzzini del fu Soleimani.

Cuore della piazza libertaria, fraterna e cosmopolita irachena sono proprio loro, i giovani sciiti che insieme ai sunniti, ai cristiani e ad altri combatte contro lo “statu quo”, che è la corruzione della società e della fede. Cioè combatte per il vivere insieme. Così il suo suggerimento sarebbe di mandare un biglietto “fraterno”, riservato e personale, ad Ala Rikabi, il farmacista sciita di Bassora,  che le piazze irachene in protesta, ferocemente repressa, hanno indicato come loro primo ministro. Quel biglietto amicale e privato sarebbe la bussola del cambio di paradigma che Bergoglio ha avuto il coraggio di portare nel cuore della lotta imperiale per la conquista dell’islam. Questo credo che direbbe in pochi minuti il mio amico Paolo Dall’Oglio, commosso fino alle lacrime per questo enorme passo del suo “Papa”, ricordando che tante volte disse “io appartengo a Roma”.        

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