Basilea: se la stretta di mano a scuola
diventa obbligatoria per legge

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Nel novembre 1925, per disposizione del governo fascista viene introdotto il saluto romano in tutte le amministrazioni civili del regno d’Italia. Nel maggio 2016, per disposizione del governo del Cantone di Basilea, viene introdotta la stretta di mano obbligatoria in tutte le scuole del Cantone. I due contesti sono molto diversi. L’Italia di quel tempo era una dittatura, la Svizzera è una democrazia. Il fatto che in entrambi i casi si sia arrivati ad imporre per legge una forma di saluto lascia dunque un po’ perplessi e richiede qualche riflessione.

In Svizzera vi è, infatti, la tradizione che gli studenti stringano la mano dei loro professori. Si tratta di una bella tradizione, che esprime il rispetto degli studenti per i loro insegnanti, e ad essa gli svizzeri – come a tante altre tradizioni – sono molto affezionati. In una scuola del Cantone di Basilea due studenti musulmani si sono rifiutati di stringere la mano alla loro insegnante perché, secondo loro, ciò era proibito dalla religione musulmana. Questo rifiuto ha causato grandi polemiche che sono sfociate nel provvedimento che rende obbligatorio per tutti gli studenti stringere la mano ai loro insegnanti. Quello che era una tradizione condivisa diviene una norma obbligatoria e una parte del valore della stretta di mano viene perduta quando, invece di una libera espressione di rispetto, diviene un obbligo.  All’interno di una scuola, che per definizione è un luogo di educazione, questa è una sconfitta: si impone ciò che non si riesce ad ottenere con la persuasione. Non sarebbe stato preferibile prevedere una forma alternativa di manifestazione di rispetto degli studenti verso i loro insegnanti, aperta a coloro che non vogliono stringere loro la mano?

La risposta negativa è stata motivata dalle autorità del Cantone con l’osservazione che “l’interesse pubblico relativo all’uguaglianza tra uomini e donne e all’integrazione degli stranieri supera quello della libertà di religione”. A parte il riferimento agli stranieri (che cosa accadrebbe se la stretta di mano fosse rifiutata da un cittadino svizzero di fede musulmana?), è proprio vero che lo studente che viene obbligato, contro la sua volontà, a stringere la mano si integrerà più facilmente di quello a cui fosse concesso di manifestare in un altro modo la propria stima per la sua insegnante? È lecito avere qualche dubbio, ma il nodo della questione non sta qui, bensì nel riferimento all’uguaglianza tra uomini e donne. Sono pienamente convinto che questo è un valore fondamentale della nostra società e che esso va affermato senza incertezze.

Ma il fatto che un uomo rifiuti di toccare una donna significa necessariamente che quell’uomo ritiene la donna un essere inferiore? I dati di cui disponiamo non confermano questa tesi. I musulmani (in realtà una piccola minoranza di essi) che rifiutano di stringere la mano ad una donna solitamente si riferiscono al divieto di ogni contatto fisico tra un uomo e una donna che non siano sposati, divieto peraltro assai controverso tra gli stessi musulmani.  Non credo che questo (supposto) divieto rifletta una concezione dei rapporti tra i due sessi adeguata ad una società moderna,  ma esso non sottintende l’inferiorità della donna. L’unica volta che mi sono imbattuto in questo problema è stato quando una mia studentessa si è rifiutata di stringermi la mano: avrei dovuto sentirmi un essere inferiore?

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