Siria, l’ultimo rapporto dell’Onu: crimini di guerra da deferire alla Corte Penale

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Bisognerà aspettare marzo per conoscere i nomi dei più alti responsabili delle atrocità commesse in Siria negli ultimi due anni, ma i dati già diffusi dalla Commissione di Inchiesta delle Nazioni Unite sullo stato del paese parlano già molto chiaro: i crimini di guerra, le torture, gli omicidi mirati e di massa, il coinvolgimento di minori nel conflitto, dovrebbero portare il Consiglio di Sicurezza a deferire Damasco davanti alla Corte Penale Internazionale dell’Aia.

L’ultimo Rapporto raccoglie in 131 pagine prove dettagliate di crimini di guerra e altri abusi, commessi fino alla metà del gennaio scorso, e si basa sui racconti e le testimonianze di 445 persone fuggite dalla Siria e intervistate dagli investigatori della Commissione. Dagli elementi raccolti emergono i crimini contro l’umanità commessi da parte del governo e delle forze di opposizione negli ultimi sei mesi. Il documento cita massacri, esecuzioni sommarie, torture, attacchi ai civili, violenze sessuali e abusi contro i bambini. Si parla di Daraya e Harak dove le milizie di Assad hanno ucciso più di 600 persone, fra le quali donne e minori. In particolare nel caso di Harak, l’esercito regolare siriano e le unità di intelligence militare e politico potrebbero essere stati accompagnat da membri del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie iraniane.

I bombardamenti sono stati indiscriminati e diffusi, e i ricercatori hanno anche citato alcuni casi di testimoni che hanno assistito alle uccisioni di massa e che a loro volta sono stati giustiziati per questo. Molte sarebbero le esecuzioni compiute al di fuori di qualsiasi ambito giudiziale, in piena violazione del diritto internazionale.

Sono sette i massacri finora accertati, dai dati raccolti con le interviste: cinque compiuti dai “governativi” e due dall’opposizione al regime. Le forze di Assad hanno effettuato attacchi aerei in tutta la Siria, tra Aleppo, Damasco, Deraa, Homes e Idlib, e nel rapporto vengono anche allegate, come elementi di prova, immagini satellitari.

La commissione a questo proposito ha annunciato che il lavoro sulle uccisioni di massa non si è ancora concluso, perché più volte le forze governative hanno preso di mira i civili per punire i presunti sostenitori dell’opposizione; interi quartieri di Damasco sono stati distrutti e persino le persone in fila per il pane o i cortei funebri sono stati presi di mira in diverse città. Dall’altra parte anche le forze ribelli hanno commesso reati come l’omicidio, la tortura, la cattura di ostaggi e l’utilizzo di minori di 15 anni nel conflitto.

In due anni le vittime in Siria sono state almeno 60mila, soprattutto civili intrappolati fra le bombe e i combattimenti a terra. “Dopo tanti mesi di attività investigativa – ha detto Carla Del Ponte, membro della Commissione di Inchiesta – è davvero il momento di agire, e credo che la comunità internazionale e soprattutto il Consiglio di Sicurezza debbano prendere una decisione: deferire la situazione in Siria all’autorità giudiziaria”.

La Del Ponte, già procuratrice generale del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia nel 1999, è entrata nel gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla Siria il 28 settembre scorso, su proposta della delegazione svizzera all’Onu. “Stiamo cercando di fare pressione – ha aggiunto – perché la violenza in Siria sta peggiorando, aggravata dal crescente settarismo e dalla crescente presenza di combattenti stranieri; il conflitto è sempre più militarizzato e le armi in uso stanno proliferando come numero e varietà. E il numero delle vittime aumenta di giorno in giorno”.

Soltanto nella mattinata di ieri, una serie di esplosioni a breve distanza una dall’altra ha sconvolto Damasco, e ci sono decine di morti.

La decisione finale sulla Siria all’Aia però può essere presa solo dal Consiglio di Sicurezza, perché il paese non è uno stato parte e non ha sottoscritto lo Statuto di Roma, il Trattato del 1998 istitutivo della Corte Penale Internazionale. Ma finora un pronunciamento in questo senso non è arrivato, anche per la ferma opposizione della Russia.

Il lavoro condotto negli ultimi sei mesi dalla Commissione, di cui fanno parte, oltre alla Del Ponte, anche il giurista brasiliano Paulo Pinheiro che ne è il presidente, la statunitense Karen Abuzayd e il thailandese Vitit Muntarbhorn, fa seguito a quello cominciato nel 2011 e che già nel settembre scorso, con un precedente Rapporto, aveva messo in evidenza la gravità di quanto sta accadendo il Siria. In quell’occasione il Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu aveva deciso di prorogare la missione della Commissione per raccogliere ulteriori elementi. Anche in quel caso con il voto negativo di Russia, Cina e Cuba.

Vai a www.resetdoc.org

Nella foto: esplosione a Baba Amr, Homs, Siria. Immagine di FreedomHouse (cc)

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