La morte del comandante Zahreddine e gli schieramenti rossobruni

Inosservata, quasi considerata una folkloristica espressione di estremismo non meritevole di attenzione e studio, la galassia rossobruna, che si richiama cioè alla destra e alla sinistra radicali, sembra aver trovato nella leadership siriana un cemento, un volano, per via del suo apparirgli un baluardo contro l’unico imperialismo e l’unico terrorismo. Un rapporto addirittura più forte di quello con Putin e la sua Russia. Quello con l’uomo politico forte del Cremlino appare infatti un asse politico, indicato da molti dei protagonisti di questo mondo come “una salvezza per l’Europa”, “una convergenza indispensabile”.

Ma quello con Assad è un fatto di identità… La visione in bianco e nero che è alla base di questo vasto mondo si identifica con quella proposta dal presidente siriano, e le sue alleanze (Russia, Iran, Hezbollah) coincidono con quelle ritenute necessarie da questo mondo che si definisce nell’avversione totale per gli Stati Uniti, Israele, la globalizzazione. Basta seguire con attenzione questo enunciato di uno dei loro protagonisti, l’associazione Solidartié-Identités (Sol.Id), per capire l’origine del problema e la conclusione etnonazionalista, esclusivista, identitarista, capace di mettere le religioni al servizio delle nazioni e delle loro alleanze: “Per contrastare il rullo compressore della mondializzazione liberale il cui unico obiettivo è l’uniformizzazione del mondo sotto lo scacco finanziario dei mercati, è necessario ed urgente il richiamo a quella solidarietà e collaborazione attiva tra uomini ancora liberi che hanno a cuore la diversità dell’universo e la pluralità delle sue rappresentazioni veicolate da ogni popolazione.
È da questa imperiosa esigenza che i membri dell’associazione Solidartié-Identités si impegnano a mettersi al servizio di tutti quegli uomini che ovunque e attraverso il pianeta, vogliono continuare a vivere sul suolo dei loro padri, secondo le loro leggi, le loro culture, regole e tradizioni.”

Ecco che la sana globalizzazione, quella che unisce in un poliedro rispettoso delle diversità di cui ha parlato papa Bergoglio, diviene qui un muro che separa i figli di Dio lungo le linee delle terre dei padri e delle intangibili tradizioni. È calandosi in questa prospettiva che bisogna leggere quanto è accaduto alcuni giorni fa e che ha portato in un centinaio di città italiane all’affissione di manifesti inneggianti a Issam Zahreddine, uno dei più noti comandanti delle forze armate siriane, recentemente morto a Deir ez Zoor, dove è saltato in aria su una mina dell’Isis.

Il nome di questo maggiore generale della Guardia Repubblicana siriana era stato da poco inserito dall’Unione Europea in una “short list” di individui colpiti da sanzioni ad personam, accusato di uno dei più feroci massacri siriani, quello di Bab Amr. Qualcuno avrebbe potuto pensare che, almeno in Europa, il suo fosse diventato un nome scomodo, anche considerato che proprio in quei giorni all’Onu è stato presentato il rapporto degli inquirenti del Joint Investigative Mechanism che incolpa l’esercito siriano per la strage con gas sarin di Khan Shaykhoun, che il 4 aprile scorso costò la vita a un centinaio di civili, tra i quali donne e bambini.

Parlando di lui la grande stampa ha ricordato la fotografia che lo ritrae vicino a impiccati chiaramente torturati in precedenza e che i familiari di Marie Colvin, la celebre giornalista assassinata in Siria, lo accusano di aver ordinato l’attacco di artiglieria che la uccise una volta appreso dove la famosa reporter era alloggiata. Tra le sue ultime azioni pubbliche spicca un’intervista rilasciata proprio poche settimane fa. Rivolgendosi ai milioni di profughi siriani fuggiti all’estero, dopo aver perso tutto, Issam Zahreddine ha detto: «se sapete cosa è bene per voi, non rimetterete mai piede in Siria.» Ma più di tutto fa riflettere che l’elogio funebre dei sovranisti del giornale on line “Il primato nazionale” citi queste parole del figlio del generale: “Sono il figlio dell’eroe, il martire Generale Issam Zahreddine. Non accettiamo condoglianze, vogliamo da voi congratulazioni e benedizioni per il martirio di mio padre. Completeremo la missione per te, signor Presidente, per la Patria”. Pensando al grande René Girard viene da chiedersi se non vi sia qualcosa di mimetico nella violenza siriana… Soprattutto considerando che l’articolo in questione comincia cosí: “ Se si prova a raccontare la storia di Issam Zahreddine, il generale druso siriano stoico difensore di Deir EzZor, non si può non correre con la mente a un altra storia tragicamente simile nello sfolgorante esempio di eroismo. Duemilacinquecento anni fa, alle foci del fiume Spercheo, sulle rive del golfo Maliaco, un altro comandante segnò con il suo esempio la storia del mondo. Nella strettoia delle Termopili, Leonida I impose ad un nemico soverchiante il prezzo del coraggio. Alla richiesta di resa e di consegna delle armi il comandante Spartano rispose “venite a prenderle”, una frase rimasta celebre nella storia, eletta a bandiera di chi si batte per una vittoria più grande, più nobile, più alta della mera battaglia. Il generale Zahreddine diceva spesso ai suoi soldati: “Chi teme le vette delle montagne vivrà sempre nelle pozze di fango”, esortando i siriani tutti allo slancio“

I manifesti affissi in tantissime città italiane, a cominciare da Roma, sono siglati da Casa Pound e Fronte Europeo per la Siria. Il loro elogio, condiviso e fatto proprio da “Avanguardia Nazionale” è stato qui arricchito da un importante chiosa: “eroe immortale”. Anche un sito web di altro orientamento culturale, l’Antidiplomatico, del quale La Stampa ha scritto che “è registrato a nome di Alessandro Bianchi, un giovane pescato nelle reti della sinistra radicale romana, poi diventato il più stretto collaboratore di Alessandro Di Battista, e utilizzato dal M5S anche per la commissione esteri della Camera” lo ha definito un “eroe”, aggiungendo: “Il generale Zahreddine è stato il comandante 104a Brigata aerea della Guardia repubblicana che ha combattuto eroicamente contro l’ISIS per diversi anni, in particolare durante l’assedio di Deir ezzor.” E in un post apposito ha citato il messaggio del figlio del generale.

Altrettanto fa il portale di orientamento comunista “Ancora fischia il vento”, che tra l’altro scrive: “La sua leggenda era cresciuta sempre di più nei tre anni del lungo assedio di Deir ez-Zor; presente sempre in prima linea con i suoi soldati, era riuscito a salvare la città e i suoi civili da continue ondate di terroristi.” Non ha idee diverse una pagina Facebook di Comunisti per la Siria, che attinge molte notizie a “Palestiniafelix”, plaude il governo Maduro e anche Hezbollah (che però con i comunisti libanesi non ha trascorsi felici). Né è mancata la benedizione di “Ora pro Siria”, dove un lettore da Damasco ha scritto: «Noi cristiani, come tutti i siriani, lo piangiamo come uomo retto, coraggioso e rispettoso verso tutti i suoi soldati, di qualsiasi fede fossero.[…]»

Il fatto che non tutto il mondo “radicale” sia di questo orientamento è molto importante. Il Partito Comunista dei Lavoratori, ad esempio, ha pubblicato uno studio estremamente critico contro la “dinastia” degli Assad. Ma più che rabbia richiede riflessione. Quello che si agita intorno a queste tematiche, sovente percepite o rappresentate come “identitarie”, è invece un mondo bisognoso di “eroi”, ma anche di complotti, un mondo che vede piovre per esprimere rabbia, sentirsi “antagonista” e che sembra trovare in Assad un collante, un riferimento. Lui, secondo questa narrativa, combatte contro i terroristi e gli Stati Uniti, cioè combatte per il bene, contro il male. Per questo assume un rilievo particolare il Fronte Europeo per la Siria. Si tratta di un cartello al quale aderiscono tanti gruppi, molti di estrema destra. L’ impegno nel nome della Siria ha portato alcuni suoi delegati ad essere ricevuti, il 2 febbraio del 2016, dall’allora patriarca melchita Gregorio III a Damasco e da altre autorità religiose, prima che visitassero le città cristiane colpite dai jihadisti di Maalula e Saydnaya.

Ma è proprio dal mondo cattolico che ci è giunta la prima documentata voce su chi ci fosse dietro il Fronte, già nel 2013, l’anno della sua nascita. Il webmagazine dei gesuiti “Popoli”, sottolineata la curiosa convergenza di elementi di estrema destra e di estrema sinistra, scriveva che “promosso dall’associazione Zenit e dal gruppo Controtempo, due piccole sigle dell’arcipelago nero romano, il Fronte ha saputo catalizzare intorno a sé la partecipazione di organizzazioni più consistenti come Casa Pound, l’organizzazione che si ispira all’azione del poeta statunitense Ezra Pound e i cui membri amano definirsi fascisti del Terzo millennio.”

Quando, nel 2013, il neonato Fronte ha convocato un raduno per la Siria al quale hanno aderito molte sigle del mondo rossobruno europeo, proibito dalla Questura, si notò che il cofondatore di questo cartello, Zenit, intrattiene buoni rapporti con i greci di Alba Dorata.
Un elemento che non preoccupa chi dal mondo di sinistra, come il siriano Ouday Ramadan, ha salutato con favore la nascita del Fronte. È infatti un personaggio chiave, da decifrare, sovente indicato come rappresentante ufficiale del governo siriano in Italia. Le sue sono verità all’apparenza semplici, forse troppo semplici, ma che convincono chi ha bisogno di una comprensione che preveda un buono e un cattivo: “Oggi ci troviamo di fronte all‘occupante americano, per depredare le nostre ricchezze. Usa una diversa tattica, adopera l’islamismo partorito dal ventre della vecchia babbiona inglese, quell’islamismo servito a mandare in malora l’Egitto di Nasser. Gli Usa lo hanno spolverato dal cassetto inglese, e lo hanno adoperato per contrastare i sovietici in Afganistan. Oggi lo adoperano in Siria per inginocchiare una nazione non allineata, e per cambiare la fisionomia della nostra Regione.”

Continuando a seguire la pista-Issam Zahreddine troviamo “Lealtà Azione”, organizzazione che definisce il pensiero una “visione del mondo che si richiama ai principi dottrinali, sacri e incorruttibili”. Anche “Lealtà Azione” si ispira alla filosofia “solidarista”, un termine forbito per richiamarsi al pensiero che oppone la comunità alla società.

Attento alla Siria e al dramma dei cristiani è il progetto “Una voce nel silenzio”, che su Issam Zahreddine ha scritto in questi giorni: “Durante un’operazione militare contro l’Isis a Saqr Island, è saltato, su una mina, il convoglio del Generale Issam Zahreddine. Un altro martire in questa guerra che la Siria sta combattendo per la difesa della Patria e della civiltà. Chi cade per difendere questi valori sacri non muore mai ed il ricordo di tutti i soldati siriani morti al fronte vivrà per sempre!”

Si tratta del progetto culturale creato dalla Onlus solidarista Bran-co, filiazione di “Lealtà Azione”, puntuale nel sottolineare sul solidarismo “che nulla ha a che fare la solidarietà pelosa”. Anche qui c’è un particolare rilevante: la Onlus origina nella difesa di valori cari al mondo cattolico, come no all’aborto, no alla pedofilia, e promuove anche tornei sportivi per raccogliere fondi a tal fine. Ma ora l’esigenza di difendere le comunità cristiane li ha fatti muovere su questo terreno, dando ovviamente particolare risalto alla Siria.

Molti “partner” di queste sigle possono anche essere inconsapevoli del loro orientamento. Basti un esempio: il mondo politico fiorentino, dopo aver premiato il presidente di un gruppo denominato “ProgettoFirenze Dinamo”, appreso che questo progetto sarebbe filiazione di “Lealtà Azione” ha cancellato le successive iniziative.
La difesa dei cristiani ha acquisito in questo mondo grande rilevanza, tanto che già lo scorso anno questa Onlus ha realizzato il progetto “Una luce a Betlemme”, scrivendo: “I cuori dei fedeli rivolti verso la Terra Santa sono le pietre vive della Cristianità.”

Questo viaggio ci porta facilmente a scoprire Sol.Id, cioè la Onlus Solidarietà Identità. È proprio Sol.Id ad aver promosso con la Comunità Araba Siriana raccolte fondi per la Siria e “Mediterraneo Solidale”. Il suo primo congresso si è tenuto a Roma il 26 settembre del 2015, ma la Regione Lazio, appreso che tra i promotori c’erano esponenti del movimento libanese khomeinista Hezbollah, che l’Unione Europea ha collegato ad azioni terroristiche, dopo aver concesso il patrocinio all’iniziativa lo ha tolto. Qui, con Rima Fakhri, membro del consiglio politico di Hezbollah, Sayyed Ammar Al Moussawi, responsabile relazioni internazionali Hezbollah, Hassan Sakr, responsabile Affari esteri del Partito Social Nazionalista Siriano, c’erano anche Alise Blanchard, di SOS Chrétiens d’Orient onlus, Monsignor Mtanious Haddad, rettore della Basilica S. Maria in Cosmedin, Madre Agnes Mariam de la Croix, superiora del Monastero Saint Jacques le Mutilé in Qara e lo shaykh Abbas Di Palma, dell’Associazione Islamica Imam Mahdi.

Ci sarebbe ancora tantissimo da riferire: ma non si può tralasciare “Il Faro sul Mondo”, che si presenta così: “In un mondo in cui l’informazione è, sempre di più, plasmata dai centri di potere e dalle loro lobby il risultato non può che essere una società incapace di distinguere il bene dal male, la verità dalla menzogna, di comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato”. Citando Marty Rubin, l’informazione è ciò che si mette nelle teste vuote per tenerle vuote.Nulla di più vero, se si pensa alla manipolazione cui è sottoposta oggi. Una informazione filtrata, distorta, funzionale unicamente ai centri di potere, foriera di un’aridità culturale che si espande a macchia d’olio, il cui unico scopo è quello di addormentare lo spirito critico, sviare le capacità di autonomo giudizio. Il risultato è un deserto di principi e di valori veri, tutti scientemente svuotati e distrutti, affinché i media possano, di volta in volta, giustificare tutto e il contrario di tutto, senza riferimenti solidi ad ostacolarli. In questo quadro di sudditanza culturale, Il Faro sul Mondo vuole essere una voce alternativa, assolutamente trasversale, che sappia dare un’informazione libera e indipendente, che stimoli a riflettere, a riappropriarsi della propria libertà intellettuale.”

Loro hanno aperto “Discover Iran”, ritenendo che la disinformazione presenti l’Iran con lenti distorte, ma chi pensasse “di trovare repressione, diritti umani violati, donne ridotte quasi in schiavitù e bombe atomiche ad ogni angolo di strada pronte ad essere sganciate su Israele, rimarrebbe assai deluso.” E uno dei primi post informa che in Iran prosegue senza soste la lotta al terrorismo, grazie ai Pasdaran.

Anche loro hanno elogiato il generale Issam Zahreddine. E un pregiudizio ben noto e molto significativo emerge in una notizia collegata: “La Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato nuove sanzioni su Hezbollah; i provvedimenti sono stati varati, senza alcuna opposizione, con il pretesto delle attività del Movimento di Resistenza. Ciò mentre Hezbollah combatte contro il Daesh e i Takfiri in Siria e difende il confine libanese dai terroristi. È l’ennesimo sforzo degli Stati Uniti di attaccare e demonizzare l’acerrimo e più pericoloso avversario di Israele e dei terroristi.”

“Con gli occhi della guerra”, giornale on line che invia i suoi collaboratori nelle zone di guerra grazie anche a sottoscrizioni dei lettori, di Issam Zahreddine ha scritto: “ la figura di Zahreddine rimarrà importante e vitale tanto per i soldati quanto per i cittadini di questa provincia: ogni azione, ogni riconquista ed ogni villaggio recuperato dalla morsa del terrorismo jihadista, sarà di fatto una prosecuzione del lavoro che il generale ha compiuto fin quando una mina ne ha comportato la morte in quell’isola di Saker che, per l’appunto, seguendo un incredibile quanto suggestivo incrocio del destino, è stata poi liberata ad una settimana esatta dal tragico incidente.” Destino, liberazione, jihadismo…

In questo caos , come ha scritto Mattia Salvia su Vice, “c’è un elemento in comune: l’emergere dallo sfascio del liberalismo occidentale e il proporre una nuova visione del mondo che vede nella globalizzazione il problema principale dei nostri tempi, che sfocia in una nuova geopolitica dei blocchi totalmente arbitraria sul modello della guerra fredda, che porta al supporto “antimperialista” per il regime siriano di Assad o per i separatisti filorussi di Donetsk, che flirta con l’uomo forte a qualunque latitudine.”

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