L’ISIS che vorrebbe guidare i sunniti
e ora attacca i Fratelli Musulmani

Da Reset-Dialogues on Civilizations

L’ISIS va all’attacco dei Fratelli Musulmani: l’ultimo numero della rivista Dabiq riporta in prima pagina la foto di Mohammad Mursi, ex-presidente egiziano dei Fratelli Musulmani, titolando The Murtadd Brotherhood, La Fratellanza apostata. Non è la prima volta che l’ISIS esprime pareri negativi sulla Fratellanza, ma questa volta, con un’articolo di una quindicina di pagine, viene contestata punto per punto tutta la dottrina dei Fratelli Musulmani.

L’approfondimento inizia con un giudizio che sarà una costante di tutto il discorso, l’accusa di apostasia: “Nel corso degli ultimi decenni, un cancro devastante è emerso, è mutato, e si è diffuso nel tentativo di soffocare l’intera Ummah nell’apostasia. Iniziando da una città egiziana nel 1928CE, si diffuse rapidamente in tutto l’Egitto, nelle terre dello Sham, in Iraq, e, infine, in gran parte delle terre usurpate dai tawāghīt murtadd (usurpatori apostati)”. La Fratellanza viene paragonata ad altre “sette” islamiche, fornendoci l’occasione di comprendere il pensiero dell’ISIS su importanti questioni dottrinali: il pensiero di due pilastri dell’ortodossia islamica come Al Ashari e Al Maturidi – due sapienti vissuti a cavallo tra il IX e X secolo che dettero un contributo fondamentale alla risoluzione delle dispute sul libero arbitrio e sugli attributi divini –viene derubricato a settario ed eretico. L’approccio dei Fratelli, definiti “cancro”, viene descritto come intriso di ideologie occidentali, dal liberalismo al socialismo.

Il pensiero della Fratellanza viene analizzato su numerosi questioni, a partire dai rapporti con la Shi’a e gli shiiti, trattato in paragrafo intitolato Al Ikhwan and the Rafidah (I Fratelli Musulmani e gli shiiti, ove Rafidah è una espressione di disprezzo per definire gli shiiti), in cui si attacca il fondatore dei Fratelli Musulmani, Hasan al Banna, il quale riteneva che gli shiiti non fossero miscredenti. Dopo aver narrato della vicinanza dei Fratelli Musulmani al defunto ayatollah Khomeyni e il loro supporto alla rivoluzione iraniana, si arriva alle accuse riguardo ai rapporti con le altre religioni. Nel secondo paragrafo significativamente intitolato The Ikhwan and the interfaith deviance infatti al Banna viene accusato di amicizia con i “sionisti” perché sosteneva che sostanziali divergenze tra musulmani ed ebrei non fossero religiose, ma politiche. Rispetto ai rapporti con i cristiani, Al Banna viene anche attaccato per aver definito i Copti “fratelli”. “I cristiani sono loro fratelli nella miscredenza” afferma categorico Dabiq.

Si passa al rapporto della Fratellanza con la politica ed il potere, in un paragrafo dedicato al tema della legislazione, dove viene ricordato che Hassan al Banna si candidò due volte al Parlamento egiziano, compiendo “un atto di miscredenza”, mentre l’aspirazione ad un nuovo Califfato, pur espressa da al Banna e presente nell’ideologia dei Fratelli Musulmani viene derisa. Il tema della della democrazia viene poi affrontato con un paragrafo specifico, dove viene definita come “una religione che conferisce l’autorità suprema alla gente piuttosto che ad Allah”, riportando affermazioni e scritti di numerosi esponenti di punta dell’area della Fratellanza, dal chierico Yussuf Al Qaradawi alla quarta guida suprema Abu Nasr, alla sesta Al Hudeybi, fino al contemporaneo Issam al Aryan, che cercano di conciliare islam e democrazia. Il lungo approfondimento sulla Confraternita prosegue con alcuni paragrafi in cui si attaccano le loro posizioni rispetto ai diritti umani e al potere politico accusandoli di aver respinto il jihad. In questo paragrafo emerge nuovamente la centralità del concetto di jihad, inteso come lotta armata, che caratterizza la dottrina del’ISIS, e viene colta l’occasione per polemizzare con Al Zawahiri. I Fratelli vengono descritti come “falsi difensori del jihad” e viene rinnovata l’accusa di apostasia, mentre il leader islamista tunisino Ghannushi e l’ex-presidente egiziano Mursi vengono paragonati a Mubarak e Ben Ali.

Con questa operazione mediatica, l’ISIS dimostra di cercare l’egemonia nel mondo islamico, sferrando un attacco molto forte a quella che è probabilmente la più grossa organizzazione islamica, con una base di decine di milioni di aderenti in decine e decine di paesi tra cui gli Usa e gli stati europei. Questo attacco si inserisce nella contesa per la gioventù, che in numerosi paesi aveva in gran parte appoggiato i partiti islamisti. ISIS percepisce il disorientamento e anche lo scontento che colpisce i giovani in tutto il mondo islamico e cerca di incanalarli nel proprio alveo.

Questo attacco ai Fratelli Musulmani si inserisce dunque in una strategia dell’ISIS più gobalmente tesa a egemonizzare i cuori e le menti della gioventù musulmana: di fronte alle difficoltà dei gruppi islamisti tradizionali, il “Califfato” vuole presentarsi come la nuova alternativa in grado di realizzare le aspirazioni dei musulmani sunniti e fungerne da guida. Il grado di successo di questo tenativo dipenderà dalle scelte strategiche che farà l’Occidente verso il mondo islamico  e gli stati nazionali della regione.

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