La Siria è il “Paese del Male”?

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Sta facendo molto discutere Il Paese del Male, il libro appena uscito della Neri Pozza, firmato da Domenico Quirico e Pierre Piccinin; il diario dei 152 giorni trascorsi sotto sequestro in Siria, conclusi lo scorso settembre. Un testo che sin dal titolo, tranchant e senza mezzi termini, racconta “il Male. Maiuscolo, perché si tratta di quel male inflessibile e senza mistero”.

L’inviato de La Stampa, accompagnato nella sua drammatica esperienza dallo studioso belga Pierre Picinnin da Prata, sottolinea che “per aver diritto di parlare del Male, di raccontarlo con decenza e onestà, è necessario rispettare la regola che vale per il dolore: bisogna averlo vissuto, condiviso, pagato”. Inizia così un lungo viaggio, durato circa cinque mesi, privati delle libertà anche più banali, fra quelli che lui definisce “musulmani malvagi, a centinaia, a migliaia”.

“Se per 152 giorni, in un paese intero, percorso da sud a nord a est, ho trovato un solo Giusto – sostiene Quirico – allora la Siria è davvero il Paese del Male. Perché è abitato oggi da uomini che lo compiono, quotidianamente e banalmente, come fosse la normalità della vita. La guerra, i morti che si accumulano da ogni parte, due anni di combattimenti hanno imbracato questa parte del mondo nel vizio del Male. La guerra li ha penetrati a uno a uno nel suo corpo, se ne può seguire la traccia nella profonda intimità delle anime travolte e contaminate. I siriani invocano continuamente Dio, il Dio dell’Islam, e lo bestemmiano con ogni loro azione”. Poco spazio al dubbio, dunque, (nonostante la breve ammissione che “non tutti i siriani sono così, certo”), e una sentenza. “La sentenza – si legge ancora – è: colpevoli. Colpevoli non di violenza, di sequestro, di furto, di misere infrazioni della legge, ma colpevoli di collettiva assenza di pietà, la colpa più grande”.

Il Paese del Male non esiste

Prima ancora della pubblicazione del libro, subito dopo la sua liberazione, Domenico Quirico aveva definito la Siria “il Paese del Male” e già allora il primo sconcerto, di molti. Anche in Francia, dove il giornalista italiano ha vissuto e lavorato come corrispondente e dove il quotidiano Libération scriveva : “L’affermazione – io ho incontrato il Paese del Male – è un non-senso accompagnato da una negazione. Un non-senso evidente perché ‘il paese del Male’ non esiste, né può esistere”. La scrittrice libanese Dominique Eddé spiegava sulle pagine del quotidiano francese che “in un momento in cui il regime di Damasco sta riguadagnando spazio sulla scena internazionale, e in cui il popolo siriano è più che mai preso in ostaggio in una tenaglia dalle forze di Assad, da un lato, e da jihadisti e gruppi mafiosi, dall’altro, ridurre la Siria e la sua gente a un’unica parola – il Male – è inaccettabile”.

Anche in Italia, sulla rete si è sviluppata un’ampia discussione tra blogger e giornalisti, arabisti e orientalisti, fino alla campagna lanciata in queste settimane dal sito SiriaLibano, che si chiama proprio “La Siria NON è il paese del Male…”. Una campagna “contro i qualunquismi”, in cui si chiede a chi non è d’accordo con “l’implicita apologetica di regime e si sente di voler motivare la sua convinzione” di “farlo su questo muro scrivendo in poche righe il suo pensiero”.

E tra le varie motivazione ne spicca una: “La Siria non è il paese del Male, perché alla fine di giugno 2013, un ufficiale dell’Esercito libero siriano ha rischiato la propria vita per avvicinarsi a Domenico Quirico e Pierre Piccinin, allora prigionieri nelle campagne a est di Qusayr. Questo siriano ha tentato per settimane di mediare per la liberazione dei due europei grazie ai suoi contatti nelle brigate coinvolte nel rapimento. La sua lettera del 24 luglio 2013, di cui conserviamo una copia (dettagli su questa vicenda possono essere resi noti su richiesta e nelle sedi opportune), si chiudeva così: “Non ho paura che facciano del male a me: sono un membro dell’Esl e ho amici armati, ma sono preoccupato per i due giornalisti. Spero siano ancora vivi. Proverò ad avere informazioni più accurate e recenti su di loro presto, Inshallah. Prometto di fare del mio meglio e auguro loro di ritrovare le loro famiglie” .

La resistenza nonviolenta

C’è anche un’altra ragione, fra le altre, per cui “la Siria Non è il Paese del Male”, ed è l’esistenza e la resistenza di un movimento nonviolento e di attivismo pacifista nonostante due anni e mezzo di bombe, arresti e torture. Persone che ogni giorno lavorano per la ricostruzione della società civile che dovrà poi prendere in mano il futuro di un Paese distrutto. Come fanno al Centro per la Società Civile e la Democrazia in Siria (CCSDS), attivo sin dall’inizio e fondato da una donna, Rajaa al-Talli, che proprio al lavoro svolto dalle donne deve la sua sopravvivenza. Il CCSDS tenta di diffondere i valori fondamentali alla base delle istituzioni democratiche, dopo anni di regime e di partito unico e dopo trenta mesi di guerra civile. Sono molte le ONG che lavorano con grande fatica, senza i requisiti minimi di sicurezza e alla prese con la mancanza di risorse economiche e con la volontà di resistere alla pressione dei gruppi islamisti, i principali finanziatori potenziali. L’obiettivo, adesso, di fronte ai morti, agli sfollati e ai rifugiati che hanno bisogno di tutto, può sembrare futile, ma la democrazia, spiegano le attiviste, “è un processo”.

Il movimento nonviolento in Siria si incontra ovunque nel Paese, come testimonia la mappa interattiva disegnata dalla ONG Syrian Nonviolence Movement che permette di scoprire luoghi dove sono state svolte attività e manifestazioni pacifiche, nomi dei gruppi e link con video, immagini e pagine social relative. Mentre fanno notizia le notizie di guerra e distruzione, c’è quindi tutta un’altra e ampia parte della società civile che conduce da tempo una lotta pacifica il cui obiettivo è sociale prima ancora che politico.

Il SNM si ritrova anche sui social network, con due pagine sorelle, una in arabo (quella che ha indubbiamente più contatti) e una in inglese, entrambe fanno capo allo stesso sito in cui si sottolineano le finalità del movimento e cioè la creazione di una società plurale fondata sui valori della giustizia, libertà e dignità. I protagonisti sono giovani che lavorano anche fuori, nei campi ai confini con la Turchia; quella spinta all’interno del Paese che riflette ancora lo spirito iniziale della rivoluzione.

La Siria oggi e i crimini contro l’umanità

La Siria è un Paese martoriato da quasi tre anni di guerra civile. Il bilancio dei morti aggiornato dall’Osservatorio per i diritti umani in Siria è di 125mila 835 persone uccise, fra cui 44.381 civili, dei quali 6.627 bambini e 4.454 donne. Bisogna ricordare, poi, che in un contesto di guerra civile anche i miliziani sono nella maggior parte dei casi civili, padri o giovani che hanno abbandonato la casa e che hanno imbracciato le armi a difesa della propria famiglia, della propria terra e della propria gente.

Secondo i dati dello stesso osservatorio, sarebbero 27.746 i combattenti dell’opposizione morti 19mila dei quali, infatti, civili che si sono uniti alla rivolta. Ci sono poi i disertori dell’esercito di Assad (2.221) e gli stranieri (6261), molti dei quali legati alla galassia jihadista. Dall’altra parte, sono quasi 51 mila i soldati regolari uccisi, in questi tre anni.

Impietoso anche l’ultimo rapporto di UNHCR dal titolo “Famiglie fratturate”. La Siria che è descritta nel libro “Il Paese del Male” è anche quella che soffre per i suoi 3700 orfani, i 2 milioni e duecento mila rifugiati, la metà dei quali sono bambini; per le 70.000 famiglie senza più padre; è anche il luogo dove la commissione d’inchiesta sulle violazioni dei diritti umani guidata dall’Alto commissario Navi Pillay “ha prodotto prove massicce di crimini molto gravi, crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Gli investigatori delle Nazioni Unite hanno provato torture, uccisioni di massa e stupro, di cui sono responsabili, principalmente, gli uomini del regime. La lista dei responsabili c’è, ma non è stata pubblicata, pronta ad essere utilizzata in eventuali processi futuri. Questa volta, però, la Pillay ha suggerito indirettamente il nome di Bashar Al Assad: “le prove indicano la responsabilità ai più alti livelli governativi, incluso il capo dello Stato”.

È questo dunque “Il Paese del Male”? Le cronache quotidiane raccontano certamente di molto male subito e, indubbiamente, di male e dolore inferti che, però e purtroppo, non sono prerogativa di un solo Paese, di un solo popolo e di una sola guerra. Sarebbe bello sapere cosa pensa di questo Padre Paolo dall’Oglio, che più di tutti conosce la Siria e i siriani, che ha speso trent’anni della sua vita per promuovere proprio il dialogo islamo-cristiano, e che è scomparso in Siria ormai da più di quattro mesi.

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