Immigrazione, la doppia faccia dell’Europa

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Da un lato l’accoglienza, le politiche a favore dei rifugiati e gli studi che testimoniano l’importanza di una società europea multiculturale e integrata. Dall’altro l’avanzata inarrestabile dei movimenti estremisti, che si radicano nei diversi Stati membri e tessono reti internazionali. Le due facce dell’Europa non potrebbero essere più discordanti tra loro sul tema dell’immigrazione. Di fronte a questa dicotomia le istituzioni di Bruxelles hanno cominciato a interrogarsi sul modo in cui opporsi alle varie forme di radicalismo che conducono alla violenza e alla xenofobia.

Il 2 febbraio per le strade di Atene sono sfilati oltre cinquemila sostenitori di Alba dorata, il partito nazionalista simbolo dell’avanzata dell’estremismo di destra in Europa, per commemorare la contesa dell’isola di Imia, che nel 1996 innescò una crisi tra Grecia e Turchia. I manifestanti sono passati davanti all’ambasciata statunitense brandendo torce accese e intonando slogan contro Washington – che all’epoca intervenne per evitare uno scontro militare – contro la Turchia e contro gli immigrati. Il giorno successivo a Stoccolma il Reform Institute ha pubblicato un rapporto (eccolo in svedese) che dimostra che le città svedesi più densamente popolate da immigrati sono meno colpite dai problemi sociali. È trascorso ancora un giorno e, il 4 febbraio, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse) ha avvertito che la crescita economica della Germania dipende dall’immigrazione e se il paese non attirerà un maggior numero di lavoratori stranieri subirà più duramente le conseguenze della crisi globale. Tre episodi che sono frutto dei diversi approcci all’immigrazione predominanti in Europa, a seconda dei quali gli immigrati sono considerati un ostacolo allo sviluppo, una ricchezza culturale e sociale o una risorsa economica.

Di fronte alla crescita dei partiti e dei movimenti di estrema destra più o meno apertamente contrari agli immigrati, il 29 gennaio la Commissione europea ha riunito ministri e politici di alto livello per discutere i diversi aspetti del radicalismo con gli esponenti del Radicalisation Awareness Network (Ran), una rete creata a settembre del 2011, in seguito agli attentati di Oslo per mano del fanatico di destra Anders Behring Breivik, con la finalità di aiutare gli Stati europei a evitare manifestazioni di estremismo e a diffondere la consapevolezza del fenomeno all’interno delle società. Tra le soluzioni proposte, la creazione di piattaforme e reti per favorire la cooperazione e la circolazione delle informazioni tra i vari attori della società civile – scuole, polizia, amministrazioni ed enti locali, strutture sanitarie – che possono individuare e ostacolare i segni del radicalismo. Un ruolo importante nella prevenzione dell’estremismo violento è stato poi affidato alle diaspore e alle comunità straniere, che possono costruire una resistenza interna alle ideologie sovversive e avviare un dialogo più stretto con le istituzioni locali e nazionali. Altrettanto importante è utilizzare i nuovi media e internet per diffondere messaggi a favore dell’integrazione e del multiculturalismo.

Quelli individuati dalla Commissione europea sono sostanzialmente gli stessi strumenti usati in senso opposto dal partito greco Alba dorata per diffondere la propria ideologia estremista. Alcuni giornali hanno infatti riferito che gli esponenti del movimento di estrema destra hanno iniziato un’aggressiva campagna di reclutamento nelle scuole, nelle palestre, nei bar e nei luoghi di ritrovo di quartiere, soprattutto in quelli più degradati e con un tasso maggiore di disoccupazione. Ma il gruppo è molto attivo anche a livello internazionale, grazie all’uso intenso delle nuove tecnologie. L’agenzia di intelligence della Baviera ha rilevato numerosi contatti tra membri di Alba dorata e le cellule neonaziste presenti nel Land tedesco, che vengono poi alimentati da visite reciproche e da incontri durante gli eventi organizzati dai movimenti di estrema destra in diverse parti di Europa.

L’emergere sempre più aggressivo di gruppi estremisti che si oppongono alle minoranze come rom, musulmani e immigrati, facendo leva sulla crisi economica e sulla disaffezione nei confronti della politica tradizionale, ha spinto la Commissaria europea per gli Affari interni, Cecilia Malmström, a lanciare l’allarme il 28 gennaio sulla possibilità che le aspirazioni razziste e nazionaliste si affermino anche all’interno del Parlamento europeo in seguito alle elezioni del 2014.

Eppure l’equazione tra immigrazione e disagio sociale è stata smentita da diversi studi e ricerche. Stefan Fölster, a capo del Reform Institute, che ha pubblicato un rapporto basato sull’Indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite, redatto adattando 18 categorie alla Svezia, ha reso noto che “le 20 città che hanno ottenuto il miglior punteggio hanno più immigrati rispetto alla media, vale a dire il 14,4 per cento. Non è stata individuata alcuna tendenza delle città con un numero più elevato di immigrati a ottenere risultati peggiori delle altre”. Le conclusioni dello studio indicano che è sbagliato ridurre il dibattito pubblico sui problemi sociali della Svezia alla questione dell’immigrazione. Come dimostra anche il rapporto dell’Ocse, in base al quale se la Germania non riuscirà a introdurre un numero maggiore di lavoratori stranieri ci sarà un impatto negativo non solo sulla crescita potenziale, ma anche sull’economia reale, l’immigrazione è la chiave dello sviluppo europeo. Lo ha scritto anche il professore dell’università di Oxford Robert Hahn sul Financial Times: “Gli immigrati creano ricchezza e posti di lavoro sia nel paese in cui emigrano sia nel loro paese di origine”. Sarà quindi necessario dare spazio e occasione di esprimersi a questa forza multiculturale e dinamica perché l’Europa dell’integrazione e della convivenza abbia il sopravvento su quella delle correnti estremiste e delle violenze razziste.

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Foto: “The Italian Dream”, di FlavioCDC (cc), davanti una fabbrica a Prato

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