Il Qatar alla ricerca di identità. Con un libro di storia e un mito fondatore

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Quando il Qatar guarda l’Occidente non teme il confronto sul piano economico, né politico, ma storico. L’emirato ha il PIL pro capite più alto del mondo e un fondo sovrano più dinamico di molte economie europee, ma una ricchezza arrivata da un giorno all’altro senza conquiste e fatiche, grazie alla scoperta delle terze riserve di gas più grandi del mondo.

Sul piano politico il Qatar ha tentato di emergere come player regionale e come la Ginevra del mondo arabo: se anche la cosa non sembra aver avuto successo con i negoziati tra talebani e Stati Uniti mai iniziati a Doha e l’opposizione siriana più frammentata che mai dopo vari tentativi di riunione nella capitale qatarina, l’emirato sembra comunque orgoglioso del tentativo politico che avvicina il Paese a modalità, a un linguaggio e ai circuiti dei sistemi occidentali. Il vero punto debole sembra essere storico: non avere un passato glorioso, non aver giocato nessun ruolo nella storia mondiale, non essere esistito sulle mappe internazionali per secoli.

Mohamed A. J. Al Thani, ex ministro dell’economia del Qatar, ha tentato di compensare questo vuoto storico creando un eroe nazionale secondo i canoni tradizionali dell’Occidente e scrivendo la sua storia. L’ex ministro qatarino scrive in inglese, e non in arabo, il libro Jassim, the leader, founder of Qatar, pubblicato non da una casa editrice locale, ma da una di Pine street a Londra, e racconta la storia del fondatore dell’emirato rivolgendosi spesso alla “Western audience”, eliminando ogni dubbio su chi sia il destinatario del libro.

Jassim bin Muhammad bin Thani è un uomo d’intelletto e di coraggio, un poeta che ha combattuto gli Ottomani, gli inglesi e varie tribù nella regione “non per la gloria personale, ma per vedere i più deboli liberi di nuovo”, come recita la poesia di apertura e chiusura del libro. Per togliere ogni dubbio sulla sua collocazione storica, Mohamed Al Thani definisce Jassim come “il patriarca dei tempi antichi”. Nato nel 1825 da commercianti di perle, Jassim incarna l’eroe nazionale che il Qatar cercava per potersi sentire una nazione, per avere qualcuno nel passato da affiancare agli innumerevoli personaggi storici dell’Occidente.

Non vi erano scuole in Qatar quando Jassim era giovane, eppure il ragazzo studiò, imparò a leggere, scrivere, fare i calcoli, recitare il Corano a memoria e cacciare nel deserto con i falchi. A 23 anni Jassim è un guerriero, combatte e vince contro quello che viene definito come “il più famoso guerriero del deserto”, Musa’id. Anche i suoi nemici riconoscono il suo valore e la sua forza, ed è Jassim a dare i primi simboli a questa nazione, issando per la volta la bandiera rossa e bianca del Qatar. Dopo una vita eroica ed esemplare, Jassim muore a 88 anni nel sonno, degna morte di un uomo giusto.

Nel raccontare la storia di Jassim, l’ex ministro descrive le ricchezze del Qatar in esplicita contrapposizione all’Occidente. I cavalli arabi, agili e dal sangue nobile, non pesanti come la cavalleria europea. Le barche più leggere di quelle europee e con vele che permettono una navigazione più veloce. Il deserto, che alimenta uno spirito di osservazione a cui gli occidentali non sono abituati. Le perle del Golfo invidiate e bramate dalla nobiltà europea e ritratte da un artista occidentale come Vermeer. Viene tirata in causa anche Margherita di Savoia, regina e madre di Vittorio Emanuele III, che pare avesse la più lunga collana di perle del 20esimo secolo: perle che in quel periodo venivano soprattutto dal Golfo Persico, ossia dalle acque di Doha.

Il Qatar viene descritto come la terra di nessuno, dove fino al 1966 ognuno commerciava con la propria moneta senza che ve ne fosse una nazionale. Vengono descritte battaglie tribali interne, e i rapporti con i Paesi confinanti si riflettono nelle vicende familiari, come l’uccisione del figlio di Jassim da parte di un membro di una tribù di Abu Dhabi, oggi capitale degli Emirati Arabi Uniti (EAU). Compaiono nomi di tribù che oggi ritroviamo nei cognomi dei cittadini qatarini, tra cui anche gli Al Thani, gli attuali regnanti del Paese, che vengono descritti come una tribù nomade che nel 18esimo arrivò in Qatar dall’Arabia Saudita, dal nord-est di Riyadh. Dare una storia al Paese mira anche a creare l’identità di un popolo che non era certo di poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori e trasmigratori, ma che sembrava dividersi tra i nomadi venuti dal deserto, come gli Al Thani, e coloro che vivevano del mare, del pesce e delle perle. Fra queste due categorie ve ne era una terza molto ampia, sia nel passato che nel presente del Qatar. L’ex ministro spiega che “Città chiave nella penisola ospitavano fuggitivi politici e pirati in fuga dalla giustizia inglese e dalle prigioni del Bahrein” (pag.50), ossia stranieri, ma stranieri diversi da quelli che oggi rappresentano il 90% della forza lavoro nel Paese e che fuggono solo dalla crisi economica.

Il libro di Mohamed Al Thani sembra il primo libro di storia del Qatar. Sorprende il fatto che sia scritto per un pubblico straniero e non per la popolazione locale, come se la priorità non fosse creare un’identità storica qatarina, ma averne una da poter esportare e contrapporre a un Occidente con cui è difficile confrontarsi.

Nessuno si è stupito infatti quando, durante la conferenza stampa di presentazione del libro a Doha, è stato chiesto quando verrà realizzato un film hollywoodiano sulla storia di Jassim. Non vi è eroe nazionale in Occidentale senza almeno un film in grande stile sulla sua storia. Probabilmente ora c’è chi si sente sollevato in Qatar pensando che manchi solo un film su Jassim per ridurre quella voragine culturale che il Paese teme di avere rispetto al mondo occidentale.

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