Erdogan-Gülen, una storia turca
di opportunismi, odio e repulisti politici

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Il giorno dopo le elezioni che hanno sancito la vittoria di Erdoğan, la Turchia si è svegliata leggendo di 44 funzionari di polizia silurati, il direttore e il responsabile editoriale di una rivista arrestati, il direttore del quotidiano più letto del Paese colpito da un ordine di arresto, 71 giornalisti licenziati. In quest’ultimo caso si tratta delle redazioni dei quotidiani Bugun e Millet, nonché dei canali televisivi BugunTv e CanalTurk, posti in amministrazione controllata i primi, sloggiate dal satellite le seconde, nella settimana precedente il voto.

I protagonisti di queste vicende sono stati accusati far parte della Cemaat, l’organizzazione di Fetullah Gülen, alla quale il presidente Recep Tayyip Erdoğan e l’intero partito della giustizia e dello sviluppo Akp si riferiscono con il termine di “struttura parallela” e alla quale hanno dichiarato guerra.

Una guerra che il presidente turco combatte senza esclusione di colpi verso quella che ormai è definita apertamente una “organizzazione eversiva che crea terrore”. Un terrore diverso dalle bombe dell’Isis o dagli attacchi del Pkk. Questa “struttura parallela” infatti, secondo l’Akp, agisce sul consenso attraverso un uso strumentale della giustizia e propaganda mediatica, mirando così a sovvertire il volere del popolo e i principi della democrazia. Una strategia di azione capace di terrorizzare il partito al potere, che con l’ultima vittoria elettorale ha dato il via alla resa dei conti finale, probabile ultimo atto di una storia che segnato gli ultimi 15 anni della storia della Turchia e che dice molto sull’ascesa al potere dell’Akp.

Chi è Fetullah Gülen

Gülen nasce ad Erzurum nel 1942, riceve un certificato grazie al quale può predicare come imam, attività che svolge prima a Edirne e poi a Izmir, fino al 1971, anno in cui viene arrestato con l’accusa di svolgere “attività religiose clandestine”. Da quel momento in poi i militari gli renderanno la vita sempre più difficile, fino al 1981, anno in cui si ritirerà ufficialmente dall’attività di imam.

Nel 1998 si autoesilia negli Usa. Il suo potere deriva da un capitale stimato in 25 miliardi di dollari – architrave di una rete di banche, agenzie di intermediazione ed analisi finanziaria,televisioni, testate, fondazioni, scuole, università. Le istituzioni scolastiche insieme ai media di sua proprietà, sono il vettore del Gülen-pensiero. Basandosi sugli insegnamenti di maestri sufi le cui idee si fondano sulla tolleranza e sulla moderatezza, a partire dagli anni ‘70 elabora una dottrina attraverso cui l’Islam può armonizzarsi alla modernità e coniugare un equilibrato conservatorismo religioso con temi come tecnologia e bioetica. La sua grande capacità comunicativa, unita alle sue conoscenze negli Usa, gli hanno permesso di essere considerato un intellettuale di rango,educatore riformista, esempio di Islam moderato.

Tra le figure di riferimento di Gülen vi è stato Said Nursi (1878-1960), oppositore di Ataturk nella nascita della Repubblica turca, portatore di un’idea di nazionalismo basata sui principi islamici e risultata perdente nel confronto con lo stesso Ataturk.

Il Gülen pensiero ha assunto nel tempo forti connotazioni anti-arabe, anti-iraniane, filo-israeliane e, più in generale, filo-occidentali – considerata la grande vicinanza dello stesso Gülen all’estabilishment Usa.

Questo mix tra nazionalismo e religione ha permesso agli uomini di Gülen di insinuarsi nelle alte sfere, prima della polizia ed in seguito della magistratura. Questi elementi costituiranno il nucleo dell’offerta di alleanza che Gülen propone ad Erdoğan nel 2002.

2002-2010: gli anni dell’alleanza

Uniti dalla necessità di far fronte contro il nemico comune rappresentato dall’esercito, entrambi desiderose di ampliare la propria sfera di influenza, il binomio Akp-Gülen trarrà reciproco vantaggio dall’unione delle forze. A partire dal 2003 indagini della polizia, congiunte ad inchieste della magistratura iniziano a minare l’immagine stessa dei militari ed il relativo tutorato esercitato sulla nazione.

A seguire, inchieste giudiziarie come Ergenekon e Balyoz (2008 e 2010), hanno rivelato la presenza di organizzazioni occulte. Per dare un’idea, basta dire che l’ex magistrato Felice Casson è stato invitato ad Ankara per tenere una conferenza sui punti di contatto tra Ergenekon e Gladio. Queste inchieste hanno avuto l’effetto di eliminare dalla scena politica alti esponenti dell’esercito, magistrati e accademici scomodi o vicini ai nazionalisti.

Questa progressiva perdita di potere ed influenza da parte dei militari ha permesso all’Akp di promuovere e stravincere il referendum del 2010, attraverso il quale veniva pesantemente emendata la Costituzione del 1982, figlia del colpo di stato militare del 1980. Questi emendamenti hanno operato un significativo trasferimento del controllo e del potere di nomina dei vertici e dei Giudici Costituzionali in capo all’esecutivo in carica, rimettendo in capo alle corti civili esponenti dell’esercito per reati commessi al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni.

Mentre l’esercito subiva colpi durissimi, uomini vicini a Gülen rafforzavano le proprie posizioni all’interno delle istituzioni giudiziarie, offrendo una sponda sempre più sicura al partito di Erdoğan. Se le cose non fossero andate così o la corte costituzionale o i militari avrebbero fatto sparire l’Akp. D’altro canto, il benefit reciproco consisteva anche nella scalata al potere che politici vicino a Gülen potevano compiere all’interno dei quadri dell’Akp.

Ad un certo punto però, qualcosa si rompe.

2011: fine del sodalizio

Le alleanze sono spesso strumentali all’eliminazione di un nemico comune, neutralizzato il quale, viene meno il senso dell’alleanza stessa.

La crescita esponenziale di un gruppo di potere diverso da quello dell’Akp,unita alla progressiva crescita dei media legati a Gülen, non poteva non suscitare timori in un politico navigato come Erdoğan.

Quando vengono presentate le liste elettorali elettorali dell’Akp, alla vigilia delle elezioni del 2011, circa 70 politici considerati da sempre vicini a Gülen rimangono fuori. Contemporaneamente l’intero pacchetto di riforme presentato dall’Akp per modernizzare la pubblica amministrazione, finisce per tradursi in un repulisti, in particolare nel Ministero della Pubblica Istruzione, particolarmente caro a Gülen, la cui reazione non tarda ad arrivare.

All’inizio del 2012, Hakan Fidan, capo dei servizi segreti turchi (Mit), ed altri cinque esponenti degli stessi – tutti fedelissimi di Erdoğan – vengono colpiti da un ordine di comparizione dinanzi al magistrato. Il premier è poi costretto a far approvare in fretta una legge per toglierli dai guai. Sul contenuto delle informazioni rese da Hakan Fidan al magistrato, l’ipotesi che si è fatta strada è che uomini del Mit fossero presenti a Uludere al momento della strage dell’inverno del 2011, costata la vita a 33 civili curdi. Sullo sfondo, alcuni misteriosi incontri avvenuti tra lo stesso Fidan ed Abdullah Öcalan, leader del Pkk, detenuto nella prigione di Imrali.

Tuttavia, l’effetto ottenuto ha avuto conseguenze sia dirette che indirette. Si è voluto colpire direttamente Erdoğan, privandolo dei suoi fedelissimi nelle alte sfere dei servizi segreti. Indirettamente, poi, tali fatti hanno causato una notevole perdita di consenso, dovuta al fallimento delle politiche con i curdi e alla corresponsabilità nella strage.

Da questo momento in poi, Erdoğan inizierà a parlare di una “mente suprema” o una “struttura parallela” dietro questi attacchi da parte della magistratura.

Gli ultimi scontri e la vittoria di Erdoğan 

Un ulteriore punto di svolta avviene a dicembre 2013, quando la Turchia è scossa dallo scandalo corruzione che travolge 4 ministri, parlamentari e relativi familiari, nonché uomini d’affari, tutti vicini al partito Akp. Tra le intercettazioni viene fuori un contestatissimo nastro in cui l’allora premier Erdoğan, ordina a suo figlio Bilal di “azzerare” i 25 milioni di dollari che erano in casa. Tutto l’Akp punta il dito contro “la struttura parallela”, rea di voler condizionare le elezioni dei mesi seguenti.

La gente crede al partito del premier, che il 31 marzo 2014 vince le elezioni amministrative. Il 10 agosto seguente Erdoğan viene eletto Presidente della Repubblica in un’elezione che sancisce la sconfitta di Gülen – il quale, intanto, pare aver perso la forza comunicativa di un tempo.

A Dicembre 2014, 31 giornalisti del quotidiano Zaman e della tv Samanyolu – entrambe appartenenti a Gülen – finiranno in carcere nell’episodio più significativo della ritorsione posta in atto in seguito allo scandalo corruzione.

Appena cinque giorni prima delle elezioni dello scorso giugno, la pubblicazione di immagini relative il passaggio di armi verso la Siria, con la benedizione dei servizi segreti turchi e l’apertura di un’indagine, ha sollevato nuovamente l’Akp che ha accusato senza mezzi termine la “struttura parallela” di voler condizionare le elezioni. Cinque giorni dopo il partito di Erdoğan perde la maggioranza, la coalizione non si fa e si torna al voto.

Lo scorso 1° novembre Erdoğan stravince: è il via libera a una resa dei conti spietata nei confronti degli uomini di Gülen, ma allo stesso tempo torna il dubbio che la “struttura parallela” possa essere lo strumento per giustificare l’eliminazione di ogni voce critica nei confronti del Presidente.

Leggi la monografia Arab Media Report “L’impero mediatico di Gülen di Lea Nocera

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