Egitto, impugnata la sentenza che ha fermato il voto. Morsi messo alle strette

Da Reset-Dialogues on Civilizations

L’Esla, Egyptian State Lawsuit Authority ha deciso di impugnare la sentenza con la quale il Tribunale Amministrativo del Cairo ha annullato il Decreto Morsi che aveva indetto le elezioni il prossimo 22 aprile. L’authority rappresenta il Presidente, il Ministro della Giustizia, e il capo della Shura, la camera alta del Parlamento egiziano. L’udienza è stata fissata per il 17 marzo, e nel frattempo questo ennesimo stop alla ricostruzione delle strutture politiche nel paese rischia di minarne ulteriormente la già precaria situazione.

Il giudice aveva motivato la decisione di sospendere la data delle politiche spiegando che Morsi aveva ratificato la nuova legge elettorale ma senza inviarla alla Corte Suprema per l’approvazione, come previsto dalla Costituzione, e dunque sarebbe stato impossibile procedere.

Qualunque sarà l’esito del ricorso, la decisione ha rappresentato un duro colpo per Morsi, che aveva sperato nel voto per portare un periodo di stabilità dopo mesi di proteste, e che invece ancora una volta vede marginalizzare il suo ruolo, segnato da compromessi e passi indietro dall’elezione nel giugno scorso. “E’ stata una decisione sbagliata e che ha rafforzato la sensazione che le decisioni di Morsi non siano mai portate avanti con competenza”, ha commentato uno degli analisti politici dell’Università del Cairo, Mustafa Kamel al-Sayyed.

L’opposizione del Fronte di Salvezza Popolare, già pronto a boicottare il voto bollato come il frutto di una legge elettorale imposta dalla Fratellanza, ha letto nella sentenza l’ennesima prova del fallimento del Governo, e ha continuato a chiedere le dimissioni dell’esecutivo Qandil e la formazione di un governo di unità nazionale che possa emendare la costituzione adottata a dicembre.

La breve carriera alla presidenza di Morsi appare puntellata da ingerenze, anche da parte dell’esercito nei suoi confronti, e tentativi da parte sua di rimarcare il proprio spazio di manovra politica.

Già nel giorno del voto, il 17 giugno 2012, il maresciallo Tantawi, a capo del Consiglio Supremo delle Forze Armate, emana una legge che regola il funzionamento del Consiglio di Difesa nazionale, che dovrà essere presieduto dal nuovo presidente eletto, ma che sarà di fatto composto in prevalenza da militari e non potrà prendere decisioni se non con un’approvazione a maggioranza. Il Parlamento di fatto viene sciolto, come stabilito dalla Corte Costituzionale.

Dunque il debutto di Morsi è segnato da una stretta convivenza con i militari, che si assumono il potere legislativo, anche se appena un mese dopo, il 9 luglio, il presidente spiazza tutti e ordina al Parlamento di ricostituirsi fino a quando non ne sarà eletto uno nuovo: è la prima sfida aperta all’esercito, che riconsegna il potere in mano alla maggioranza, i Fratelli Musulmani. L’altro episodio che ha segnato i rapporti di Morsi con gli egiziani e ha messo in discussione tutta l’organizzazione istituzionale è stata la sua dichiarazione costituzionale del 22 novembre, con la quale accentrava su di sé pieni poteri, che ha scatenato una nuova ondata di proteste e manifestazioni di piazza, oltre ad accrescere l’incomunicabilità con le opposizioni.

Per far fronte al malcontento, alla fine Morsi ha dovuto rinegoziare pure con i militari. Anche l’ordine pubblico in Egitto è in bilico, come dimostrano gli ultimi fatti di Port Said  e le contestazioni sulle violenze della polizia. E se la Fratellanza appare una rete sempre più forte, dalla società civile arrivano anche segnali diversi. Uno per tutti, le elezioni studentesche dei rappresentanti universitari. La scorsa settimana si è votato alla Cairo University, alla Ain Shams e all’ateneo di Assiut e a vincere sono stati i candidati liberali. Ad Assiut in particolare, secondo quanto riportato dal quotidiano Al Masri Al Youm, il Freedom and Justice Party legato ai fratelli Musulmani ha preso solo il 2% seggi contro il 73% dei liberali.

Sullo sfondo della tensione sociale resta sempre la grave crisi economica, nell’attesa della conclusione di un accordo con il Fondo Monetario Internazionale e nell’incertezza sul futuro degli aiuti finora arrivati dal Qatar, che pochi giorni fa, dopo l’ultima iniezione da 10 milioni di dollari, ha fatto sapere che per il momento non sono previsti altri finanziamenti.

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