Egitto, con Mahiennur el-Massry: i giovani rivoluzionari alla sbarra

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Alessandria d’Egitto – Mahiennur el-Massry resterà in carcere almeno fino al prossimo 20 luglio quando la Corte di Alessandria è chiamata a decidere sull’appello presentato dai suoi avvocati. L’attivista è stata condannata a due anni di reclusione per aver preso parte e organizzato un assembramento ad Alessandria d’Egitto per ricordare uno dei simboli delle rivolte del 2011, Khaled Said, ucciso dalla polizia nel 2010.

L’attesa per la sentenza

L’ultima udienza del processo si è tenuta lo scorso 28 giugno. Mahie è apparsa nella gabbia dei detenuti insieme a decine di piccoli criminali. «Nella mia cella ci sono soprattutto figlie di contadini», ha spiegato l’avvocato, da 40 giorni in prigione, avvolta nel velo bianco dei detenuti. I ventilatori del tribunale di Alessandria sono stati spenti all’improvviso, nonostante il caldo torrido, come per invitare le centinaia di persone, accorse per vedere Mahie, ad uscire fuori dall’aula. Lo sguardo di ghiaccio del giudice Sherif Hafez, ex ufficiale di polizia, noto per la mano dura contro i detenuti politici, ha gelato il pubblico. Tra i banchi non c’erano solo amici di Mahie e decine di attivisti egiziani, ma anche i familiari dei criminali in attesa di una sentenza.

All’annuncio del rinvio Mahie ha urlato, seguita a ruota dalle grida di decine di attivisti: «Contestare è nostro diritto, rifiutiamo la legge anti-proteste. La rivoluzione in tutte le strade». Nelle ore di camera di consiglio, alcuni fotografi sono riusciti a scattare delle foto all’interno della gabbia con una polaroid, poi consegnate alla sua famiglia, mentre bevande, cibo e sigarette venivano passati dai familiari ai detenuti, attraverso una porta. Mahie, insignita del premio internazionale Ludovic Trarieux per il suo impegno politico, ha poi chiesto tra le sbarre alla sorella Mahiesun di occuparsi del caso di una donna, detenuta insieme a lei, che non ha abbastanza denaro per pagare la cauzione e uscire di prigione.

2011-2014: lo spazio della contestazione ad Alessandria d’Egitto

«Cercherò di non protestare per evitare l’arresto ma continuerò a recarmi in tribunale per aiutare chi non sa neppure perché è in prigione». Queste sono state le parole che ci aveva detto Mahie, poco prima di essere arrestata. I giudici egiziani hanno colpito lei per intimorire un folto gruppo di attivisti laici che, nonostante censure e restrizioni ha continuato a contestare i metodi antidemocratici dell’esercito.

E così, raccontare l’impegno anti-regime di Mahie significa ricordare come le contestazioni si sono svolte ad Alessandria, una città completamente diversa dal Cairo, con uno spazio pubblico proteso verso il mare ed esteso fino all’immensa Università cittadina (dove tra la moschea di Qait Ibhrahim e Sidi Gaber si sono svolte le principali manifestazioni dal 2011 in poi) e uno sterminato entroterra, con una periferia estremamente disagiata.

Abbiamo incontrato Mahie per la prima volta nel dicembre 2012 quando l’Egitto era diviso sulla Costituzione, voluta dai Fratelli musulmani. Insieme a lei abbiamo visitato i quartieri popolari di West el-Aghani, el Amereia dove si trovano centinaia di industrie, fino alla città costiera di Marsa Matruh. Nel centro urbano si concentrano i ricchi palazzi nei rioni di Kafr Abdu e Rushdy. Ma più il mare è lontano, più i vicoli non asfaltati e i palazzi di mattoni nati senza criterio spuntano ovunque. Il lungomare con la torre di Qait Bey e la biblioteca alessandrina sembrano lontanissimi dagli slum di Nadi Sid e Mopgzar Ali.

L’arresto e la censura dei movimenti giovanili

Dopo venti giorni di prigione, Mahien­nour ha potuto inviare due lettere dal carcere. La prima com­mo­vente missiva è stata resa pubblica al suo avvo­cato Moham­med Ramadan ed ha subito fatto il giro del mondo. Mahie ha chiamato gli egiziani alla lotta di classe. L’attivista ha poi descritto il car­cere come un micro­co­smo di poveri e ric­chi dove i secondi hanno accesso a tutto e i primi a niente, pro­prio come nella vita reale. I dete­nuti della sua cella sono lì per­ché non hanno potuto pagare dei debiti, molti per le spese dei matri­moni dei figli. Nella seconda lettera dalla prigione, l’avvocato ha invece rifiutato amni­stie fin­ché non verrà emen­data la legge anti-proteste.

Sono state organizzate due contestazioni per chiedere il rilascio di Mahie. La prima si è tenuta alle porte della sede del Centro per i diritti economici e sociali (Ecesr) del comunista e suo avvocato difensore, Khaled Ali, ad Alessandria d’Egitto. 16 attivisti, tra cui Tahek Moktar, sono stati arrestati e poi rilasciati. Al Cairo la protesta si è svolta alle porte del sindacato dei giornalisti. La marcia, diretta verso piazza Tahrir, è stata però bloccata dal lancio di pietre e vetri sui manifestanti al loro ingresso in piazza Talaat Harb.

Ormai, nell’Egitto dell’ex generale Abdel Fattah al-Sisi non c’è più spazio per la contestazione dei giovani rivoluzionari. Dal tre luglio del 2013, quando, ormai un anno fa, l’ex presidente Mohammed Morsi è stato arrestato, il movimento 6 aprile, nato nel 2008 a sostegno degli scioperi, è stato messo al bando e i suoi leader sono stati arrestati, l’attivista Alaa Abdel Fattah è stato condannato a 15 anni di reclusione per aver violato la legge antiproteste, mentre 24 attivisti che hanno marciato verso il palazzo presidenziale la scorsa settimana, per chiedere la cancellazione della stessa legge, sono stati arrestati e resteranno in carcere fino a settembre.

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Immagine di Mohamed Hossny

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