Cie, ecco dove finisce la civiltà europea
Un documentario sull'”ultima frontiera”

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Claustrofobico, crudo, senza speranza. Il micro mondo raccontato daEU 013, l’ultima frontiera” di Alessio Genovese e Raffaella Cosentino (Italia, 2013, 62′)restituisce senza sconti la quotidianità aberrante della vita nei CIE, i Centri di Identificazione ed Espulsione destinati al trattenimento dei migranti irregolari non comunitari in attesa di espulsione dall’Italia. Più di 6.000 persone, soltanto nel 2013, detenute fino a diciotto mesi per il mancato possesso del permesso di soggiorno e senza aver commesso alcun reato penale.

Negli ultimi anni vari documentari e corto-metraggi sono stati girati (faticosamente) nei CIE. Ciò che però rende il lavoro di Genovese e Cosentino unico nel suo genere è la capacità di dare un volto all’essenza concentrazionaria dei CIE, narrandone l’insensatezza e l’iniquità senza indulgere in pietismi.

I centri di Ponte Galeria, Bari, Trapani diventano, così, in questo documentario, i set meta-temporali di storie agghiaccianti, scandite soltanto dall’azzeccata colonna sonora e dal rumore sinistro dei catenacci, delle chiavi e delle sbarre che accompagnano lugubri le entrate e le uscite dei migranti dai centri.

Di mezzo c’è l’inedia, la depressione, lo sconforto. Lo stupore per essere incappati in una detenzione amministrativa che altro non è che una galera fatta di attesa permanente, di sigarette fumate per scandire i minuti e di psico-farmaci inghiottiti per lenire l’angoscia. I piani sequenza sugli sguardi smarriti, disorientati o infuriati dei migranti raccontano con garbo raro cosa significhi essere reclusi in un Cie e quanto il prolungamento del tempo massimo di detenzione a 18 mesi abbia drasticamente peggiorato le loro condizioni di vita.

Guarda il Trailer di “EU 013 L’ULTIMA FRONTIERA”.

“Qui la speranza è la prima a morire” racconta un migrante. Difficile non credergli. I fermo-immagine sui soffocanti cubicoli di cemento, sui bagni sporchi e mal funzionanti, sugli spazi aperti ridotti ad un cortile di cemento circondato da mura di cinta e video-camere di sorveglianza, sono una fotografia spietata dell’iniquità del modello migratorio italiano. Un sistema non solo disumano ma anche inefficace visto che nel 2012 il numero complessivo dei migranti rimpatriati direttamente dai Cie è corrisposto soltanto all’1,2% del totale dei migranti identificati in condizioni di irregolarità sul territorio italiano.

Una percentuale di rimpatri ridicola se commisurata ai costi (55 milioni di euro annui), in cui si inseriscono storie incredibili come quella del ventottenne tunisino nato e cresciuto in Italia che dopo essersi visto ritirare il permesso di soggiorno per un reato per cui ancora attende di essere giudicato, è stato rispedito in Tunisia in fretta e furia, per poi fuggirne di nuovo in modo rocambolesco dopo qualche giorno. “Alle 5 di mattina mi fanno incontrare un giudice di pace, alle sette mi ritrovo all’aeroporto e vengo espatriato in Tunisia, dove non ero mai stato e non ho parenti. E ora mi dicono: “Perché sei tornato?”. Questa è la mia terra, sono cresciuto qua”.

ultima frontieraL’Italia però, vista dal Cie sembra più matrigna che madre. Nell’ultimo anno i tentativi di ripensare il sistema CIE sono stati pochi ed episodici. Questa inerzia è coincisa con l’estensione della detenzione per periodi superiori ai 12 mesi, anche in casi di migranti estremamente vulnerabili o vittime di grave disagio psichico.

Un recente rapporto di Medici per i Diritti Umani ha segnalato che il prolungamento del tempo massimo di trattenimento ha anche contribuito a peggiorare la gestione complessiva dei centri esasperandone le criticità organizzative, logistiche e sanitarie pregresse. Un’ insostenibilità che trova conferma nel numero di rivolte e fughe che quotidianamente vengono registrate nei CIE: 1.049 i migranti fuggiti nel solo 2012. Circa il 33% in più rispetto al 2011.

Scheda del film:
EU 013 – L’ULTIMA FRONTIERA
Italia, 2013, 62min
Regia: Alessio Genovese
Soggetto e realizzazione: Raffaella Cosentino e Alessio Genovese / Fotografia: Bruno Fundarò / Presa Diretta: Andrea Colaiacomo / Montaggio: Dario Indelicato / Musiche originali: Alessandro Librio / Sound Editor: Gianluca Stazi / Grafica: Matteo Mangonara
Foto Reportage di Giulio Piscitelli
Realizzato con il supporto di Open Society Foundation

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