Caos libico: tra omicidi politici e raid aerei

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Sono almeno 12 le persone assassinate a Bengasi negli ultimi giorni. Tra le vittime ci sono anche due giovani attivisti. E così proprio nel capoluogo della Cirenaica gli scontri sembrano non fermarsi mai. Nel mirino del generale Khalifa Haftar sono ora i jihadisti di Ansar al-Sharia che hanno conquistato le basi militari della seconda città libica, proclamando l’Emirato di Bengasi nell’agosto scorso.

Per mettere sotto scacco i jihadisti e impedire nuove forniture di armi via mare, il generale Khalifa Haftar, principale autore del tentato golpe nello scorso maggio, sostenuto dai miliziani di Zintan e dal governo dell’ex ministro della Difesa, Abdullah al-Thinni, ha chiesto alle autorità portuali di chiudere il porto di Bengasi. La sede provvisoria dell’esecutivo, entrato in carica dopo le contestate elezioni del 25 giugno, galleggia in un’imbarcazione greca a noleggio al largo di Tobruk in Cirenaica.

Milizie e violazione dei diritti umani

Non solo, alcuni caccia non identificati hanno eseguito nuovi raid contro le postazioni delle milizie islamiste a sud di Tripoli. Da parte sua, il premier Abdullah al-Thinni ha accusato il Qatar di aver inviato tre aerei militari con armi all’aeroporto della capitale, conquistato lo scorso agosto dalle milizie filo-islamiste di Misurata. Secondo il Pentagono, Egitto ed Emirati arabi uniti, vicini al generale e ex agente Cia Haftar sarebbero dietro i raid aerei su Tripoli dei giorni scorsi.

A far precipitare il paese nell’anarchia sono, come sempre, le oltre 1700 milizie che operano indisturbate. Secondo un report, reso noto da Human Rights Watch, le milizie libiche che combattono per il controllo di Tripoli e delle aree limitrofe si sono macchiate di crimini di guerra, attacchi ai civili e alle proprietà private. Le milizie hanno preso in ostaggio persone, dato alle fiamme e distrutto case. Migliaia di libici sono stati costretti a lasciare le loro case nelle ultime cinque settimane quando è iniziata l’Operazione Alba, promossa dai jihadisti contro il golpe di Haftar. In particolare, Hrw ha documentato una lunga serie di attacchi dei miliziani islamisti sulla popolazione civile locale.
In particolare i jihadisti hanno commesso numerose violazioni contro giornalisti, ufficiali governativi e civili, sospettati di sostenere le milizie di Zintan e l’operazione Dignità di Khalifa Haftar. Queste milizie hanno spostato con la forza gli abitanti del villaggio di Tawergha (almeno 40 mila, secondo il think tank).

Inoltre, secondo l’Unità di crisi municipale di Zintan, le case di almeno 80 famiglie della cittadina che si è schierata con Haftar sono state «attaccate e saccheggiate» e 80 persone sono state rapite o sono sparite nel nulla. Tra i miliziani jihadisti ci sarebbero poi numerosi pachistani ed egiziani. Secondo le Nazioni Unite, 100 mila persone sono state spostate con la forza all’interno del paese e 150 mila sono i migranti costretti a lasciare il paese dall’inizio della crisi.

Ma anche i Zintani, vicini ad Haftar, non sono stati da meno. Secondo il report di Hrw, anche questi miliziani hanno proceduto allo spostamento forzato di migliaia di persone e ad arresti sommari. Per esempio, sono spariti nel nulla l’attivista Abdelmoez Banoon e Suliman Zubi, presi dai Barq al-Nasr, milizia vicina ai Zintani.

Unhcr: «600 morti nelle acque del Mediterraneo»

Ma le prime vittime dell’anarchia libica sono come sempre i profughi. Secondo la marina militare di Tripoli, sono centinaia i dispersi di uno dei più gravi naufragi degli ultimi mesi al largo delle coste libiche. L’ultimo è avvenuto a Tajoura, a est della capitale libica. Solo 36 persone, su 250, sono state salvate, secondo quanto confermato dal portavoce della marina Ayub Qassem. «Molti corpi continuano ad affiorare dal mare», ha aggiunto Qassem. Le vittime sarebbero principalmente di origine africana, tra loro ci sono molte donne e bambini.

Una seconda imbarcazione sarebbe affondata invece al largo di Malta con 500 persone a bordo. Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), gli scafiti avrebbero deliberatamente fatto affondare l’imbarcazione dopo una discussione a bordo. «La maggior parte delle persone sono cadute in mare e affogate – ha riferito l’Oim – altre sono riuscite a restare a galla aggrappandosi a mezzi di fortuna». Gli operatori dell’Oim hanno raccolto anche la testimonianza di due sopravvissuti palestinesi, fuggiti da Gaza e andati in Egitto a inizio settembre, soccorsi in mare dal mercantile panamense «Pegasus» e portati a Pozzallo lo scorso sabato.

È il terzo naufragio in poche settimane, il 25 agosto scorso, 364 per­sone erano state tratte in salvo al largo del Canale di Sicilia. Appena due giorni prima almeno 200 persone sarebbero morte nel tentativo di lasciare la Libia. Secondo il portavoce dell’Agenzia delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr), Carlotta Sami, sarebbero «almeno 600 le vittime in tre giorni», è quanto ha confermato Unhcr.

Secondo l’Agenzia Onu, solo nell’ultimo anno, oltre 2500 persone sono annegate o scomparse tentando la traversata, di queste oltre 2200 solo dall’inizio di giugno. La maggior parte dei naufragi degli ultimi mesi hanno avuto luogo nello Stretto di Sicilia dove 2372 sono stati i migranti soccorsi in più interventi. Le stragi degli ultimi giorni sono le tragedie più gravi dal giorno del naufragio di Lampedusa nell’ottobre 2013 in cui persero la vita 366 persone tra cui numerose donne e bambini.

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Immagine: Il generale Khalifa Haftar

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