Russia, processo al blogger

Il New York Times lo presenta come “il più importante processo politico in Russia degli ultimi decenni”, anche se apparentemente l’appropriazione indebita di legna per 400mila euro di cui è accusato il blogger russo Alexei Navalny sembrerebbe avere ben poco a che fare con le manovre del Cremlino. Peccato che il blogger sia – per presentarlo con il NYT – un incrocio tra Julian Assange e Nelson Mandela, un paladino della lotta e la Russia corrotta, che più volte, a partire dalla Rete, ha tentato di pestare i piedi a Putin. “Questo processo è uno show, un dramma teatrale la cui morale è che se metti troppo in mostra la tua testa, rischi di perderla”, scrive Bill Keller, riconoscendo però anche il rischio di Putin, di trasformare Navalny in un martire. The Atlantic concorda nel definire uno “show trial” quello che in questa settimana vedrà sul banco degli imputati un Navalny presentato ormai come il “leader de facto dell’opposizione” russa. “Evidentemente ci saranno assurdità in abbondanza”, condanna il sito che ripercorre il caso Kirovles concludendo: “Se la storia ha un po’ di sense of humor, allora farà coincidere il processo Kirovles con il crollo del costo del Brent sotto la soglia dei 100$ al barile, per la prima volta dallo scorso luglio”. Un documento che riassume il caso è stato recentemente redatto e pubblicato su Google Docs da una compagnia di avvocati di Los Angeles, con il titolo “Un’analisi della persecuzione della Federazione Russa verso Alexei Navalny”.

L’austerity, a conti fatti

“La giustificazione intellettuale per l’austerità giace tra le macerie”, attacca così il commento di David Graeber, pubblicato sul sito dell’inglese Guardian, che racconta dell’errore (banale) che ha fatto crollare la teoria economica del paper degli studiosi di Harvard, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. Uno studio dell’Università del Massachussets ha messo infatti in dubbio l’efficacia della teoria sulla correlazione tra un alto rapporto debito/Pil e la bassa crescita di un Paese – e di conseguenza delle politiche di austerity – scoprendola viziata da calcoli sbagliati e errori metodologici. “Non c’è bisogno di tutto questo sadomasochismo economico”, titola quindi il Guardian, mentre dall’altra parte dell’Atlantico, c’è chi rincara la dose – come Paul Krugman che sul NYT parla di “trappola” e di “artefatto” – e chi invece cerca di mitigare gli attacchi alla coppia Rogoff-Reinhart. È questo il caso di un editoriale del Washington Post, dove si legge: “Quale che sia la validità della (loro) ipotesi, è assurdo biasimarla per l’austerità e la recessione globali. Sì, chi ha imposto i tagli al bilancio – da Paul Ryan in Wisconsin a Olli Rehn nell’Unione Europea – ha evocato il 90% come standard di riferimento. Ma c’è forse qualcuno che crede che questi due avrebbero pensato diversamente se non ci fosse stato il lavoro dei due economisti? Certamente la predilezione tutta tedesca per i bilanci equilibrati… ha radici molto più profonde delle ipotesi di Rogoff-Reinhart”. “A volte gli errori sono come le patatine fritte… è difficile fermarsi a uno”, ironizza invece l’Huffington Post che elenca una serie di errori compiuti dai due malcapitati studiosi di Harvard nel tentativo di correggere quelli precedenti. Una (magra) consolazione arriva invece da Bloomberg che elenca i “7 data disasters più imbarazzanti di quello di Rogoff e Reinhart”.

Il secondo storico mandato del Presidente riluttante

“L’Italia cerca di porre fine alla paralisi” è il titolo di un articolo del Wall Street Journal, che presenta la rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica come “un chiaro segnale dell’inefficacia di un sistema politico che più volte, negli ultimi due mesi,è stato messo alla prova, e ha fallito”. Mentre un altro pezzo, all’interno dello stesso sito, esorta a un cambiamento che sia però tale: “I fallimenti si ammucchiano e danno l’impressione che il sistema politico italiano, spesso comico, è irrecuperabilmente rotto… La scorsa settimana è stata il segno migliore che la vecchia guardia ha i giorni contati. La questione è se la prossima generazione di politici può offrire agli italiani qualcosa di diverso dalle ricette politiche della vecchia guardia… Facce nuove non faranno molta differenza se non porteranno con sé un nuovo pensiero”. E un’interpretazione immobilista emerge anche dall’analisi dell’agenzia cinese Xinhua che, per l’articolo intitolato “Gli stessi attori emergono dopo la svolta nella crisi politica italiana”, sceglie questo lead: “La prima grande svolta nella crisi politica italiana che va avanti da otto settimane ha lasciato le cose dove erano all’inizio: con l’ 87enne Giorgio Napolitano come presidente e l’ex commissario europeo Mario Monti a capo del governo provvisorio”. Mentre France 24 e l’agenzia inglese Reuters sottolineano il dietrofront di Napolitano dall’iniziale niet alla rielezione, parlando rispettivamente del “secondo mandato storico” e di un “Presidente riluttante”.

La Cina è poco creativa? Non prendetevela (solo) con Internet

Una legge vorrebbe vietare la superstizione per “liberare le persone dall’influenza della religione”, considerata “un’attrattiva per le agitazioni”. L’obiettivo di Pechino è quello di sfatare il misticismo attorno a concetti come quello di fortuna o di morte, da una parte attraverso una sorta di censura sulla religione e dall’altra, attraverso una maggiore diffusione della conoscenza e del sapere. A riportarlo è l’Huffington Post, mentre The Atlantic analizza le variabili della “mancanza di innovazione” in Cina sentenziando infine che sì, la censura che colpisce la Rete finisce per influenzare la creatività e l’estro dei cinesi. Ma considerarla l’unico paletto alla fantasia degli imprenditori e degli artisti di Pechino e dintorni sarebbe limitativo.

Buone notizie, nonostante Boston

La strage alla maratona di Boston ha riportato gli americani indietro di quasi dodici anni, risvegliando il terrore del post 11/9. Ciò nonostante, Salon ha una buona notizia da dare: il mondo non è mai stato così in pace.

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