Facebook, dove finisce la privacy con Graph Search

Il Graph Search lanciato da Facebook – nella sua versione anglosassone, almeno per il momento – è stato presentato, ad esempio da TechCrunch, come un Google personalizzato. Ma sono molte le polemiche attorno al nuovo tool del social network più abitato della rete. Slate, tra il preoccupato e il canzonatorio, titola “I più divertenti, imbarazzanti e disturbati modi in cui le persone possono usare il nuovo strumento di ricerca di Facebook”. Ma la vera questione sollevata dal Graph Search di Facebook è quella riguardante la privacy. Il tema è sottolineato, tra gli altri, da The Nation – che spiega perché potrebbe trattarsi della “più grande invasione della privacy di sempre” – e dall’inglese Guardian. Diverso l’approccio di GigaOm che, citando The Atlantic, propone di invertire il punto di vista: “Ciò che stiamo perdendo è la protezione dell’oscurità – nel senso che l’informazione che prima era tecnicamente pubblica ma difficile da trovare, costituiva una forma di privacy attraverso l’oscurità”.
Su Upstart – Business Journal, un’infografica spiega perché, secondo gli autori, il Graph Search di Facebook è anzi migliore di Google, aprendo la strada a una ricerca semantica e non più “stupida”.

 

Brit-exit? Gli inglesi avranno il loro referendum sull’Europa. Forse
Unione Europea, dentro o fuori: saranno gli inglesi a decidere. La promessa fatta dal premier inglese David Cameron di indire un referendum per decidere se restare uniti o abbandonare il progetto comunitario, è caratterizzata dalla lunga scadenza (entro la fine del 2017) e – soprattutto – legata alla riconferma del mandato elettorale dei Tories. Se una settimana prima il Financial Times considerava il referendum “irresponsabile”, nei confronti del Paese ma anche nei riguardi del resto dell’Unione Europea (“Siccome la Gran Bretagna non si sentirà mai a suo agio all’interno di un progetto federale … dovrebbe rompere questo matrimonio innaturale”), il discorso tenuto da Cameron (e riassunto dal Guardian in dieci punti chiave) per ufficializzare la promessa con gli inglesi, mette in chiaro che la posizione del premier pende decisamente vero il “Sì, restiamo”. James Kirkup, sul Telegraph, si dice pronto a scommettere sull’esito positivo del referendum e interpreta così le parole di Cameron: “Non vuole uscire dall’Unione Europea, vuole salvarla”. Per il commentatore infatti, il leader dei conservatori ambisce a una riforma dell’UE che è negli interessi sia della Gran Bretagna, che dell’Unione stessa – e che pure potrebbe garantire all’attuale premier un ambito posto nei libri di storia. Il problema principale tuttavia sta in come si esprimerà il resto del partito dei Conservatori. E pure nella reazione degli altri Paesi membri, Germania in primis. Perché dopotutto gli accordi si fanno in due, ricorda Kirkup “e Cameron rinegozierà il suo patto solo se anche l’Ue lo vorrà”.

 

Le elezioni in Israele
“Netanyahu è il grande perdente di queste elezioni”. A dirlo è The Atlantic che, con diverse ore di anticipo sui risultati elettorali, già segnava le sorti della rielezione di Netanyahu: “il prossimo governo Netanyahu […] non solo è destinato a essere meno stabile di quello precedente, ma è pure probabile che cada già prima di essere messo in piedi”. E in effetti, il calo dei consensi registrato dal riconfermato premier israeliano, è stato chiaro. Al punto che il Jerusalem Post definisce quello del popolo di Israele, “un voto per il cambiamento interno”. Il Washington Post offre un ritratto di Yair Lapid – il quarantanovenne ex commentatore politico che è considerato la vera “star politica” emersa dalle elezioni israeliane. D’accordo con il Post anche un articolo pubblicato sul sito della Cnn e che definisce Lapid “l’uomo del futuro d’Israele”.

 

La cerimonia di insediamento di Obama
The Atlantic analizza il discorso pronunciato da Obama durante la cerimonia di insediamento (e che si può leggere nella sua versione integrale, sul sito ufficiale della Casa Bianca). L’analisi si concentra su due parti in particolare per rintracciare le allusioni, le fonti di ispirazione e le influenze del discorso che vanno da Seneca ad Abramo Lincoln. Poynter invece analizza la copertura giornalistica dell’evento – che coincideva con il giorno di festa in memoria di Martin Luther King – attraverso una raccolta di prime pagine dei quotidiani statunitensi.

 

Cina
L’ufficio nazionale di statistica ha recentemente annunciato che l’ineguaglianza nei redditi delle famiglie cinesi ha ormai superato il livello massimo stabilito dalle Nazioni Unite. La disuguaglianza dei redditi è sottolineata anche da due infografiche (sviluppo economico e diffusione di Internet) messe a confronto nel sito di TeaLeafNation che, in un altro articolo si domanda quali potranno essere le conseguenze del malcontento – che si sta alimentando sulla rete e sui social network cinesi – nei confronti della politica del figlio unico. E, sempre a proposito di Cina, il Washington Post rilancia delle foto della Nasa che catturano la vista dallo spazio dell’inquinatissima atmosfera di Pechino: “Incredibili foto di come l’aria di Pechino sta peggiorando” è il titolo dell’articolo.

 

Gli Stati Uniti attraverso le infografiche
Le zone dell’area metropolitana di New York colorate in base alla classe sociale che le abita. Una geografia della violenza a mano armata delle città e delle metropoli americane e il confronto tra la furia omicida registrata in ogni cittadina e il tasso di violenza dei Paesi più sanguinari del mondo. Sono solo alcune delle infografiche ospitate dal sito di The Atlantic Cities che pure ne offre una raccolta sostanziosa nell’articolo “I confini invisibili che definiscono la cultura americana”. Qui viene proposta una sintesi della cultura americana di oggi attraverso la rielaborazione di alcuni dati: dal grafico che identifica i luoghi dove la gente chiama “Coke”, “soda” o “pop” i soft drinks; a quello che identifica la penetrazione delle varie squadre di baseball nel territorio; passando per la mappa che spiega la mobilità degli statunitensi. E per farsi un’idea della politica estera degli Stati Uniti nell’ultimo ventennio soltanto attraverso un’occhiata veloce, sul Washington Post viene proposto il grafico che raccoglie i viaggi all’estero che tutti i Segretari di Stato hanno compiuto dal 1989 ad oggi.

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