Voto segreto su B. E’ scontro.

Corriere della Sera: “La difficile risalita della Concordia”. E, sulla politica italiana: “Dimissioni e servizi sociali. La mossa di Berlusconi”, “Oggi il videomessaggio consegnato alle tv”, “Il premier: io e Napolitano parafulmini? No.”

A centro pagina: “Tagliare le tasse sul lavoro. Ecco i conti del governo”.

E da Washington: “Terrore negli Usa: strage al Comando della Marina”.

In taglio basso: “Addio al mito del posto fisso in banca”, “Disdetto il contratto. Gli istituti: col web dimezzate le operazioni allo sportello”.

 

La Repubblica: “Letta al Pdl: non farò il parafulmine”, “’Decadenza, no al voto palese’. Oggi Berlusconi in tv: non stacco la spina”, “Domani la conta in Giunta sul Cavaliere. Il premier annuncia che non è escluso l’aumento dell’Iva. Draghi: la ripresa è ancora fragile”.

A centro pagina: “L’alba della Concordia sotto gli occhi del mondo”.

In taglio basso, dagli Usa: “Strage alla Marina: 12 vittime, shock a Washington”.

 

La Stampa: Assalto alla sede dei Marines. Dodici morti a Washington”. Sull apolitica italiana: “Letta: il governo in bilico, per l’Iva stop complicato”.

Sotto la testata: “Più tempo per raddrizzare la Concordia”.

 

L’Unità: “Letta: non si gioca col Paese”. A centro pagina: “Concordia, il lungo ribaltone”.

A centro pagina, la crisi siriana: “Onu: ‘Ecco le prove dei razzi con il gas’”.

 

Libero: “Ecco la linea del Pd”, con foto di una mano con dito medio alzato. “Per la decadenza di Berlusconi la sinistra violerà la Costituzione, rendendo palese il voto che dovrebbe essere segreto: i senatori useranno il solo dito medio per premere il pulsante. E si parla pure di foto, stile mafia”.

 

Il Giornale: “La svolta di Berlusconi. Oggi il messaggio sul ‘ritorno’ in campo. Letta teme per il governo, la sinistra per se stessa. Il premier alla canna della benzina: vuole alzare le accise per non toccare l’Iva”. A centro pagina, sulla Concordia: “L’onore recuperato, un grado alla volta”. In taglio basso, in riferimento all’ex governatrice umbra Maria Rita Lorenzetti:”Arrestata la zarina rossa. Così il Pd finisce ‘asfaltato’”.

 

Il Fatto quotidiano: “Il video ricatto del condannato. Oggi, vigilia del voto sulla sua decadenza, Berlusconi rompe il lungo silenzio: attacchi ai giudici, ma niente dimissioni dei ministri. Un testo pieno di messaggi per la trattativa ancora in corso. Letta jr: ‘Io e Napolitano non possiamo essere gli unici parafulmini”. A centro pagina: “Amato e Lady Tav, le due grane del Pd”. “Arrestata la Lorenzetti, ex governatrice dell’Umbria”, mentre il Movimento 5 Stelle e Felice Casson “chiedono le dimissioni del neo-giudice costituzionale per la telefonata, svelata dal ‘Fatto’, in cui l’ex braccio destro di Craxi metteva il silenziatore a una teste in un processo per tangenti”.

 

Il Sole 24 Ore: “Ilva, il governo preme sui Riva”, “Letta: se serve, commissariamento. L’impresa: impedito l’uso degli impianti”.

In taglio basso, sulla Federal Reserve: “Il no di Summers spinge le Borse”, “La rinuncia dell’ex ministro alla Fed e il voto in Baviera galvanizzano i mercati”.

 

Il Foglio: “Ecco perché il rapporto Onu punta su Assad per la strage di Damasco”, “Quantità e qualità del gas sarin, razzi sovietici e traiettorie: sono prove circostanziali contro l’esercito siriano”.

In prima una lettera del ministro dell’Economia Saccomanni: “Letta non mi ha smentito e la recessione sta finendo”.

 

 

Politica italiana

 

Ieri il Presidente del Consiglio Enrico Letta, partecipando alla trasmissione Porta a Porta, ha lanciato – secondo il Corriere della Sera – un appello, ma nello stesso tempo un richiamo e uno sfogo: “Da alcune settimane si è alzato il livello dello scontro tra i partiti”, ma “bisogna fare attenzione, perché non può essere richiesto solo al Presidente del Consiglio e al Presidente della Repubblica di tenere in piedi le istituzioni mentre tutti se le danno di santa ragione”. “Io e il Presidente della Repubblica – ha detto ancora – non possiamo essere gli unici parafulmini. C’è bisogno della partecipazione responsabile di tutti”. Ancora dichiarzioni di Letta: se non ci fossero state le fibrillazioni degli ultimi mesi “lo spread sarebbe ora a 210 punti, e non a 260”. Ma non ha mai pensato di lasciare. Perché – ha spiegato – ha sempre “percepito la solidarietà e la fiducia del Parlamento e la forte spinta del Capo dello Stato. Ma è evidente che la situazione è così complessa e complicata se verificassi che la mia permanenza peggiora la situazione consentendo a qualcuno di avere un alibi, non ci metterei un attimo a trarne le conseguenze”, “non sopporto la falsità secondo la quale in questi 4 mesi abbiamo girato i pollici”. Sull’aumento dell’Iva: “Discuteremo questa cosa, perché è una vicenda molto complicata. Quel che posso dire è che faremo una riforma” sulle aliquote.

 

Il Sole 24 Ore: “Letta: sul cuneo fiscale non metterò solo spiccioli”. Nel resoconto del quotidiano si sottolineano le parole dedicate dal Presidente del Consiglio alla riduzione delle tasse sul lavoro che – ha detto – sarà “il cuore” della legge di stabilità, assieme agli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato per i giovani. Ieri è stato, secondo Il Sole, perentorio, allorché ha detto: “Il nostro Paese è morto su un eccesso di precarietà”. Difendendo l’operato del governo ha ribadito: “Oggi gli italiani avrebbero dovuto pagare la seconda rata dell’Imu e non la pagano”. E lo ha detto per sottolineare che non intende subire l’accusa, rivoltagli anche dall’interno del suo partito, di essersi piegato alle richieste del Pdl: “Non c’è stato un cedimento, ma un buon compromesso con le forze politiche”. Il riferimento è alla Service Tax che, ha precisato, sarà “più progressiva, con più attenzione agli aspetti fondamentali della vita delle famiglie, come quelle numerose, e non colpirà gli affittuari”.

Stefano Folli, analista politico del Sole 24 Ore, scrive: “In realtà non è il timore della crisi di governo in sé a rendere inquieto Enrico Letta, bensì qualcosa di peggio: la sensazione di essere prigioniero della guerra fredda tra i partiti della coalizione”. Il “prigioniero” di Palazzo Chigi è vincolato al suo destino, per quanto mediocre e incerta sia la maggioranza che dovrebbe sostenere il governo. Il primo versante su cui si punta l’attenzione riguarda le mosse di Berlusconi: il capo del centrodestra non ha la convenienza né la forza, e quindi neanche l’intenzione, di aprire la crisi dopo il voto parlamentare sulla sua decadenza al Senato. Finirà per lasciare il Senato, in ottemperanza alla legge. Poi si dedicherà a costruire il suo nuovo partito, Forza Italia o come si chiamerà. Scrive Folli: “Gli intransigenti dei due campi marciano divisi, ma il loro obiettivo strategico è abbastanza simile: logorare le larghe intese, e accorciarle in vista di un voto anticipato che però è nelle loro menti piuttosto che nel novero delle ipotesi gradite al Quirinale.

 

Sulla prima pagina de Il Giornale il direttore scrive che “la baldanzosa sicurezza di Enrico Letta sulla tenuta del suo governo comincia a scricchiolare”. Letta si rivolgeva al Pdl, certo, “ma anche a Renzi che ora dopo ora alza il tiro per ottenere subito quelle elezioni che con alta probabilità lo considererebbero leader del Pd”. Scrive ancora Sallusti che quello preannunciato da Berlusconi sarà l’intervento più solenne della sua non breve carriera. Nelle pagine interne dello stesso quotidiano: “Berlusconi anticipa la Giunta. Oggi in onda il messaggio tv. Berlusconi rientra a Roma e accelera. Il video, che sarà inviato a tutte le emittenti, contiene duri attacchi ai Pm. Spunta il nome di Bertolaso nella nuova Forza Italia”.

La Stampa: “Pronti due video-messaggi. Ma Berlusconi non parla di crisi”. “Oggi sarà diffuso il primo, più moderato. Giovedì l’attacco alle toghe rosse”.

Intanto procede il percorso sulla decadenza di Berlusconi da senatore: la Giunta per le immunità proseguirà anche oggi a discutere la relazione del senatore Augello, Pdl: domani il voto, è scontato che l’asse Pd-Sel-M5S-Scelta civica, scrive Il Giornale, boccerà la proposta del relatore e chiederà la testa di Berlusconi. Ma poi tutto si sposterà nell’Aula di Palazzo Madama. Con il voto segreto o palese? Il capogruppo Schifani accusa il Pd di voler cambiare le regole (poiché alcuni senatori Pd si sono espressi favorevolmente rispetto alla proposta del M5S di votare in modo palese, ndr). Ieri, su questo versante, si sono registrate le reazioni di diverso tono del Presidente del Senato (“C’è la regola del voto personale segreto, ma si può cambiare a maggioranza. Non sarò io a impedirlo”) e del presidente del Consiglio Letta (“Ci sono regole al Senato, andranno applicate come sono scritte, ma il governo non deve mettere bocca”). Ecco percHé il Giornale titola: “Voto palese, Letta contro Grasso. ‘Le regole vanno rispettate’. Il Presidente del Senato apre alle richieste dei giustiziaalisti: le norme sullo scrutinio segreto si possono cambiare. Il premier lo sconfessa subito: vale quello che è scritto”.

Sulla prima pagina de Il Fatto Marco Travaglio, pur sottolineando come ovvietà che “in assoluto il voto segreto è una vergogna”, scrive, in riferimento al Pd e ai suoi capicorrente: “Ora scoprono all’improvviso che, se – come vuole la prassi sulle decisioni sui singoli – si vota a scrutinio segreto sulla decadenza di B., la banda dei franchi tiratori potrebbe tornare in azione, salvare il Caimano e distruggere definitivamente il partito. Così, anziché smascherare i felloni, chiedono di cambiare le regole in corsa per ottenere il voto palese”.

Su La Repubblica: “Tutte le contromosse dei senatori Pd per scacciare l’incubo dei franchi tiratori, nell’urna solo l’indice o palline di carta”. Un piccolo foglio accartocciato può bloccare il tasto sul sì alla decadenza a Berlusconi.

Della questione si occupa anche, sulla prima del Corriere, Michele Ainis: “Il rispetto delle regole”.Il Pd teme imboscate al proprio interno, giacché i 101 franchi tiratori che affondarono la candidatura di Prodi al Quirinale sono ancora lì e tramano nell’ombra.

Ricorda Ainis che fino al 1988 era regola il voto segreto: ora continua ad esser richiesto sulle votazioni su diritti di libertà, su casi di coscienza o sulle singole persone. Quando Craxi fu salvato nel 1993 dai franchi tiratori, Montecitorio si affrettò a cambiare il regolamento: ma non si può, secondo Ainis, “scrivere un’altra regola ad personam, o meglio contra personam. Per rispetto delle regole, se non della persona”.

 

Siria

 

Scrive l’inviato a New York de La Stampa Paolo Mastrolilli: “C’è la firma del regime siriano nell’attacco chimico del 21 agosto nei sobborghi di Damasco. Gli ispettori Onu non l’hanno scritto esplicitamente nel rapporto presentato dal segretario generale Ban Ki Moon, ma hanno fornito abbastanza informazioni tecniche per non lasciare dubbi. Il tipo di munizioni usate, la qualità e la quantità del gas sarin, la traiottoria dei razzi, la professionalità della operazione, puntano il dito verso Assad, che quindi avrebbe commesso quello che Ban ha definito ‘un crimine di guerra’”. Solo la Russia frena, chiedendo ulteriori analisi scientifiche del rapporto, ma i caratteri in cirillico che gli ispettori hanno trovato e fotografato su alcuni vettori rischiano di imbarazzare Mosca, dimostrando che ha fornito le armi dell’attacco”.

L’attacco nei sobborghi di Damasco est sarebbe avvenuto con una dozzina di razzi terra-terra. La missione degli specialisti ha potuto visitare alcuni quartieri di Damasco tra il 26 e il 29 agosto, ha potuto parlare con 80 sopravvissuti e poi ne ha selezionati 36 per fare le sue analisi chimiche. Il 72 per cento aveva problemi di respirazione, il 61 di vista, il 41 infiammazioni agli occhi e altri sintomi tipici del contatto con agenti chimici. Quindi gli ispettori hanno raccolto campioni di sangue, urine e capelli, che hanno dimostrato la presenza sicura del gas sarin. La notte dell’attacco, tra le 2 e le 5 del mattino, la temperatura dell’aria era più bassa del solito. E questo ha contribuito a fare la differenza rispetto ad altre occasioni in cui le armi chimiche erano state usate. Il freddo, infatti, ha impedito all’aria di muoversi verso l’alto, massimizzando il suo effetto letale. Nell’annesso numero 5 sono descritti e fotografati i resti dei razzi trovati nei luoghi colpiti. Alcuni avevano scritte in cirillico e, secondo gli americani, uno è usato solo dai soldati governativi, e non è mai stato visto nelle mani dei ribelli. La traiettoria dei razzi sarebbe anch’essa molto indicativa, poiché provenivano tutti da zone saldamente in mano alle truppe di Assad. Nell’attacco sono stati usati in totale 350 litri di Sarin, lanciati con modalità tradizionali, cosa che allontanerebbe la possibilità che i ribelli siano responsabili.

Sulla pagina di fianco: “Washington – Mosca, braccio di ferro sulla risoluzione Onu. Contrasti sull’uso della forza se il regime non disarma”. Dove si spiega che, siglato l’accordo sul piano di disarmo chimico della Siria, il braccio di ferro tra Usa e Russia riprende dalla sua trasformazione in una risoluzione del Consiglio di sicurezza. Kerry ha fatto tappa a Parigi per incontrare gli alleati più stretti: Francia, GB, Turchia ed Arabia Saudita. Ed ha detto: “Non tollereremo ritardi da parte di Assad, serve una risoluzione forte per realizzare il disarmo”. E che preveda “conseguenze” in caso di inadempienza: un riferimento al capitolo 7 della carta Onu che legittima il ricorso alla forza. La Russia ha invece in mente un’altra strada, tesa ad allentare la pressione su Damasco. Varare una risoluzione che minacci conseguenze senza però prevedere un ricorso esplicito alla forza.

Da Mosca il ministro degli esteri Lavrov ha ribattuto alle dichiarazioni che arrivavano da Parigi: “Non vi sarà ora nessuna risoluzione Onu sul ricorso alla forza, volerla ora significa far saltare Ginevra 2”. Ovvero, la conferenza sulla transizione politica per il dopo Assad.

Proprio sul fronte di Ginevra, il ministro degli esteri francese Fabius ha fatto una apertura a Lavrov: “La percezione del pubblico di un contrasto netto tra il regime e i gruppi islamici è errata, deve emergere il ruolo della opposizione non islamica”. Lo stesso Kerry si sarebbe soffermato sulla necessità di rafforzare gruppi di ribelli non collegati ad Al Qaeda, nel corso dei colloqui con gli inviati di Turchia ed Arabia Saudita. Infine, dietro le quinte, continua lo scambio di messaggi tra Washington e Teheran: il presidente Rohani dice di esser pronto ad appoggiare “qualsiasi leader siriano eletto dal popolo”, aprendo di fatto al dopo Assad.

Su L’Unità: “Kerry: ‘Ora l’Onu voti una risoluzione robusta’”. E sullo stesso quotidiano, dando conto del rapporto della Commissione di inchiesta Onu sulla Siria, si riferisce delle parole del Presidente Paolo Sergio Pineiro: “in tutta la Siria settentrionale” c’è stata “una recrudescenza dei crimini e degli abusi compiuti dai gruppi armati estremisti anti-governativi, insieme a miliziani stranieri ribelli”. Insomma, come titola L’Unità, “crimini di guerra in aumento anche tra i ribelli”. L’articolo riferisce peraltro delle anticipazioni contenute in uno studio dell’Istituto Britannico I.H.S. Jane’s secondo cui i ribelli sarebbero divisi in oltre 1000 brigate armate, per un totale di circa 100 mila combattenti. Quasi la metà di loro sarebbe composta da estremisti islamici, jihadisti, e solo 25 mila apparterrebbero a gruppi laici.

 

Germania

 

“Il dilemma di Angela” è il titolo di un’analisi firmata da Paolo Soldini sulla prima pagina de L’Unità. E il dilemma riguarda l’ipotesi di un secondo voto da dare agli alleati di governo, i liberali dell’Fdp. Riusciranno ad entrare nel prossimo Bundestag superando la soglia del 5 per cento? Se sì, Angela Merkel vincerà le elezioni, resterà cancelliera, rifarà il governo di centrodestra e continuerà la politica dell’austerity. Se invece la Fdp sarà fuori per lei le cose si metteranno male. La Cdu dovrà cercare l’alleanza con la Spd in una Grosse Koalition in cui non è affatto detto che sarà lei la guida. I liberali faranno un forsennato battage per il secondo voto: gli elettori tedeschi ne hanno a disposizione due, infatti, visto che con il primo scelgono tra i candidati che si presentano nel loro collegio, e con il secondo scelgono uno dei partiti sulla base di liste bloccate a livello regionale. I liberali, che non hanno chance di conquistare mandati nei collegi, contano sul fatto che molti elettori cristiano-democratici “prestino loro il secondo voto”. D’altra parte i dirigenti cristiano-democratici non possono permettersi di regalare voti se non vogliono far scendere la loro eroina troppo al di sotto degli indici di popolarità che la incoronino. Soldini segnala però un altro rischio: molti elettori conservatori potrebbero dar forza al partito che propone, in modo radicale, le stesse istanze della Fdp: rifiuto della partecipazione tedesca al salvataggio dell’Euro, rifiuto della politica dell’italiano Draghi alla Bce, rigida difesa delle prerogative della Bundesbank. Insomma, potrebbero votare per Alternative fur Deutschland.

Le pagine R2 de La Repubblica sono dedicate alle elezioni in Germania, previste tra cinque giorni: “Ritratto della Cancelliera che si appresta, per la terza volta, a guidare la Germania. E l’Europa”. Ne scrivono Andrea Tarquini e Bernardo Valli.

 

E poi

 

Ancora confuse le notizie sull’attentato nella base simbolo della marina a Washington. Il killer è stato ucciso, sarebbe un ex dipendente, il suo nome è Aaron Alexis, 34 anni: “Giovane, nero, violento. Il mistero del movente che angoscia l’America” è il titolo dell’articolo che il Corriere dedica alla vicenda.

 

Su L’Unità, alla pagina della cultura, Serena Nocetti si occupa di Papa Francesco: “Il vangelo dei poveri. Con Papa Francesco la ‘rivincita’ della teologia della liberazione”. L’analisi è corredata da una intervista a Gustavo Gutierrez, fondatore della teologia della liberazione: “Anche l’Europa deve imparare”.

 

Su La Repubblica ci si occupa del filosofo Roger Scruton: “Il Profeta contro la crisi”, “Bolle, speculazioni e debito., ecco l’insegnamento di Maometto”, “Per l’Islam, l’economia si fonda su regole morali. E il filosofo Roger Scruton propone di adottare alcuni suoi precetti”.

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