Un G20 di gelo per Obama

Il Corriere della Sera: “Obama spinge, gelo con Putin”, “Lettera del Papa al G20: evitate l’intervento in Siria”. “Al vertice si cerca un’intesa. Gli Usa pronti ad attaccare Assad: ‘L’Onu ostaggio di Mosca’”.

A centro pagina: “Il Quirinale contro la crisi: Berlusconi sosterrà Letta”.

 

La Stampa: “Napolitano al Pdl: niente crisi”, “Il Colle: sarebbe rischiosissima, Berlusconi si è impegnato a sostenere il governo”.

Sotto la testata: “Siria, la lettera del Papa a Putin: ‘Stop al massacro’”, “E agli Usa: ‘Vane le soluzioni militari’”.

 

La Repubblica: “Rischio crisi, l’altolà di Napolitano”, “’Confido in Berlusconi’. Ma il Pdl: tocca al Quirinale salvare il cavaliere”.

A centro pagina: “Siria, gelo al G20 tra Obama e Putin. Il Papa scrive al Cremlino: no al massacro”.

 

Il Giornale torna ad occuparsi in prima del giudice della sentenza Mediaset: “Esposito sotto inchiesta”, “Sono andati a vuoto i tentativi del Pd di arrivare all’archiviazione. Adesso rischia il trasferimento”, “Governo, Napolitano prova a spegnere il video di Berlusconi”.

In prima, con foto: “La sorella violenta inguaia la Kyenge”, “Botte a una vicina albanese”.

 

Libero offre ai lettori una “guida alla crisi”: “Tra falchi e colombe, cosa conviene a Silvio”, “Napolitano chiede al Cav di non far cadere Letta. E anche i numeri lo sconsigliano: il Colle avrebbe 20 posti da offrire a chi tradisce”.

 

Il Sole 24 Ore: “Draghi rassicura i mercati: ‘Tassi Bce bassi a lungo’”, “Il G20: ‘Misure concrete per crescita e lavoro’”.

Di spalla: “Napolitano: con la crisi gravissimi rischi, confido in Berlusconi”, “Schifani: meglio tornare al voto, ma Pdl pronto per l’opposizione”.

A centro pagina: “Il Papa scrive a Putin: ‘No a massacri in Siria’”.

In taglio basso: “Letta: non più sorvegliati speciali, grazie all’Italia non solo austerità”.

 

 

L’Unità: “Il Pd: un delitto aprire la crisi”.

A centro pagina, il vertice di San Pietroburgo: “Siria, Obama isolato al G20”.

 

 

Il Fatto punta sulle motivazioni della sentenza che ha condannato il senatore Dell’Utri a 7 anni: “B. non solo frodatore fiscale: alleato della mafia da 40 anni”, “Nelle motivazioni della condanna a 7 anni per Dell’Utri, la Corte di Palermo documenta il ‘pattp’ stipulato da Berlusconi nel 1974 con i boss Bontade, Teresi e Di Carlo: ‘Soldi in cambio di protezione’. E il Csm vuole trasferire il giudice Esposito”.

In taglio basso: “Lo Ior e quei 500 milioni emigrati in Germania”.

 

G20, gelo Obama-Putin

 

Al vertice del G20 iniziato ieri a San Pietroburgo, scrive Il Sole 24 Ore, il presidente russo non si è certo reso ospitale nei confronti degli Usa: ha organizzato un benvenuto “glaciale” in onore del presidente Obama, tanto che ad accoglierlo all’aeroporto c’erano solo funzionari di terzo livello. E all’arrivo a Palazzo Costantino, dove si è tenuta la seduta plenaria del G20, l’interazione fra i due “è durata 15 secondi, il tempo per darsi la mano e un sorriso forzato”. Secondo i resoconti di chi era presente alla cena dei 20 grandi del mondo, Obama si sarebbe esibito in una appassionata arringa, parlando di diritto, di rispetto delle regole internazionali, di bambini gasati, descrivendo le prove che inchioderebbero il regime di Assad. Obama avrebbe anche distinto tra un attacco prolungato e un attacco mirato per punire una palese e grave violazione di trattati internazionali che fin dagli Ani Venti proibiscono l’uso di armi chimiche in guerra. MA le differenze, in questa giornata del G20 che avrebbe dovuto occuparsi di economia e che è stata invece dominata dalla questione siriana, sono rimaste profonde anche in serata: gli Usa potevano contare solo su tre Paesi decisamente schierati per l’attacco, ovvero la Francia, la Turchia e l’Arabia saudita. Per il resto le posizioni restavano vaghe e il leader russo definiva “ridicolo” il pensare che gli attacchi chimici provenissero dal goveno di Assd e insisteva sull’attacco orchestrato dai terroristi. Del resto -sottolinea l’inviato de Il Sole Mario Platero- a Pietroburgo Obama sta giocando contemporaneamente tre partite: la prima contro i suoi avversari a casa, la seconda contro gli antagonisti dell’America come la Russia o la Cina, la terza per convincere gli alleati a seguirlo. Ieri ha passato alcune ore al telefono con Washington per fare lobbyng su deputati e senatori incerti: l’obiettivo è un voto favorevole al Senato e un voto bipartisan alla Camera. Vittorio Emanuele Parsi, sullo stesso quotidiano, in un’analisi dal titolo “La solitudine di Obama tradito anche dagli amici”, scrive che “è difficile credere che davvero la Casa Bianca possa non accorgersi di come il suo modo di agire stia isolando l’America più di quanto fosse riuscito al tanto criticato e inviso George W. Bush, proprio quando l’America ne avrebbe meno bisogno”. Per Parsi un ruolo chiave nell’indicare “l’infausta” linea rossa dell’uso delle armi chimiche potrebbe aver avuto la consigliera per la Sicurezza nazionale Susan Rice, che nel suo ultimo discorso come Rappresentante permanente degli Usa presso il Consiglio di sicurezza Onu, bollò con parole durissime i veti di Russia e Cina alle bozze di risoluzioni di condanna nei confronti del regime di Assad.

Ieri al G20 è poi arrivata una lettera del Papa: indirizzata a Putin come ospite del vertice, ma rivolta ai leader dei Paesi convenuti in Russia, per scongiurare la soluzione militare del conflitto in Siria. La Stampa ne riproduce integralmente il testo. In uno dei passaggi si legge: “Le guerre costituiscono il rifiuto pratico ad impegnarsi per raggiungere quelle grandi mete economiche e sociali che la comunità internazionale si è data, quali sono, per esempio, i Millennium Development Goals. Purtroppo, i molti conflitti armati che ancora oggi affliggono il mondo, ci presentano, ogni giorno, una drammatica immagine di miseria, fame, malattie e morte. Infatti, senza pace non c’è alcun tipo di sviluppo economico. La violenza non porta mai alla pace, condizione necessaria per tale sviluppo. L’incontro dei Capi di Stato e di Governo delle venti maggiori economie, che rappresentano due terzi della popolazione e il 90% del Pil mondiale, non ha la sicurezza internazionale come suo scopo principale. Tuttavia, non potrà fare a meno di riflettere sulla situazione in Medio Oriente e in particolare in Siria. Purtroppo, duole constatare che troppi interessi di parte hanno prevalso da quando è iniziato il conflitto siriano, impedendo di trovare una soluzione che evitasse l’inutile massacro a cui stiamo assistendo”. Ai leader del G20 il Papa rivolge dunque “un sentito appello affinché aiutino a trovare vie per superare le diverse contrapposizioni e abbandonino ogni vana pretesa di una soluzione militare. Ci sia, piuttosto, un nuovo impegno a perseguire, con coraggio e determinazione, una soluzione pacifica attraverso il dialogo e il negoziato tra le parti interessate con il sostegno concorde della comunità internazionale”.

Paolo Rodari, su La Repubblica, parla di una Ostpolitik di Papa Bergoglio: se quella di Wojtyla era “geopolitica” e rivolta all’Oriente comunista, quella di Papa Francesco si rivolge al mondo islamico, “all’Islam moderato”. E’ una “diplomazia del dialogo”. Dietro l’allarme della Santa Sede ci sono certo le informative in codice rosso ricevute da Beirut e Amman che prospettano una cancellazione dei cristiani da quelle zone: per questo in Vaticano -scrive Rodari- si cerca di tendere la mano ai musulmani moderati. In un mondo profondamente trasformato dal capitalismo globalizzato, l’Islam ha un ruolo decisivo per la pace e il suo ‘luogotenente’ in terra ‘infidelium’, il cardinale francese Tauran, sottolinea che “il dialogo interreligioso è una priorità” del ministero di Papa Bergoglio.

Su La Stampa un’analisi di Claudio Gallo: “I timori della Chiesa. La fuga dei cristiani dal Medio Oriente. Già cacciati dall’Iraq, rischiano l’estinzione dalla regione”. Anche il re di Giordania ha espresso preoccupazioni, convinto che i cristiani abbiano “un ruolo chiave” nelle società arabe.

Sotto Assad -si legge- non c’è mai stata libertà politica, ma tutti i culti, anche i più rari, sono stati preservati.

I Corriere della Sera intervista il premio Nobel per la Pace Lech Walesa: “Diaolo e digiuno, seguiamo il Pontefice”, “L’America sbaglia, è il momento di fermarsi e ricominciare dal tavolo del negoziato”. E al tavolo del negoziato bisognerebbe portare tutti, dice Walesa: “potenze straniere, governo siriano e opposizione”, un po’ come fece il sindacato Solidarnosc con il regime comunista nell’89, con la “Tavola rotonda”, perché “per trovare una soluzione bisogna concordare gli obiettivi, calcolare i rischi e poi agire”. Inoltre “l’America ha perso lo status di leader morale”: anche se mantiene “un primato militare”, è “economicamente indebolita: non può più essere il poliziotto del mondo”.

Il Corriere della Sera, ma anche altri quotidiani, si occupano poi del video diffuso dal New York Times, relativo alla esecuzione in Siria, da parte di ribelli, di sette soldati di Assad: immagini che circolavano da mesi sui siti, ma che ora, rilanciati in prima sul quotidiano Usa con una foto e poi con un video sulla sua edizione on-line, rilanciano i timori e la diffidenza nei confronti delle forze che si oppongono ad Assad, essendo alcuni vicini ad Al Qaeda.

Su La Repubblica, un reportage dal confine con la Turchia, dove arrivano i profughi, firmato da Pietro Del Re: “Viaggio negli orrori dei ‘cattivi ragazzi’, la frangia di Al Qaeda dei ribelli anti-Assad”.

“Il Vaticano e il realismo della pace” è il titolo di un’analisi firmata da Roberto Toscano, che compare sulla prima pagina de La Stampa.

 

 

 

 

Italia. Crisi o no.

 

 

Con quella che il Corriere definisce una “nota ufficiosa”, il Quirinale ha ammonito ancora una volta sui rischi di una crisi di governo. Queste le parole del comunicato: “Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non sta studiando o meditando il da farsi nel caso venga aperta una crisi di governo. Perché, avendo già messo nella massima evidenza che l’insorgere di una crisi precipiterebbe il Paese in rischi gravissimi, conserva fiducia nelle ripetute dichiarazioni dell’onorevole Berlusconi, in base alle quali il governo continua ad avere il sostegno della forza da lui guidata”. Il quirinalista del Corriere Marzio Breda legge la nota in questi termini: “Né giochi né giochetti. Di sicuro non da parte del Quirinale. Dove nessuno prepara alcun piano B (o C o D) per neutralizzare l’ipotetica caduta del governo minacciata dal Pdl e dove dunque nessuno manovra per costruire, come contromisura, maggioranze alternative rispetto a quella che sostiene Enrico Letta, puntando magari a dividere lo stesso centrodestra”. Insomma, la nota aveva l’obiettivo di “spezzare la catena di illazioni e congetture” che dilagano e vengono amplificate dai media, “spesso ocn effetti perversi, che non risparmiano nemmeno la Presidenza della Repubblica, da alcuni impropriamente indicata come il soggetto in grado di sciogliere o complicare -in un senso o nell’altro- il problema”.

La Repubblica descrive così la reazione di Berlusconi in un “retroscena”, attribuendo al Cavaliere queste parole: “’Ma perché devo fidarmi? Io piuttosto mi candido a premier e sarà guerra. Ma avete visto il comunicato? Napolitano dica piuttosto che posso continuare a fare politica’”. Questo avrebbe detto alle “colombe” che lo avrebbero invitato a fare “un passo indietro” e a chiedere la grazia.

In prima su Libero, il direttore Maurizio Belpietro scrive: “Il conto è semplice: se a seguito di un voto che dichiarasse la decadenza di Silvio Berlusconi dal Senato il Pdl uscisse dalla maggioranza, nel governo si libererebbero venti posti. Cinque da ministro -attualmente ricoperti da Angelino Alfano, Beatrice Lorenzin, Maurizio Lupi, Gaetano Quagliariello e Nunzia De Girolamo- più 15 da sottosegretario. Dunque, di fronte a Palazzo Chigi in caso di rottura ci sarebbe l afila di onorevoli pronti a vendersi per un dicastero e venti traditori basterebbero ed avanzerebbero a Enrico Letta per assicurarsi se non una lunga vita almeno lunghi mesi tranquilli, il tempo sufficiente cioè a votare una legge elettorale che impedirebbe al centrodestra di vincere”. Insomma, Libero si rivolge al Cavaliere e lo invita a non aprire la crisi: “Silvio, non dar retta ai falchi. Buttare giù Letta è da polli”, “I numeri sconsigliano la spallata”.

L’ex ministro Giuliano Urbani, tra i fondatori di Forza Italia, intervistato da L’Unità, dice: “Silvio pensi al Paese e si dimetta subito da senatore”, “Una crisi sarebbe tragica. Il governo non va ma andare al voto così riproporrebbe la stessa situazione”.

La Repubblica parla di un “piano anti-elezioni” del presidente del Consiglio: “’Se Silvio mi stacca la spina chiederò i voti ai volenterosi Pdl”.

 

 

Pd

 

Su La Repubblica si dà conto delle dichiarazioni rilasciate ieri da due candidati alla segreteria: Gianni Cuperlo e Matteo Renzi. Cuperlo, scrive il quotidiano, all’applausometro della Festa nazionale in corso a Genova è arrivato quarto (dopo Renzi, Letta e Bersani) e ieri ha detto che l’andazzo della discussione interna al partito non gli piace: “Il Pd -ha ammonito- non diventi ‘un uomo solo al comando’”, h aragione Bersani “quando dice che non ci serve un nuovo profeta”. Nelle stesse ore parlava Matteo Renzi, che ha insistito sulla possibilità di fare insieme sia il segretario sia il sindaco (“si può fare”). E poi ha sottolineato: “La mia forza? Non starà nell’avere il sostegno degli amici degli amici, ma nel portare le energie migliori”.

Sulla prima del Corriere, in un editoriale, Angelo Panebianco descrive “l’effetto slavina” creatosi intorno a Renzi: a sostenerlo è arrivato un partito quasi al completo, precipitandosi sotto le ali di un politico che, solo pochi mesi prima, era stato trattato da tanti come un corpo estraneo. Per Renzi è “un’arma a doppio taglio”: lo innalza irresistibilmente agli onori della leadership ma esercita su di lui anche “una pressione tesa a fargli abbandonare, o a diluire, quelli che, nelle primarie dello scorso anno, erano risultati gli aspetti più innovativi della sua proposta”.

L’Unità riassume così il senso dell’intervento di Cuperlo: “C’è bisogno di sinistra”, “no a partiti personali”.

La Stampa: “Anche i lettiani tentati da Renzi, ‘Ma solo se sostiene il governo’”.

 

 

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