Truppe russe avanzano in Ucraina

Le aperture

Il Corriere della Sera: “I russi avanzano in Ucraina. Migliaia di soldati con i separatisti, Kiev chiede aiuto. Renzi chiama Putin: fermare l’escalation. Condanna di Obama: ci saranno conseguenze”.
In alto: “Più tempo per la riforma della scuola. Decreto soltanto sulla giustizia civile”. “Vertice Napolitano-premier. Quattro miliardi per sbloccare i cantieri”.
A centro pagina: “‘Spie di Israele’, quattro decapitati. Ancora l’orrore jihadista”, in Egitto.
La Repubblica ha in apertura una grande foto satellitare diffusa dalla Nato che mostra i carri armati russi in Ucraina sotto il titolo: “L’Ucraina: Putin ci invade”, “I blindati russi sconfinano, più di mille soldati sul suolo di Kiev”, “Giù i mercati, riunione d’emergenza Onu. Obama: è aggressione”.
In apertura a sinistra: “Governo, lite anche sui conti. Slitta la scuola”, “Renzi a Lupi: troppe spese, tutto da rifare”.
In taglio basso: “L’Is rapisce i Caschi blu. Egitto, quattro decapitati”.

Su La Stampa, grande titolo a centro pagina sulla politica italiana: “Scuola, assunzioni congelate”, “Problemi con le coperture, rinviata la riforma. Via libera alla giustizia”.
Sotto la testata: “Truppe russe in Ucraina. La Nato mostra le prove”. Ma anche le notizie dal Sinai egiziano: “Orrore jihadista nel Sinai: decapitate le ‘spie israeliane’”, “L’esecuzione in un video diffuso da un gruppo islamista vicino all’Isis. Offensiva di Al Qaeda ai confini di Israele contro la missione Onu: catturati 43 Caschi blu filippini”.

Il Fatto: “Scambio tra politica e mafia. Il reato non è più punibile”, “La Cassazione: ‘Non basta che un candidato conosca la capacità intimidatoria dei boss, ma anche che ne abbia concordato l’uso nei confronti degli elettori’. È il frutto delle norme votate sei mesi fa’. Il Fatto l’aveva previsto”.
A centro pagina: “Altro che big bang. Renzi, tutto da rifare”, “La ‘rivoluzione copernicana’ sbandierata tante volte non ci sarà più: rinviata la riforma della scuola. Sulla giustizia, invece, il Caimano boccia tutto e il partito di Alfano apre il fronte contro le proposte del ministro Orlando. Che porterà a Palazzo Chigi un progetto generico sulle intercettazioni e chiederà ai colleghi di dare il via libera al testo del suo disegno di legge sulla prescrizione. E ieri sera, dopo la visita del premier al Quirinale, impasse sullo Sblocca Italia: tra le promesse del rottamatore e il realismo di Padoan”.
In taglio basso: “Esibizione dell’orrore jihad. Quattro nuovi decapitati, esecuzioni nel deserto”.
E sull’Ucraina: “Ucraina, i tank russi sconfinano. Kiev chiede armi alla Ue”.

Europa: “Oggi pomeriggio il consiglio dei ministri. Troppa carne al fuoco: niente scuola, sul resto c’è intesa”. “Il premier lavorerà ancora stamattina per limare i provvedimenti sulle grandi opere e sulla giustizia. Lunghissimo confronto con Padoan sulle risorse, poi Napolitano dà l’ok”.

Il Giornale: “Italiafobia. Altro che accanimento anti-islam. L’Ordine dei giornalisti processa Allam per le sue idee ma in tribunale essere musulmani è un’attenuante. Orrore in Egitto, quatto decapitati. ‘Erano spie israeliane’. In Siria esecuzioni di massa”. Sulla vicenda Allam, il quotidiano ospita un “botta e risposta” tra il Presidente dell’Ordine dei giornalisti Iacopino (“Magdi potrà difendersi”) e il direttore del quotidiano Sallusti (“Una decisione sconcertante”). “#iostoconmagdi” è l’hashtag promosso dal quotidiano, che dedica molte pagine alla vicenda. Sugli altri quotidiani poca attenzione. Il Corriere affida a Pierluigi Battista un commento nella pagina 51 (“Trasformare in crimine un’opinione, per quanto criticabile, noi dovrebbe rientrare nei compiti di uno Stato che voglia conservare la sua anima liberale, figuriamoci di un Ordine professionale come quello dei giornalisti”).
A centro pagina: “Noi censurati, il jihadista in tv da Lerner”. Si parla di Haisam Sakhanh, “invitato da Lerner in tv”. “Ora i video lo mostrano mentre in Siria uccide dei prigionieri”.

Il Sole 24 Ore: “Vendite zero a giugno: non c’è l’effetto 80 euro. Nel primo mese del bonus Irpef gli acquisti al dettaglio scendono del 2,6 per cento su base annua. Fiducia delle imprese: in agosto terzo calo consecutivo”. Di spalla: “Gct, Vivendi sceglie l’offerta di Telefonica. “Bolloré: saremo azionisti importanti di Telecom”.
A centro pagina: “Oggi il governo vara sblocca-Italia e giustizia con la prescrizione. Vertice Renzi-Napolitano. Slitta il pacchetto scuola. Giustizia civile, il piano punta sugli avvocati”.

Misure e coperture

La Stampa, in un “retroscena” di Antonella Rampino, scrive dell’incontro avuto ieri dal presidente del Consiglio con il capo dello Stato: “’C’è troppa carne al fuoco’. Napolitano consiglia prudenza”, “Il capo dello Stato parla con Renzi delle riforme: vanno fatte bene e con calma”. Si fa notare che poi, in serata, Palazzo Chigi ha aggiornato l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi, facendo slittare i provvedimenti sulla scuola e concentrandolo su giustizia e ‘sblocca-Italia’, al quale del resto Renzi aveva dedicato una lunga riunione nella mattinata di ieri con i ministri Padoan (Economia), Lupi (Infrastrutture) e con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio.

Sul Corriere il quirinalista Marzio Breda: “Prudenza con i tempi, rigore e niente strappi. I suggerimenti del Quirinale al premier. L’invito a evitare i decreti monstre e a privilegiare provvedimenti aperti. E la necessità che le misure reggano a ogni vaglio tecnico e all’esame dell’Aula”. “Perché ogni sbaglio avrebbe un caro prezzo per il Paese”, scrive il quotidiano.

Su La Repubblica: “Sblocca-Italia, Renzi ferma Lupi: ‘Quel testo non va, devi riscriverlo’. E la scuola slitta a settembre”, “Dalle misure economiche a quelle sulla giustizia, ecco tutti i nodi del premier. Incontro con Napolitano. Il Quirinale chiede al governo di procedere con calma”. Al ministro Lupi il presidente del Consiglio avrebbe detto che ci sarebbero state decine di miliardi di mancate coperture e che mancava completamente “una visione strategica”.
Il Fatto sottolinea che il problema evidenziatosi era che “non ci sono i soldi per le grandi opere”: “cominciamo coi soldi finti, cioè quelli semplicemente spostati da altri capitoli di spesa”, scrive il quotidiano sottolineando che “ai nuovi cantieri dovrebbero andare 1,2 miliardi del ‘Fondo Revoche’ del ministero Infrastrutture e 2,5 miliardi da quello di ‘sviluppo e coesione’. Quanto ai “soldi nuovi”, si trattava di “spiccioli”: 200 milioni nel 2014, 650 l’anno prossimo e 700 nel 2016. L’estensione dell’ecobonus per le ristrutturazioni con riqualificazione energetica annunciato dal governo costa molto di più ed è quindi probabile che molte delle misure finiscano nella Legge di Stabilità.

La Repubblica torna sulle dichiarazioni del ministro dell’Economia Padoan (“Le coperture ci sono là dove servono”) e scrive che “alla fine, il decreto Sblocca-Italia che il Consiglio dei ministri licenzierà oggi sarà come previsto a costo zero. Nessuna risorsa extra. Solo soldi già disponibili o recuperati dai fondi europei. Difficile andare oltre i 4-5 miliardi già esistenti e pronti a essere riusati per opere grandi e piccole. Il pacchetto di casa Lupi viene di fatto spolpato”. E in basso, sulla stessa pagina: “Fondi recuperati dai cantieri fermi, le grandi opere decolleranno nel 2017”, “niente conferma dei bonus edilizi, ma si lavora per sgravi fiscali su affitti e permute”.

Nell’editoriale di Europa Mario Lavia scrive che la “spiacevole sensazione di queste ore” è che – come si dice con una “non bella e abusatissima” espressione, “la montagna partorirà il topolino”. “Non è così, ma il fatto è che ogni riunione del governo viene caricata da una attesa messianica”, come se il Cdm fosse “ogni volta chiamato a cambiare la faccia dell’Italia” e “non può essere così”.

Sul Corriere: “Renzi: troppa carne al fuoco, la scuola slitta. ‘Non dobbiamo avere paura’. Il leader sul Colle per illustrate a Napolitano le misure”.

Giustizia

“Cambia in extremis il testo della riforma”, scrive La Repubblica con Liana Milella in riferimento alla giustizia: “Prescrizione congelata solo per i nuovi processi”, “l’Ncd chiede di ammorbidire le norme. I procedimenti incorso tra cui quelli di Berlusconi non saranno toccati dalla regola che blocca i tempi di estinzione dopo la sentenza di primo grado”. E l’alfaniano sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa dice: “Abbiamo ottenuto ciò che era stato negato al Pdl”. Sul fronte delle intercettazioni: “novità sugli ascolti: torna in auge l’udienza stralcio su cosa è rilevante”. Per il quotidiano “comincia già a indebolirsi la riforma della giustizia”: Alfano e suoi hanno fatto “la voce grossa” e ottenuto quel che chiedono da giorni. Subito la stretta sulle intercettazioni, anche se con una legge che delega al governo l’intera materia, ma con paletti fermi sulla pubblicazione e sull’uso delle registrazioni. E il quotidiano lamenta anche l’abbandono della “sacrosanta” norma che avrebbe consentito, per reati di corruzione, di regolare le intercettazioni con gli stessi criteri utilizzati per la mafia. Sulla stessa pagina, un’intervista al segretario dell’Associazione nazionale magistrati, Maurizio Carbone: “Ci aspettavamo di più, progetto punitivo”., “La responsabilità civile così com’è rischia di incentivare azioni strumentali”, “è sintomatico che si voglia eliminare ogni filtro di ammissibilità proprio mentre si inseriscono nuovi limiti alle impugnazioni dei processi civili e penali”.

La Stampa: “Giustizia, Alfano porta a casa la stretta sulle intercettazioni”, “Nel decreto le misure per dimezzare i tempi delle cause civili”. Il quotidiano intervista l’ex presidente della Corte d’Appello di Torino, Mario Barbuto, l’uomo che – nelle vesti di presidente di Tribunale – ha trasformato la giustizia torinese in un modello e che ora fa parte del team del ministro della Giustizia Orlando: “Processi in tre anni. Così elimineremo gli arretrati”.

Riforme, Ue

Sul Corriere Alberto Alesina e Francesco Giavazzi (“Un incrocio favorevole”) scrivono di un “incrocio fortunato di eventi”, che consentirebbe ai Paesi dell’Euro di “attuare quella svolta che è necessaria per uscire” dalla stagnazione. Si fa riferimento alle parole di venerdì di Draghi, che ha “detto chiaramente che per ricominciare a crescere sono necessarie riforme strutturali dal lato dell’offerta, accompagnate però da una ripresa della domanda, in particolare dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle imprese”, e che questo non può farlo la Bce. E poi al nuovo governo francese, dove “il cambiamento più significativo è avvenuto al ministero dell’Economia e dell’Industria dove Emmanuel Macron (36 anni), il più liberista dei consiglieri di Hollande, ha sostituito Arnaud Montebourg (56 anni), un socialista del secolo scorso”. Quanto all’Italia, oltre alla riforma della giustizia e al cosiddetto Sblocca Italia, “la riforma più importante riguarda il mercato del lavoro”, e “Renzi ha promesso che si adopererà affinché entro il mese di settembre il Parlamento vari il disegno di legge delega proposto dal suo governo, che riprende le idee del senatore Pietro Ichino riscrivendo da zero lo Statuto dei lavoratori. E quindi modificando anche il famoso articolo 18”. Per non “sprecare questo incrocio fortunato” occorre che in Europa si raggiunga un accordo: la “qualità delle riforme attuate giustifica un allentamento temporaneo dei vincoli sul deficit, condizione necessaria per poter abbassare subito le tasse sul lavoro”, ma “le parole ‘qualità’ e ‘attuate’ qui sono cruciali”. Se si uscisse dalla riunione Ue di domani “senza un accordo sulla necessità di sostenere la domanda interna” si rischia di “rimandare almeno di un altro anno la ripresa dell’eurozona”. E sarebbe bene che Renzi non lasci che “la riunione si perda in una trattativa defatigante sui nuovi commissari e sul ruolo che avrà Federica Mogherini a Bruxelles”, perché in tal caso “avrà perso un’occasione che potrebbe non ripresentarsi più”.

Sul Sole 24 Ore:”Deficit, Parigi vuole un vertice. Hollande: un summit dell’eurozona su crescita e tempi di rientro del disavanzo. La Francia non riuscirà a rispettare il 3,8 per cento e punta a un nuovo rinvio dopo quello del 2013″. “Domani all’Eliseo (prima di Bruxelles) summit tra i premier socialisti con Renzi”.

Ucraina, Ue

Le prime tre pagine de La Repubblica si occupano della crisi ucraina: “Migliaia di soldati russi in Ucraina. Obama: ‘Mosca pagherà un caro prezzo”. Il “retroscena” di Federico Rampini da New York: “La mossa della Casa Bianca: ‘Nuove basi militari ad Est’. Così parte la corsa al riarmo”. L’articolo inizia citando le parole del presidente Usa: “’La Russia ha deliberatamente violato la sovranità ucraina’, accusa Obama dopo un colloquio d’emergenza con Merkel. ‘Vado in Europa a riaffermare l’impegno dell’America in difesa dei suoi alleati’. ‘Vado a concordare nuove azioni comuni’. Il vertice Nato della settimana prossima – dice la Casa Bianca – è il più importante dai tempi della guerra fredda. Qui si tratta di guerra vera, invasione. Obama fa precedere il vertice Nato da una tappa simbolica in Estonia, al confine con la Russia. ‘Non lanceremo una guerra Usa-Russia’, dice Obama, ma all’ordine del giorno c’è il riarmo dell’Occidente ‘per difendere gli altri membri della Nato’ con nuove basi ad Est (Polonia, Paesi baltici) e truppe atlantiche perfino negli ex neutrali Svezia e Finlandia. Ieri è stato convocato in sessione d’emergenza il Consiglio di sicurezza dell’Onu di fronte alle notizie dall’Ucraina. Ma lì Vladimir Putin ha un seggio e il diritto di veto”. Dunque è l’Alleanza atlantica a tornare ad avere un ruolo centrale contro l’espansionismo del Cremlino: nel summit Nato che si terrà in Galles il segretario generale della Nato Anders Rasmussen dovrà superare le resistenze di Italia, Francia e Spagna, e raggiungere l’accordo sule nuove basi Nato in Polonia e nei Paesi baltici.

La Stampa: “Tank e mille soldati. Kiev accusa Mosca: ‘Ecco l’invasione’”, “La Nato mostra le foto dello sconfinamento russo. Obama: azioni gravi, ma nessuna risposta militare”. E, in basso, sulla stessa pagina: “Renzi telefona a Putin: ‘Situazione intollerabile’”, “Il premier: tornare ai negoziati. Merkel: clima deteriorato, agiremo”. Il dossier infiammato di Kiev che invoca l’aiuto dell’Ue -scrive La Stampa- finisce pertanto diritto sul tavolo del vertice dei capi di Stato e di governo che domani si incontreranno a Bruxelles per il Consiglio europeo.

Sul Sole: “Merkel minaccia nuove sanzioni. La crisi cambia l’agenda del vertice di domani a Bruxelles”.

E La Repubblica, a proposito di questo vertice di domani: “Ue, il polacco Tusk per la presidenza. Mogherini Mrs Pesc”. Tusk potrebbe quindi ricoprire la carica che fu di Van Rompuy. Ma sulla candidatura Mogherini, come riferisce il quotidiano, esprimono forti perplessità tanto il Financial Times che Le Monde, secondo cui il suo nome sarebbe “deludente” e “sbagliato”. Il suo scarso carisma soddisferebbe i Paesi che non vogliono una vera politica estera dell’Ue, spiega La Repubblica.
Il Corriere: “Il conflitto plana sul vertice Ue, Mogherini resta favorita”. Il quotidiano parla di “giochi quasi fatti”, ma “sarà una notte bianca, al vertice”. Secondo gli accordi Tusk potrebbe andare alla presidenza del Consiglio europeo, ma “troverà una rivale agguerrita” come la danese Thorning Schmidt”, e la “Polonia potrebbe alzare la posta della trattativa”, perché la presidenza del Consiglio è una carica importante ma “chi è ‘ministro degli esteri Ue’ ha un ruolo a volte più operativo”, ed è vicepresidente della Commissione.

Sul Corriere Fabrizio Dragosei scrive che “ormai ci sono ben pochi dubbi”, dopo le tante testimonianze e le foto satellitari della Nato: si tratta di due colonne militari russe entrate in Ucraina. Una forza di “invasione (‘incursione’, ha detto la Nato) di almeno mille uomini organizzata e diretta dal Cremlino”. Mosca dice che sono “semplici volontari che non hanno nulla a che fare con l’esercito regolare di Mosca”. Il corrispondente da Mosca scrive che “al di là delle smentite” russe, la “conferma del fatto che truppe russe si trovino in Ucraina e stiano combattendo viene anche da centinaia di parenti di soldati russi e da membri del consiglio presidenziale russo per i diritti umani”. “L’ipotesi poi che i militari possano essere andati a combattere prendendo delle ferie è veramente risibile se si pensa a come funzionano le cose in Russia”.
Un altro articolo: “Le madri in piazza: i nostri figli soldati scomparsi. Sarebbero centinaia i militari inviati in Ucraina e mai più tornati. Mosca nega: ‘Solo dieci catturati da Kiev hanno sconfinato’. Negli ospedali arrivano anche i feriti, troppi per delle semplici esercitazioni”.

Jihad, Golan, Siria, Iraq

Su La Stampa, attenzione alla situazione irachena: con un “retroscena” di Maurizio Molinari: “In Iraq gli ex colonnelli di Saddam lottano nel nome del Califfo”, “Ai vertici dell’Isis molti gerarchi del regime deposto”.

E il quotidiano intervista Paul Bremer, che è stato il governatore dell’Iraq dopo l’invasione del 2003: “Il mio errore – dice – è stato affidare la deebathificazione ai politici iracheni, che l’anno stravolta ed esagerata. L’Isis però è nato dagli errori commessi dopo il 2009, e ora il presidente Obama non dovrebbe escludere l’uso di soldati sul terreno per sconfiggerlo in Siria”, “tutta la società voleva la debaathificazione. Il decreto che io firmai, scritto dal Pentagono, riguardava però solo 1% delle cariche più importanti. I politici iracheni lo hanno allargato esageratamente, costringendomi ad annullarlo”, “l’errore è stato il ritiro completo delle truppe Usa, che ha lasciato il premier Al Maliki da solo. A quel punto le sue politiche sono diventate molto più settarie, aprendo la porta al risentimento dei sunniti”. Non sarebbe meglio allearsi con il presidente siriano Assad? “No. Dovremmo sostenere davvero l’opposizione moderata, per combattere insieme l’Isis e rovesciare Assad, e pensare ad una forza internazionale per stabilizzare poi la Siria”.

Su La Repubblica segnaliamo un commento di Adriano Sofri alle immagini dei militari siriani catturati dall’Is e costretti a marciare nel deserto prima dell’esecuzione: “gli incolonnati sono sciagurati militari del regime siriano di Assad che fino a poco fa hanno difeso il campo d’aviazione di Tabqa, l’ultima ridotta espugnata dallo Stato islamico nella provincia di Raqq in cui ha la sua roccaforte. Sono stati denudati delle loro uniformi, per destituirli della qualità di soldati e combattenti, ma anche della qualità di umani. Le mutande che hanno indosso non sono un ultimo straccio di rispetto al loro pudore, ma alla verecondia timorata dei loro aguzzini”.

La Stampa: “Video choc, quattro decapitati nel Sinai”, “In azione gruppo islamista che s’ispira all’Isis: ‘Erano spie del Mossad’. In Siria uccisi 250 soldati di Assad”. Scrive il quotidiano che “con la decapitazione di quattro presunte spie israeliane i salafiti di Bayit Al Maqqdis portano nel Sinai i metodi di Isis, facendo temere all’Egitto un ‘contagio’ fra i due gruppi terroristi”. E in basso, sulla stessa pagina: “Offensiva di Al Qaeda sul Golan. Catturati 45 caschi blu filippini”: l’organizzazione jihadista siriana Al Nusra, affiliata ad Al Qaaeda, secondo La Stampa, apre quindi “il fronte con Israele”. Questo Paese, ricorda il quotidiano, ha strappato le Alture del Golan alla Siria nel 1967, annettendole nel 1981, ma il regime di Damasco non ha mai rinunciato all’idea di riconquistare: “con il blitz
contro l’Onu, Al Nusra sembra voler rivaleggiare nel Sud della Siria con gli avversari di Isis”.

Sul Sole 24 Ore ne scrive il corrispondente dagli Stati Uniti: “La minaccia presentata dallo Stato Islamico”, si legge, “sta mettendo a dura prova l’amministrazione e il Pentagono. Bombe ed embarghi potrebbero non bastare, oppure mettere a rischio popolazioni innocenti. Il Califfato ha ormai i contorni di uno stato del terrore, che governa con brutalità 8 milioni di abitanti e dispone di una vasta e autosufficiente economia sommersa, dal commercio del petrolio all’agricoltura, con entrate mensili per milioni di dollari”. “I soldi che arrivano dall’estero impallidiscono di fronte alle attività di autofinanziamento”, ha detto al Wall Street Journal un funzionario del Dipartimento di Stato Usa”, scrive il quotidiano.

Il Corriere ricorda che la Penisola del Sinai, “che collega due continenti e si estende per 61 mila chilometri quadrati di deserto e montagne”,è grande tre volte Israele, duecento la striscia di Gaza, e confina con Israele, Palestina ed Egitto. “I gruppi salafiti reclutano tra i beduini che trafficano droga, armi, esseri umani da rivendere come schiavi”. Al Sisi considera il Sinai e la striscia “due dune dello stesso problema”, e avrebbe preferito che Netanyahu “andasse fino in fondo”; togliendo ad Hamas il controllo i Gaza.

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