Tre scogli per Letta: Imu, tasse, convenzione

 

Il Corriere della Sera: “Letta accelera, c’è la squadra. Fassina e Casero all’Economia, al governo anche Miccichè”. “Dieci viceministri, 30 sottosegretari. Catricalà allo Sviluppo. Il peso dei partiti sulle nomine”.

 

La Repubblica: “Tasse, Letta frena: il rigore serve. Bce, costo del denaro mai così basso. Saccomanni:non sforare il deficit”. Di spalla una intervista alla Presidente della Camera Laura Boldrini: “Minacciata perché sono donna, ora una legge per il web”. A centro pagina: “Renzi: no a Berlusconi nella Convenzione. Nominati i 40 sottosegretari: entrano Miccichè, Catricalà, la Santelli, Biancofiore e Ferri (Giustizia). Fassina all’Economia.

 

La Stampa (che oggi dedica 8 pagine di inserto alla libertà di stampa: “Il dovere di raccontare”), titola: “La Bce taglia, tassi mai così giù. Letta: ‘Meno tasse rispettando i conti’. Saccomanni: il deficit resterà sotto il 3 per cento. Il premier completa la squadra: Fassina vice all’Economia, entra anche Miccichè”. A centro pagina: “Il ritorno di Ratzinger: due Papi in Vaticano”.

 

Libero: “Letta non dura. Lo scontro sull’Imu, la rigidità dell’Europa, le fortissime tensioni nel Pd, gli appetiti di Renzi, i maldipancia nel Pdl: troppi fattori contro il neo premier. Che lo sa e prova a bruciare i tempi”.

 

Il Giornale: “I fucilieri di Grillo. Becchi, l’intellettuale vicino ai Cinque Stelle: ‘Non stupitevi delle armi con i banchieri al governo’. Poi tutti lo scaricano, ma è troppo tardi”. A centro pagina, con foto: “Le esternazioni della Boldrini. La signora comunista indulgente con i carnefici”.

 

Il Sole 24 Ore: “Draghi, quarto taglio. Tassi Bce allo 0,50 per cento.’Pronti ad applicare rendimenti negativi sui depositi’. Avviate consultazioni per rilanciare il credito delle banche alle famiglie e alle imprese”. A centro pagina: “Ocse: giù le tasse sul lavoro. Letta: priorità è l’occupazione, pressione fiscale insostenibile. Ripresa rinviata al 2014. Saccomanni: Def a saldi invariati, ma contano solo le stime Ue”.

 

Avvenire: “Somalia, eccidio ignorato. L’agghiacciante bilancio stilato dalla Fao sul Corno d’Africa. Inutili gli appelli dell’Onu. Oggi sono a rischio oltre 30 milioni di persone nel Sahel. In due anni 260 mila morti per fame, la metà bambini”.

 

Governo, Convenzione

 

Ieri il Presidente del consiglio ha incontro il presidente della Commissione europea Barroso. “L’Europa chiede rigore, Letta ottimista”, scrive il Corriere della Sera.

Lo stesso Letta, al ritorno dal suo viaggio nelle tre capitali europee, si è definito “più ottimista di quando sono partito da Roma”. “Ho confermato a Josè Manuel Barroso – ha detto ancora Letta – l’impegno a mantenere le decisioni assunte dal precedente governo con la Commissione Ue”. Sulla questione tasse: “L’Italia ha una pressione fiscale assolutamente insostenibile. In prospettiva deve scendere, ma senza rilassamento fiscale”, ha detto ancora il Presidente del Consiglio, precisando che l’Italia non chiederà il rinvio del pareggio di bilancio strutturale nel 2013, pesando sul nostro Paese un debito pubblico più alto che altrove in Europa”. Sarà il 29 maggio che la Ue deciderà se l’Italia potrà uscire dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, tetto fissato al 3 per cento del Pil al 2,9 per cento.

Nella stessa giornata di ieri l’Ocse, a Roma, ha presentato il suo rapporto economico sull’Italia. Il capo economista dell’Organzizazione, Pier Carlo Padoan, ha sottolineato che la priorità fiscale in Italia è la riduzione delle tasse sul lavoro e non l’Imu. Riferisce le sue parole Il Sole 24 Ore: “Considerando che il forte vincolo di bilancio dell’Italia va rispettato, ai fini della credibilità del Paese, bisogna stabilire delle priorità. Noi riteniamo che la scelta fiscale coerente con queste indicazioni e con le priorità indicate dal governo italiano sia la riduzione delle imposte sul lavoro. Altre scelte si possono fare più avanti e poi andranno garantite le coperture. Per l’Ocse, scrive Il Sole, in Italia “è impossibile per il momento ridurre in modo significativo il livello complessivo della imposizione”: è possibile invece “l’eliminazione delle agevolazioni fiscali per incrementare la base imponibile insieme ad un ritocco al ribasso delle aliquote marginali ‘senza impatto sulle entrate’”. Il segretario generale Angel Gurria ha aggiunto che è “tendenza generale nel mondo” quella di tagliare le tasse sulle imprese e sul lavoro compensando con imposte sui consumi, su proprietà immobiliari e su emissioni di gas serra. E ancora nel suo rapporto l’Ocse ha ribadito che il Paese – che ha un rapporto Debito Pil vicino al 130 per cento – la priorità è la riduzione prolungata del debito pubblico. L’Organizzazione ha rivisto al ribasso il Pil italiano. L’economia “potrebbe frenare” nei prossimi mesi e “non dovrebbe iniziare a crescere prima del 2014”. Nel suo intervento alla presentazione del rapporto, il neoministro dell’Economia Saccomanni ha sottolineato che le raccomandazioni di policy sono in linea con il Documento di economia e finanza, con i contributi del comitato dei saggi e con le analisi della Banca d’Italia. Quanto alle stime di crescita, ha invece rimarcato che esse non tengono conto dell’effetto positivo che potrà derivare dal decreto legge sulla restituzione dei debiti della Pubblica amministrazione alle imprese: un provvedimento che avrà un impatto positivo sulla crescita nel 2013 e soprattutto nel 2014.

 

Tra i nomi dei nuovi viceministri e sottosegretari: Stefano Fassina del Pd e Luigi Casero del Pdl, viceministri all’Economia. E poi due sottosegretari: Alberto Giorgetti e Pierpaolo Baretta. Allo sviluppo economico è stato nominato viceministro Antonio Catricalà, cui verrà assegnata la delega alle Comunicazioni. Sempre allo Sviluppo economico, viceministro Carlo Calenda di scelta Civica, che La Stampa ricorda essere vicino a Luca Cordero di Montezemolo. Alla Farnesina ci saranno tre viceministri: Lapo Pistelli, Bruno Arachi (consigliere diplomatico di Berlusconi a Palazzo Chigi) e Marta Dassù. Alla Giustizia, secondo il quotidiano, si realizza un equilibrio perfetto Pd-Pdl, con la nomina di Giuseppe Beretta (Pd) e Cosimo Ferri (in quota Pdl) come sottosegretari. Il sindaco di Salerno Vincenzo de Luca diventa viceministro alle Infrastrutture. Al Lavoro un solo viceministro, Cecilia Guerra, e due sottosegretari: Jole Santelli e Carlo Dell’Aringa. Tra i sottosegretari alla Presidenza del consiglio arrivano Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud, che si occuperà della Pubblica Amministrazione, e Michela Biancofiore, una delle amazzoni berlusconiane. Si occuperà di editoria da Palazzo Chigi il Pd Giovanni Legnini.

Il Corriere della Sera racconta la “trattativa finale tra premier e Alfano. A sinistra la rivincita degli ex ds”, e racconta che Stefano Fassina “aveva espresso forti dubbi sulla squadra di via XX settembre e Letta ha strategicamente deciso di ‘riassorbire’ il dissenso nominandolo viceministro di Saccomanni. Se a Fassina è stata affidata la delega alla riforma fiscale è proprio per coinvolgerlo nelle responsabilità di governo e facilitare la ricerca di un compromesso sui temi esplosivi come l’Imu e l’Iva”. Il quotidiano parla anche di un altro Pd il cui nome sarebbe stato “depennato”: “Roberto Reggi, braccio destro di Matteo Renzi durante la battaglia delle primarie, è stato depennato nelle ultime ore con grande sorpresa del sindaco di Firenze”. L’ex sindaco di Piacenza non ha commentato, ma gli amici raccontano che ci sarebbe rimasto male, e parlano di “veti diretti e mirati che sarebbero stati imposti da Pier Luigi Bersani in persona”.

Secondo La Repubblica il sindaco di Firenze Matteo Renzi, ai parlamentari che a lui fanno riferimento, avrebbe raccomandato, sul destino della Convenzione per le riforme: “Un conto è fare un governo con il Pdl perché non ci sono alternative, altro è dare la Convenzione a Berlusconi”, “non è che possiamo arrivare a trasformarlo in un padre costituente”, “sarebbe un errore gravissimo accettare che faccia il Presidente della Convenzione”. Secondo Renzi la clausola della elezione del leader Pdl alla guida della Convenzione “non può rientrare negli accordi di governo”, anche se qualcuno – Bersani o Letta, scrive La Repubblica – può aver fatto balenare questa possibilità nei giorni della trattativa sulle larghe intese.

Della Convenzione per le riforme ha parlato ieri Stefano Rodotà, il giurista che il Movimento 5 Stelle avrebbe voluto alla Presidenza della Repubblica, in un incontro tenuto a Roma e promosso dalla rivista Left dal titolo “la rivoluzione della dignità”. Rodotà ha definito la Convenzione “un cattivo servizio per le politiche di riforma, l’opposto di quel che si dovrebbe fare, rimettere il Parlamento al centro”. Ed è lo stesso Rodotà, in una analisi su La Repubblica, a parlare oggi di “assalto alla Costituzione”. Rodotà parla dell’attuale esecutivo come di un governo “per sottrazione”: non tanto per l’esclusione di pezzi del personale politico (rottamazione riguardante peraltro solo il Pd) quanto piuttosto “per il silenzio su una serie di questioni evidentemente ritenute ‘divisive’”. Rodotà ricorda quanto sia urgente la questione sociale in questo “tempo dei suicidi” e sottolinea che “la capacità di governo dei processi sociali si misurerà proprio in questa direzione, che non può essere dominata dalla prepotenza della economia”. Al programma di governo illustrato dal presidente del Consiglio Letta, Rodotà rimprovera di essere “prigioniero della logica della sottrazione” per quel che riguarda i diritti civili: la legge sulla fecondazione assistita, che ha prodotto un turismo procreativo che discrimina le donne, oppure il diritto per le coppie dello stesso sesso di veder riconosciuta la loro situazione (come ricordato di recente anche dal presidente della Corte costituzionale) e che pure faceva parte del programma in 8 punti “sbandierato” da Bersani, al pari della legge sul conflitto di interessi, sulla incandidabilità, sul falso in bilancio, sulla prescrizione dei reati. “Tutti temi che, malinconicamente, sembrano archiviati”, scrive Rodotà. Che ricorda come i gruppi di opposizione abbiano “responsabilmente” parlato della loro volontà di valutare nel merito, senza pregiudizi, i singoli provvedimenti del governo. Utilizzando anche le norme regolamentari che assegnano spazi garantiti per la discussione delle loro proposte, i gruppi di opposizione, che non possono ridursi ad un “gioco di rimessa”, presenteranno certamente proposte proprie: “Saranno valutate dalla maggioranza di governo con lo stesso spirito costruttivo manifestato dalle opposizioni?”. Ma secondo Rodotà il punto “più inquietante” della linea istituzionale enunciata dal presidente del Consiglio risiede nella proposta di istituire una Convenzione per le riforme: preoccupa il collegamento tra riforma elettorale e riforme istituzionali, che contraddice la proclamata urgenza del cambiamento della legge elettorale e rischia, in caso di crisi, di farci tornare a votare con il Porcellum, legge che contiene un clamoroso vizio di incostituzionalità”. Inquieta poi, secondo il giurista, la pretesa di Berlusconi di vedersi attribuire la Presidenza di questa Convenzione, dopo esser stato l’artefice di una riforma costituzionale clamorosamente bocciata nel 2006 da 16 milioni di cittadini.

 

Napolitano

 

Ieri hanno fatto discutere le dichiarazioni alla trasmissione radio La zanzara di Pasquale Cascella, ex portavoce di Giorgio Napolitano, oggi candidato alle elezioni comunali a Barletta, che ha detto: “Napolitano non resterà sette anni, no. Il tempo di vedere le riforme avviate e poi lascerà. Tre anni? Speriamo molto meno”. L’annuncio, scrive Marzio Breda sul Corriere della Sera, “ha l’impatto di un meteorite a Montecitorio e dintorni. Perché questioni simili, di solito rientrano nella sfera dell’indicibile, almeno da parte di chi sta dentro ai palazzi del potere. Non a caso, l’unico commento filtrato dal Quirinale è che ‘a parlare è un privato cittadino, non più il consigliere per la stampa e l’informazione del capo dello Stato’. Interpretazione minimalista ma vera. Lo conferma lo stesso Cascella, di solito molto laconico. ‘La mia è una posizione senza più vincoli istituzionali, libera’. Infatti, prevedendo un cambio della guardia sul Colle, si era dimesso prima della rielezione di Napolitano, candidandosi alle elezioni comunali di Barletta”. Breda scrive che “per quanto sia intuitivo che il presidente non rimarrà al suo posto per l’intero settennato”, sollevare pubblicamente il tema della successione “rischia di introdurre variabili potenzialmente destabilizzanti nel dibattito politico”.

Ieri intanto il Presidente della Repubblica ha comunicato l’annullamento del tradizionale ricevimento al Quirinale per il 2 giugno. Per “ragioni di sobrietà e massima attenzione al momento di grave difficoltà che larghe fasce di popolazione attraversano”, dice la nota, come scrive Il Giornale.

 

E poi

 

Il Foglio dedica la sua prima pagina ad un lungo articolo di Adriano Sofri dal titolo: “Guantànamo, la tortura e noi”, dove si parla di “quei 92 corpi alimentati a forza”, che “costano all’America più di una battaglia perduta. La pena di vita”.

Sullo stesso quotidiano si dà conto di un documentario della Bbc dedicato alle “sharia courts”,: ne esistono in Inghilterra 85 e per il quotidiano è un sistema parallelo alla Common Law.

Su La Repubblica: “L’ultima crociata di Obama: ‘Vietare alle adolescenti la pillola del giorno dopo’. Il governo ricorre dopo il via libera alla vendita”. L’Amministrazione Obama, attraverso il Dipartimento alla giustizia, avrebbe deciso di ricorrere contro la sentenza di un giudici federale che in aprile ha stabilito la necessità di mettere a disposizione di tutte le donne senza alcun limite di età la pillola del giorno dopo. La Casa Bianca sarebbe insomma contraria ad una deregulation totale. La FDA, l’agenzia federale sul farmaco, aveva infatti ammesso la vendita alle ragazze dall’età di 15 anni. “Togliere i limiti sarebbe un pessimo segnale per le nostre ragazzine, un irresponsabile semaforo verde”, dicono gli opinionisti che concordano con Obama.

Su La Stampa si parla del 1 maggio a Cuba, dove per la prima volta sono sfilati, con i lavoratori statali, anche gli imprenditori privati e i loro dipendenti. “Cuba, la prima festa del lavoro privato”, il titolo.

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