Sul Quirinale nessuno ha le carte in mano

Il Corriere della Sera: “La fiducia in Renzi cala sotto il 50 per cento”. “Persi cinque punti in un mese, sale Salvini. Passa la legge di Stabilità, ordine del giorno per ridurre gli F35”. “Il premier: Berlusconi non dà più le carte. L’ex Cavaliere: siamo in campagna elettorale”.
A centro pagina: “Il Papa: i leader islamici condannino il terrorismo”. “Il viaggio: ‘Noi cristiani cacciati dal Medio Oriente'”.
Accanto, un articolo dedicato alla Libia: “Nel Califfato libico davanti a noi”.
A fondo pagina la notizia di cronaca: “Lo zainetto sparito e le ferite: è omicidio”. “Il bambino di Ragusa, sospetti su una violenza. Sequestrata l’auto di un cacciatore”.

La Repubblica: “Ucciso e gettato nel fosso, caccia all’assassino di Loris”, “Dall’autopsia l’ipotesi di violenze sessuali sul bimbo. Sequestrata l’auto di chi l’ha trovato”.
In apertura a sinistra: “Ilva allo Stato, ecco il piano del salvataggio”, “Scatterà l’amministrazione straordinaria”, “Renzi-Berlusconi, scontro sulla riforma”, “Il premier: non dà lui le carte, apro ai M5S”.
A centro pagina, foto dell’ecomostro di Alimuri: “Cinquant’anni per abbattere l’ecomostro”.

La Stampa: “L’autopsia sul bimbo siciliano: ‘È stato violentato e ucciso’”, “Sequestrata l’auto del cacciatore che ha trovato Andrea Loris. L’uomo interrogato per ore dagli inquirenti, non risulta indagato”. E l’inviato a Ragusa racconta: “I sospetti del padre: so chi è stato. Lo ammazzo con le mie mani”.
Sotto la testata: “Fuga dei militanti dal sito, così fallisce il sogno di Grillo”, “Renzi apre ai dissidenti: collaboriamo sulle riforme”.

Il Fatto: “’Noi figli del divorzio’, “Quasi un bambino su tre. Una volta erano l’eccezione, nel 2012 le famiglie che si sono divise sono state oltre la metà dei matrimoni. Il distacco nelle parole degli esperti e nel racconto dei lettori che ripercorrono quei momenti: ‘Il giorno che papà e mamma ci hanno detto che non si amavano più’”.
Sulle primarie Pd in Veneto e Puglia: “Primarie Pd: sindrome emiliana, flop in Veneto”, “Solo in 30 mila ai seggi: stravince la Moretti. Buona affluenza in Puglia: hanno votato in circa 100 mila”.
Sul M5S: “Stillicidio a 5 Stelle, deputati cacciati via sms”, “Benservito ad Artini e Pinna senza aspettare l’assemblea. I timori dei 20 della black list”.
In taglio basso, l’editoriale di Feruccio Sansa: “Perché Renzi dovrebbe tifare per Beppe Grillo”.
In prima anche il reportage da Kiev: “Da Chernobyl alla guerra: vita da bambini a Kiev”, “Senza farmaci e soli: il collasso della sanità in Ucraina”.

Il Messaggero: “Ecco il piano anti-burocrazia”. “Documento del governo con 38 ‘missioni’. Via file e ritardi. A gennaio già i primi moduli unici. I cardini della riforma: tecnologia, fisco, welfare, edilizia e impresa. Il varo nel prossimo cdm”.
Da segnalare una ampia intervista del quotidiano romano a Sabino Cassese, “una vita spesa per la semplificazione”: “‘Stavolta si fa come in Usa: risultati mirati e verificati'”. Cassese dice che in Italia c’è anche un problema di come sono scritte le leggi: il primo passo per cambiare sarebbe “seguire i manuali” e poi, “per le leggi più importanti”, “come accadde per la Costituzione, dovrebbero essere riviste da italianisti”. Cassese apprezza lo sforzo del governo Renzi: “Vedo uno sforzo estremamente meritorio”, dice.
A centro pagina: “Renzi tenta l’M5S sulle riforme. I grillini: ok, ma serve ok del web”.

Il Giornale: “Sul Quirinale il ricatto di Renzi. Altro che trattativa”. “Il premier minaccia elezioni anticipate se non si fa come dice lui”. “Pd nel caos: crollo di voti alle primarie”. “Nessuno va al Colle da solo” è il titolo di un commento di Adalberto Signore.
La pagina “controcorrente” del lunedì del quotidiano di Sallusti è dedicato agli stipendi dei funzionari pubblici: “Gli stipendi d’oro dei mandarini di Stato. La legge impone il limite di 240 mila euro. Ma giudici e burocrati guadagnano molto di più”. Un altro articolo è dedicato alla “sinistra al caviale”, o meglio a Luciana Littizzetto: “La parolaccia ti fa ricca. La Littizzetto ha 22 case”.

Il bambino di Santa Croce Camerina

Le prime 4 pagine de La Repubblica sono dedicate a Loris Andrea Stival, il bimbo di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, ucciso due giorni fa. Pagina 2: “L’ipotesi che il bimbo sia stato violentato, forse in passato aveva già subito altri abusi. La procura indaga per omicidio volontario, giallo sullo zaino della scuola: è sparito”. E, a pagina 3: “Sequestrata l’auto del pensionato che ha trovato il corpo”. Il pensionato-cacciatore in questione ha raccontato di essersi attivato nelle ricerche sabato, dopo che la moglie, mentre lui era seduto in casa sul divano a guardare la tv, lo aveva sollecitato a contattare altri cacciatori per cercare il bambino: “Mi sono diretto da solo – ha detto – in attesa di coinvolgere altre persone, d’istinto , verso la zona del vecchio mulino. È una zona conosciuta per la caccia, che frequento spesso”. Così, quando gli agenti della Volante hanno notato la sua macchina, il cacciatore era saltato fuori dal canneto agitando le braccia e gridando di aver trovato il bimbo scomparso. Insospettisce il fatto che l’uomo sia andato a colpo sicuro in quella zona, la troppa precisione dell’orario indicata dal cacciatore.

Il Corriere dà conto delle parole del cacciatore, che dice: “Sono sereno, ho chiarito tutto, e non sono indagato: adesso torno a casa”. È stato sentito per oltre 4 ore, ha spiegato di aver cercato il bambino in quella zona perché pensava fosse una zona dove non sarebbe andato nessuno. Il bambino era stato lasciato a scuola alle 8 del mattino di sabato dalla madre. Una testimone dice di averlo visto alle 9.10 vicino alla scuola. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza posizionate intorno all’edificio non lo riprendono né uscire da solo né in compagnia di qualcuno. Ci si chiede come sia arrivato al mulino – 4 chilometri – dove è stato trovato morto.

Anche La Stampa si occupa di questo fatto di cronaca alle pagine 2 e 3. E si riferiscono le parole del padre del bimbo, pronunciate entrando in Questura: “Questa volta lo ammazzo con le mie mani”.

Il Messaggero scrive che però gli inquirenti hanno smentito che il padre del bambino abbia pronunciato queste parole: “‘Il padre di Loris non ha mai parlato dell’omicidio di suo figlio né ha mai detto di sapere chi è stato e di volerlo uccidere. Neppure lui sa a che punto sono le indagini'”, precisano “gli investigatori della squadra mobile e dei carabinieri rientrando nella caserma di Ragusa, a proposito di indiscrezioni di stampa. ‘È assolutamente falso – sottolineando – e domani forse sarà tutto più chiaro. Per il momento c’è il segreto istruttorio'”. La procura ripete che non ci sono indagati.

Pd, Renzi, M5S

Il sondaggio di Nando Pagnoncelli si sofferma sui dati di popolarità dei leader, e segnala che per la prima volta Matteo Renzi è sceso sotto il 50 per cento di gradimento. A ottobre era al 54 per cento, oggi al 49 per cento. Matteo Salvini è salito dal 28 al 33. Al terzo posto Giorgia Meloni, gradita al 25 per cento degli italiani, al quarto Berlusconi, al 25, poi Alfano, Vendola e Grillo. Renzi cala come tutti i leader europei, anche se – scrive Pagnoncelli – nel suo caso “ha alimentato nei cittadini aspettative” e se alcuni provvedimenti ci sono “altri faticano a vedere la luce”. Secondo Pagnoncelli Renzi perde consensi tra gli italiani colpiti dalla crisi – piccoli imprenditori, artigiani, commercianti e disoccupati, e in parte anche tra gli elettori del Pd, “mentre si consolida il gradimento tra le persone meno giovani e i pensionati”. L’erosione della popolarità di Renzi “può rientrare”, dice Pagnoncelli, se Renzi “chiuderà da vincente” i capitoli sul Jobs Act e sulla legge elettorale.

La Repubblica: “Scontro tra Renzi e Berlusconi: ‘Silvio non dà più le carte, sì alle riforme con i grillini’”, “La replica: ‘Siamo in campagna elettorale Parlamento illegittimo’. Il premier al Pd: fuori c’è Salvini-Le Pen, non un’altra sinistra”.
Sulla stessa pagina, il “retroscena” di Goffredo De Marchis (illustrato da una foto di Giorgio Napolitano, che cammina appoggiandosi ad un bastone): “Ma l’ex Cavaliere scommette: l’ddio di Napolitano frenerà l’Italicum”. E alla pagina seguente, un’intervista al leader di Sel Nchi Vendola, che dice: “Al Colle un nome autonomo, qui non vale il Patto del Nazareno”.

La Stampa: “Riforme e legge elettorale. Ora Renzi apre ai grillini”, “E oggi nella direzione Pd chiederà carta bianca sulla sua road map”. E si riferiscono le sue parole: “Quello che sta accadendo dentro Cinque Stelle non credo che resterà senza conseguenze nei prossimi mesi per l’andamento della legislatura. Ma non credo che verranno a ingrossare la maggioranza”. Tuttavia, come sottolinea il quotidiano, una mano tesa al M5S su riforma e legge elettorale è arrivata, quando ha detto “se sono disponibili a scrivere assieme le regole, tutta la vita”.

Sul Corriere l’articolo dedicato a Renzi, Berlusconi e M5S dà conto delle “aperture” del premier e scrive anche che il premier nega di avere in corso trattative con Fitto: “Sono altri che ci parlano nel Pd. D’Alema? Non faccio nomi, ma sono eletti in Puglia in passato”.

Sul Giornale: “Fuoriusciti ed espulsi pronti al confronto con i Democratici”. “I frondisti M5S ora puntano su Pizzarotti”. Si ricorda che dopodomani c’è l’assemblea congiunta dei gruppi di Camera e Senato, e che i “duri e puri della prima ora, giorno dopo giorno, rappresentano una maggioranza sempre meno forte”.
“Paura a 5 Stelle. L’ultimo strappo: cacciati via sms”, titola Il Fatto spiegando che sui telefonini di Massimo Artini e Paola Pinna, deputato M5S, è arrivato alle 4 del pomeriggio di domenica un messaggio di questo tenore: “Grazie per il lavoro fatto in questo anno e mezzo”. A spedirlo era il capogruppo di turno alla Camera, Andrea Cecconi. Eppure si era detto che per l’espulsione si sarebbe dovuto aspettare l’assemblea di mercoledì. Invece, a sorpresa, scrive il quotidiano, Artini e Pinna vengono spediti al gruppo misto, senza possibilità di appello.

Su la Repubblica: “Caos M5S, espulsioni senza assemblea”, “I grillini apprendono dalla Boldrini che Pinna e Artini sono già nel Misto e scoppia la protesta contro il capogruppo. Fico chiude a Renzi sulle riforme: ‘Vuole sembrare dialogante, ma poi sull’Italicum va avanti come un treno’”. Roberto Fico -ricorda il quotidiano- è uno degli eletti indicati da Grillo come possibili garanti del direttorio ed è convinto che l’apertura del presidente del Consiglio sia un bluff.

Su La Stampa anche un’inchiesta di Gabriele Martini sul Movimento 5 Stelle: “Fuga dei militanti M5S. Democrazia diretta addio”, “Quasi dimezzati i voti espressi sulle espulsioni dei dissidenti. Metà delle proposte di legge non raggiunge i 200 commenti”. Il blog avrebbe perso, in un anno, due milioni di accessi mensili.
E sulla stessa pagina si scrive del “primo nodo” per il direttorio indicato da Grillo: la nascita di un gruppo degli espulsi. Nella lista nera ci sarebbero infatti altri sedici parlamentari a rischio. A Montecitorio servono venti deputati per la costituzione di un gruppo e al momento ci sono già cinque” esuli”. A Palazzo Madama ne bastano dieci e c’è una “costellazione di ex” che finora non ha trovato l’amalgama: sei senatori sono raccolti in due componenti, mentre altri sette stazionano nel gruppo misto in attesa di sviluppi.

L’editoriale di Giuliano Ferrara, sul Foglio, è dedicata a Grillo “quella tonitruante perdita di tempo che ora si sente stanchina”.

Berlusconi, Renzi, Quirinale

La Stampa: “Il diktat Berlusconi: ‘Voglio tornare in Parlamento’”, “Le condizioni del leader di Forza Italia per il Colle. In cambio è disposto a votare qualsiasi candidato”. In questo articolo di Carlo Bertini si scrive che ad Arcore, durante il week end, Berlusconi sarebbe stato di una chiarezza assoluta, incontrando le persone a lui amiche: sarebbe disponibile a votare qualsiasi nome al Quirinale, purché la persona prescelta prenda a cuore la sua vicenda e gli garantisca la piena agibilità politica, ovvero di candidarsi in Parlamento, con qualche forma di clemenza atipica o ad personam. E -scrive La Stampa- a Berlusconi sembra incredibile che Renzi non voglia spendersi a trovare una via d’uscita, al limite cambiando la legge anticorruzione. Di qui i segnali lanciati all’indirizzo di Palazzo Chigi: prima si sceglie il capo dello Stato e sopo dopo, in contraccambio, Forza Italia darà una mano sulle riforme.

Il Giornale dà conto del comizio del Cav al No Tax Day, quello romano, in collegamento telefonico con i parlamentari Gasparri ed Aracri: “‘Non siamo in una democrazia, c’è il terzo governo non eletto, una maggioranza carpita in modo non lecito, con parlamentari dichiarati incostituzionali dalla Consulta. Come si può pretendere di far votare le riforme costituzionali e il nuovo presidente della Repubblica da questi deputati incostituzionali? È una cosa assurda’. Nella doppia partita Quirinale e Italicum Silvio Berlusconi lancia un chiaro segnale al premier”. La presa di posizione di Berlusconi “suona come una sorta di preavviso di ciò che potrebbe accadere nell’elezione del successore di Giorgio Napolitano, un invito a non illudersi troppo e a prepararsi ad affrontare le sabbie mobili di un voto su cui rischiano di convergere malumori a lungo sopiti nei vari gruppi parlamentari, a meno che l’identikit del prescelto non venga condiviso e tracciato attraverso un comune accordo. ‘Siamo in campagna elettorale perché non sappiamo se andremo alle elezioni a marzo con il Consultellum o dopo con l’Italicum'”, ha detto Berlusconi. Quanto ai criteri con cui si sceglie il Presidente della Repubblica, ieri Giovanni Toti, intervistato da Maria Latella per Sky Tg 24, ha detto: “‘Sarebbe bene che il nome del prossimo presidente della Repubblica non uscisse direttamente dall’area culturale della sinistra. Potremmo avere un presidente più indipendente se fosse fuori da questi giochi. Noi ci auguriamo che si applichi un criterio di dialogo e confronto tra le forze politiche. Che non ci siano gli strappi ai quali certe volte Renzi ci ha abituato'”.

All’elezione del futuro capo dello Stato è dedicato “Il punto” di Stefano Folli su La Repubblica: dove si sottolinea come Berlusconi si sia mostrato “più baldanzoso”, perché vede il premier-segretario in difficoltà sia sulla legge elettorale che sull’elezione del capo dello Stato. L’uscita di scena di Napolitano è infatti arrivata prima del previsto e il presidente del Consiglio si trova con il cesto delle riforma ancora semi- vuoto. Per Berlusconi aver messo sul tavolo il nome di Giuliano Amato come prossimo presidente “non rappresenta una scelta definitiva, ma solo un modo per cominciare a giocare. Il problema è che Renzi non accetta, almeno per ora, di trattare da pari a pari con il centrodestra”, perché, come ha detto “Berlusconi non dà le carte”. Non accetta il metodo di fondo, ovvero il dare la precedenza al suo semi-alleato per individuare insieme un nome di garanzia autorevole e neutrale, accettabile da tutti. Il premier -scrive Folli- pensa ad un Presidente della Repubblica che sia, in un certo senso, “a-politico: ossia privo di reale autonomia e soprattutto poco propenso a sviluppare una propria iniziativa istituzionale, sia pure nell’ambito della ‘persuasione morale’”. Il modello è quello del presidente tedesco, la cui figura non si sovrappone mai con quella del Cancelliere.

Papa Francesco

Il Corriere offre una conversazione con Papa Francesco, firmata da Gian Guido Vecchi, sul volo di ritorno dal viaggio in Turchia. “Ho detto al presidente Erdogan: sarebbe bello che tutti i leader islamici, i leader politici, religiosi, accademici, condannino chiaramente il terrorismo e dicano che quello non è Islam”. E poi: “Io sono andato in Turchia come pellegrino, non come turista e il motivo principale era per la festa di oggi, Sant’Andrea, per condividerla col patriarca Bartolomeo, quindi per un motivo religioso”. Sull’islam e il terrorismo “è vero che davanti a questi atti terroristici che ci sono in questa zona, ma anche in Africa, c’è una reazione: si dice ‘ma se questo è l’Islam mi arrabbio’. E tanti islamici sono offesi, tanti tanti, dicono: noi non siamo questo, il Corano è un libro di pace, è un libro profetico di pace, questo non è l’Islam”. “Credo che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi, come anche non si può dire che tutti i cristiani sono fondamentalisti. E ne abbiamo anche, ci sono questi gruppetti che lo sono”. “C’è chi dice: ìo sono islamico, io sono ebreo, io sono cristiano’, ma poi conduce il suo Paese non come islamico, non come ebreo, non come cristiano”.

Anche La Stampa e La Repubblica offrono ai lettori un colloquio con il Papa, di ritorno dalla Turchia. Su La Stampa il colloquio è firmato da Andrea Tornielli ed è riassunta così nel titolo: “Il Corano è un grande libro di pace. Il mondo islamico isoli i terroristi”. Dice Papa Bergoglio: “Credo sinceramente che non si possa dire che gli islamici sono tutti terroristi come non si può dire che i cristiani sono tutti fondamentalisti -anche noi abbiamo dei fondamentalisti, in tutte le religioni ci sono questi gruppetti. Ho detto al presidente Erdogan che sarebbe bello condannarli chiaramente, lo dovrebbero far i leader accademici, religiosi, intellettuali e politici. Così lo ascolterebbero dalla bocca dei loro leader. Abbiamo bisogno di una condanna mondiale da parte degli islamici che dicano: ‘No, il Corano non è questo’. Dobbiamo poi sempre distinguere qual è la proposta di una religione da quello che è l’uso concreto che di quella proposta fa un concreto governo. Tante volte si usa il nome ma la realtà non è quella della religione”.

Su la Repubblica a firmare l’intervista è Marco Ansaldo: “Il mio appello ai leader islamici, ora condannate il terrorismo”, “In moschea mi sono rivolto a Dio: finiamola con queste guerre. Forse la Siria ha avuto le armi chimiche da chi l’accusa”. Il Papa ribadisce di essere “convinto che stiamo vivendo una Terza guerra mondiale a pezzi, a capitoli, dappertutto. Dietro di questo ci sono inimicizie, problemi politici, problemi economici, per salvare questo sistema dove il dio denaro e non la persona è al centro. E dietro ci sono anche interessi commerciali: il traffico delle armi è terribile. L’anno scorso si diceva che la Siria aveva le armi chimiche: io credo che la Siria non fosse in grado di farsele. Chi gliele ha vendute? Forse chi l’accusa”.

Internazionale

Sul Corriere Francesco Battistini continua ad occuparsi di Libia. In una corrispondenza da Beida racconta la città di Derna, “primo avamposto dell’Isis nel Mediterraneo”, città che oggi i miliziani chiamano Barqa, nome che rimanda al Califfato libico. “Sharia e decapitazioni nella città fantasma del Califfato di Libia”. “I medici sono scappati dagli ospedali, le scuole sono vuote e anche le banche hanno chiuso”.

Il Giornale dà conto dell’esito della consultazione referendaria in Svizzera, dove si votava anche per limitare l’immigrazione per motivi “ecologici”, oltre che per aumentare le riserve in oro della banca centrale e per limitare i privilegi per i ricchi stranieri che scelgono la residenza svizzera. Il 74,1 per cento ha detto no ad un giro di vite sulla immigrazione. La proposta era di limitare alle 0,2 per cento all’anno la crescita della popolazione residente dovuta all’immigrazione per ridurre l’inquinamento dovuto all’aumento degli abitanti. Anche gli altri due quesiti sono stati bocciati.

Franco Venturini sul Corriere ricorda la “guerra dimenticata” in Afghanistan dopo dodici anni di “presenza militare e civile, 54 soldati morti e decine di feriti” italiani, “costi altissimi per le nostre traballanti finanze”, e “nulla è riuscito a rompere il muro della disattenzione nei confronti della guerra che l’Italia sta ancora combattendo in Afghanistan”. A Capodanno gran parte delle truppe se ne andrà, ma qualcuno “resterà per addestrare le forze afghane che combattono con alterna fortuna contro i talebani”. Erano previsti 850 uomini, poi – con Renzi, per la decisione di rafforzare altre priorità, dalla Libia al Mediterraneo, “gli italiani saranno 500 senza alcuna modifica nei loro compiti soltanto addestrativi. Già, perché con una svolta che ha provocato molti equivoci i 10.000 militari Usa destinati a rimanere potranno, dopo il primo gennaio, anche continuare a combattere con l’appoggio di aerei e droni”, scrive Venturini, auspicando che il Parlamento italiano ne discuta prima di Natale.

E poi

La Repubblica dedica un ampio approfondimento alle ipotesi di intervento dello Stato su Ilva, evocato da Renzi ieri. Secondo il quotidiano “C’è un ‘piano B’ per l’Ilva. Il governo è pronto a chiedere l’amministrazione straordinaria per il gruppo siderurgico. Sostanzialmente dichiararne il fallimento e applicare la legge Marzano, il nostro ‘Chapter 11’, riservato ai grandi gruppi con più di 500 addetti e oltre 300 milioni di debiti. Un default pilotato, insomma”. Il decreto ad hoc, secondo il quotidiano, potrebbe essere varato addirittura dal Consiglio dei ministri convocato per questa sera. Ilva, ricorda il quotidiano, ha ricevuto un altro prestito di 125 milioni ed ha i soldi per pagare stipendi e tredicesime di dicembre, ma “niente di più”, e con i debiti che ha nessuno – neppure gli indiani della Arcelor Mittal – compreranno l’azienda. Giovedì scorso Renzi ha incontrato Gnudi, insieme al ministro Guidi, e sarebbe emerso che “senza il passaggio all’amministrazione straordinaria la questione Ilva sia destinata a finire in un vicolo cieco”.
Anche su La Stampa: “‘Risanare e poi rivendere’. Ilva, ipotesi nazionalizzazione. Renzi pensa all’intervento pubblico, ma i sindacati sono spaccati”. “Il premier: entriamo nel capitale del gruppo dell’acciaio e poi lo rimettiamo sul mercato”.

Alle pagine R2 de La Repubblica: “Addio modello svedese”, “La disoccupazione sale, la crisi dell’eurozona minaccia l’export e la popolazione invecchia. A Stoccolma come in Danimarca e Finlandia, suona l’allarme: il welfare scricchiola e con lui il mito del grande Nord”. Di Andrea Tarquini.

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