Silvio non sta sereno

Il Corriere della Sera: “Mattarella va, il patto del Nazareno vacilla”. “Renzi insiste e ottiene l’unanimità del Pd, irritazione di Berlusconi e Alfano. Fitto attacca, spaccatura in Forza Italia”. “Il voto sul Presidente. Tensione sul giudice costituzionale. Il leader azzurro: io tradito da Matteo”. “Il ministro dell’interno: ma il governo non cade”.
L’editoriale, firmato da Massimo Franco, è titolato “La scelta e lo strappo”.
A centro pagina il “retroscena: “Il premier: alla fine Silvio non romperà”. “Il capo del governo e le tre maggioranze”.
E poi un altro articolo, a firma di Aldo Cazzullo: “Per l’ex Cavaliere il sapore di un affronto”.
A fondo pagina: “Alle elementari le scienze in inglese”. “Il ministro e la riforma della scuola: nei licei arriva l’ora settimanale di economia”.

La Repubblica: “Il Pd unito su Mattarella al Quirinale. Berlusconi a Renzi: così rompi il patto”, “Fumata nera in Parlamento, domani votazione decisiva. Alfano non ci sta: metodo sbagliato, ma il governo terrà”, “Anche Napolitano in aula, applausi dal centrosinistra. I Cinque Stelle scelgono Imposimato, Prodi secondo”. E la foto a centro pagina raffigura Napolitano nell’atto di deporre la scheda nell’urna.
Di spalla: “Is, scaduto l’ultimatum, paura per gli ostaggi”. In prima il richiamo al reportage di Adriano Sofri da Kirkuk: “Il leone dei curdi: ‘Vogliamo uno Stato’”.
In basso, “la storia” raccontata da Carlo Lucarelli: “Fra la via Emilia e la Calabria, ora la ‘ndrangheta abita qui”.
E il richiamo alla copertina dell’inserto R2: “Eroe o killer? Il cecchino di Clint Eastwood divide l’America”.
Il corrispondente a New York Federico Rampini scrive della “retromarcia” di Andrew Sullivan, “il re del blog”: “Basta col digitale, torno alla vita reale”.

La Stampa: “Mattarella più vicino al Quirinale”, “Renzi compatta il Pd. Berlusconi: ha tradito i patti. E nella maggioranza è scontro con Alfano”. Nella foto, la presidente della Camera Boldrini e la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli, nel corso della seduta comune di ieri (per la prima volta due donne presiedono la seduta per eleggere il capo dello Stato).
Di spalla, sulla questione terrorismo dopo Charlie: “Se la Francia ha paura di un bambino”, di Domenico Quirico. Si tratta di un bambino di otto anni, Ahmed, che a Nizza è stato convocato al commissariato per apologia di terrorismo.
In prima il reportage di Maurizio Molinari dal Golan: “’Noi israeliani con l’incubo di Hezbollah’”.
In taglio basso: “Svolta nel delitto di Elena Celeste. Dopo un anno in cella il marito”, “Asti, l’accusa: ‘L’ha uccisa soffocandola, voleva affermare il suo dominio’”.

Il Fatto: “La Mattarellata di Renzi in testa a B.”, “Quirinale, il premier impone l’ex ministro Dc: ieri schede bianche, punta a chiudere domani. Il Pd sembra compatto, ma Lotti dice: ‘C’erano stati più applausi per la candidatura di Prodi’. Berlusconi sotto choc: ‘Tradito il Nazareno’. M5S per ora tira dritto: ‘Imposimato’”.
A centro pagina: “Forza Italia si sfascia, Mediaset brinda”, “Mentre Verdini finisce sotto ‘processo’, Fedele e Gianni Letta cercano di calmare il Caimano: ‘Restiamo nel Patto, pensa all’azienda’. Che ieri infatti ha chiuso con un +2,7%. L’ex Cavaliere lascia il campo: deve tornare a Cesano Boscone”.
Di fianco, ancora a centro pagina, su Sergio Mattarella, “Pecore nere”: “’Il fratello di Sergio in affari con Nicoletti ras della Magliana’”, “Avvocato ma radiato dall’Ordine, risulta legato a un giro di prestiti e di fondi emersi nel sequestro del patrimonio intestato all’uomo considerato dai magistrati come il tesoriere dell’organizzazione criminale”.

Il Giornale: “Renzi ha tradito”. “Mattarella al Colle”. “Il premier rompe il patto e si consegna alla sinistra. Il Pd teme che si ripeta il caso Prodi e compra voti ovunque. Berlusconi deluso: ‘Adesso sarà opposizione dura’”.
“Un azzardo dagli esiti imprevedibili” è il titolo del commento di Adalberto Signore.
A fondo pagina: “La vergogna infinita dell’Isis: decapita pure l’arte”. “Distrutte le mura di Ninive”.

Il Sole 24 Ore: “Tregua sui mercati greci: Borsa + 3 per cento, Bond stabili”. “Il forte rialzo dei bancari traina il listino”. “Il decennale ellenico torna al 10 per cento”. “Oggi parte il negoziato con Bruxelles sul debito della Grecia”.
Di spalla: “Renzi lancia Mattarella verso il Colle e unisce il Pd”. “Berlusconi non lo vota ma non rompe sulle riforme”. “Al quarto voto possibile sì con Sel ed ex M5S. Ieri fumata nera”.
A centro pagina: “Apprendistato più flessibile”. “Il ministero adegua il nuovo licenziamento con indennizzo per chi è ancora in formazione e aumenta gli sgravi”. E poi: “In arrivo il nuovo piano per la Ricerca: stanziati 4,6 miliardi fino al 2020”.

Quirinale

La Repubblica, pagina 2: “Il Pd unito su Mattarella. Renzi avverte: ‘Dopo di lui non ci sarà un altro dem’. Berlusconi: ‘Rotto il patto’”, “Il no di Alfano. Ieri la prima votazione, 538 schede bianche. Oggi due scrutini, domani quello decisivo a quorum ridotto”. Si riferiscono le parole pronunciate da Renzi all’assemblea dei grandi elettori Pd prima della votazione: “Se si sceglie un candidato del Pd si va su quel candidato. Dopo non ce ne sono altri del Pd. Ci giochiamo la nostra credibilità”. Scrive Silvio Buzzanca che in questo modo ha convinto tutto il Pd e che le minoranze interne hanno apprezzato la scelta di un candidato che è fuori dal patto del Nazareno: “scelta che è arrivata dopo che Palazzo Chigi ha fatto filtrare la notizia che il premier aveva ricevuto il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone. Mossa interpretata come una pressione su Berlusconi a favore di Mattarella. Ma questa volta l’ex Cavaliere ha detto no al metodo usato e al nome indicato. ‘Non siamo stati noi a rompere il patto. È stato Renzi. Questa situazione segna comunque un altolà al patto del Nazareno’, ha spiegato il leader di Forza Italia”.
In basso, il “retroscena” di Francesco Bei: “Matteo telefona a Silvio: ‘Le urne se salta lui, riforme anche da soli’”. Nel corso della telefonata Berlusconi avrebbe rimproverato al premier di esser venuto meno alla promessa di candidare Giuliano Amato. “Non è vero -avrebbe risposto Renzi – tu pensavi di impormi il vostro candidato, ma io non ti ho mai promesso niente”. Di qui la minaccia di Berlusconi di far saltare il patto del Nazareno e sfilarsi dal sostegno alla riforma elettorale e a quella costituzionale: scrive Bei che in questo caso “sulla carta la maggioranza ci sarebbe ancora, ma il segretario sarebbe esposto a qualsiasi ricatto della minoranza interna Pd”. A fine giornata, uno spiraglio, Berlusconi propone un incontro la prossima settimana: intanto Fi voterà scheda bianca anche al quarto scrutinio. “Un segnale”, secondo Bei, quello della scheda bianca, anche perché offre, a differenza dell’uscita dall’aula, la possibilità di fare giungere sotto banco alcuni voti forzisti al nuovo presidente se dovessero eventualmente cambiare.
A pagina 8 di Repubblica, le parole del segretario-premier: “’Attento chi vuole bruciare candidati’”, “Renzi avverte gli eventuali franchi tiratori Dem. Ma per la prima volta, con la carta Mattarella, trova dalla sua parte la minoranza del partito. Anche Letta riconosce ‘un metodo che sembra funzionare’”. In basso, sulla stessa pagina, su Mattarella: “E Bersani media: ‘È il mio favorito fin dal 2013, mi fido del premier’”, “Feci subito il nome di Mattarella a Berlusconi e lui disse di no e preferì Marini. Ora teniamoci prudenti, ma se va dritta ne sarò felice”, “Non ho mai pensato di impiccarmi a un nome di sinistra. Per il capo dello Stato io non guardo alle culture di appartenenza”. Scrive Concita De Gregorio che, in attesa della votazione decisiva di domani mattina, ciò che Renzi deve temere “è che i suoi avversari nel Pd tentino la rivincita e che Alfano e Berlusconi non tentino di far saltare il banco”. Stefano Folli, sullo strappo con Berlusconi deciso dal premier: “Renzi si è affrancato con destrezza da un abbraccio scomodo quando ha visto che il prezzo da pagare (lo sfilacciamento del Pd) diventava troppo oneroso. Lo accusano di essersi messo, scegliendo Mattarella, nelle mani dei suoi avversari, cioè i conservatori e i ‘frenatori’ della sinistra”. Ma fa parte di un “rischio calcolato” e non si può criticare preventivamente il candidato alla presidenza che, ha detto lo stesso premier, sarò il garante di un equilibrio complessivo al vertice delle istituzioni, ben sapendo che la Costituzione non è “intangibile”, come ha ricordato lo stesso Renzi ieri ai grandi elettori del Pd.

La Stampa, pagina 2: “La scommessa di Renzi balla su venti voti di scarto”, “Punta tutto su Mattarella scaricando Forza Italia. L’assenso di Bersani”. Con Berlusconi, scrive Carlo Bertini, ogni strada è stata battuta e il primo segnale minaccioso è stato compiuto alle sette del mattino di ieri, quando Renzi ha incontrato Raffaele Cantone a Palazzo Chigi: “il segnale è che, se non passerà Mattarella, sarà quello e non altro il punto di arrivo”. Alla pagina seguente: “L’ira di Berlusconi: ‘Il patto del Nazareno è morto’”, “’Rappresaglia su Italicum e Costituzione’. Resa di Verdini, Fitto all’attacco”.

Il Sole 24 Ore sottolinea che le schede bianche “attese” erano 661, mentre sono state “solo” 538. Considerando che l’indicazione di votare scheda bianca era del Pd, di Fi e e Area Popolare, infatti, ci sono 123 schede bianche in meno. Anche tenendo conto degli assenti (i votanti sono stati 975 su 1009) i “traditori” sono stati almeno un centinaio.

Il retroscena del Corriere, firmato da Meli e Verderami, dice che “grazie a un ex dc, Renzi fa pace con gli ex pci, blinda la ‘ditta’, si prepara ad accompagnare il suo prescelto al Colle e si ritrova con tutte le carte del mazzo in mano”. Renzi dice che comunque l’intesa con FI non è rotta, Berlusconi “‘mi ha detto che comunque l’intesa sulle riforme rimane valida’”, ha detto il premier. Quanto alla minoranza Pd, “‘se Renzi pensa di andare avanti con le tre maggioranze va a sbattere’, dice il bersaniano Gotor. Sarà, intanto il primo obiettivo del leader democrat – quello fondamentale – è di concludere l’operazione Quirinale portandosi dietro tutto il suo partito. E su questo è ottimista”. E tuttavia al momento del voto “‘dobbiamo stare attenti e controllare quante saranno le schede bianche e quelle disperse, perché non possiamo permetterci nessun errore'”. I voti andati dispersi al primo tentativo “sono stati un po’ troppi, e bisogna verificare se si tratta di una sorta di ‘libera uscita’ momentanea o se dietro c’è dell’altro. In fondo, questo rimane pur sempre il ‘Parlamento dei 101′” . Ma alla fine “al Nazareno sono convinti che ‘nel segreto dell’urna qualcuno di Forza Italia voterà con noi. O Berlusconi o Fitto’…”.

Il Fatto, pagina 2: “Silviostaisereno per il Colle”, “La mossa di Renzi di candidare Mattarella frega l’amico del Nazareno. Ora occhio ai numeri”. Scrive Wanda Marra che “Mattarella non era la prima scelta del premier. Avrebbe preferito qualcuno più fidato, magari Padoan. Ma alla fine è il male minore un ‘signor nessuno’ sufficientemente grigio da non fargli ombra. E poi, Renzi, è soprattutto uno che vuole vincere. Comunque. E dunque ha costruito questa candidatura pezzo per pezzo. Trattando dall’inizio con Area riformista e con i cattolici. Determinante è stato per lui il rischio di dover convergere su Amato (‘si è mosso il mondo per fare pressioni’, commentava un renziano a microfoni spenti) : non l’avrebbe retto con l’opinione pubblica. E sarebbe stato comunque troppo forte”. Matteo si è convinto che alla fine l’ex Cavaliere dirà di sì. Quanto agli alfaniani, se non si comporteranno come devono, potrebbe togliere loro qualche ministero. E potrebbe creare qualche posto di governo per i bersaniani. Sullo sfondo, il Partito della Nazione: con transfughi di Forza Italia, centristi in dissenso, gli uomini di Sel che alla quarta voteranno con il Pd, così come i transfughi M5S. “Per Matteo – secondo Wanda Marra – il piano B. è solo uno: schiantare Parlamento e legislatura. Se proprio deve morire Sansone, moriranno tutti i filistei”.
Il Fatto intervista Enrico Letta, che dice: “Ha vinto ancora Matteo, ma con me B. era fuori gioco”.
Ancora su Il Fatto, sul nome di Mattarella e sulla certezza che il premier aveva di trovare una sponda importante da tutto quel mondo che ha sempre gravitato nella sinistra Dc prima e nel Partito popolare poi: “Popolari e demitiani, la squadra c’è”, “Da Garofani (deputato Pd, ndr) a Enrico Letta, chi ha remato per portare al Colle l’ex ministro di D’Alema”.

La Repubblica: “Lo psicodramma di Berlusconi e Alfano”, “Fi si spacca sul no del Cavaliere alla candidatura del giudice costituzionale. Fitto pronto allo strappo. L’ipotesi del sì in extremis. Anche l’Ncd si divide, il ministro dell’Interno: ‘E’ una questione di prospettiva politica’. Ma i siciliani avvisano: stiamo con Sergio” (da Nunzia de Girolamo a Renato Schifani, scrive il quotidiano, per esempio). In basso, un’intervista al capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, che dice: “Matteo come uno scorpione masochista”, “Le maggioranze variabili non portano bene, da ora tutto più difficile per il premier”. Crede che Mattarella ce la farà? “Se penso alla storia del partito cosiddetto democratico e alla carica dei 101 ho grandi dubbi”.

Il Corriere della Sera intervista Gaetano Quagliariello: “Matteo è stato incoerente, il percorso sarà in salita”. Dice che il nome di Mattarella “non c’entra assolutamente nulla”, ma Renzi ha “fatto una scelta in contraddizione con lo stesso ‘metodo Renzi'”. Amato “non era certamente un nome nostro”, ma lo avrebbero votato. A chi dice che Ndc dovrebbe uscire dal governo risponde: “E perché abbandonare? Al contrario noi vogliamo contare di più”.

Secondo Adalberto Signore, su Il Giornale, Renzi rischia di avviarsi da una “via crucis”, “con Forza Italia a tirare la corda sulle riforme istituzionali (cui è di fatto legata l’entrate in vigore dell’ Italicum ) e con Berlusconi a fare opposizione sulle misure economiche lasciando la briglia sciolta a chi nel partito sono mesi che si morde la lingua”. Ma Renzi alla fine potrebbe vincere la scommessa, “puntando sulla poca voglia di elezioni anticipate di un Parlamento dove sarebbero in pochi a ritrovare lo scranno”.
Il Giornale: “Renzi straccia il Nazareno e blinda Mattarella sul Colle”. “Il premier compatta il Pd: ‘Dopo di lui non ci sono altri candidati nostri’. Ma prova a rassicurare Berlusconi: ‘Lavoreremo insieme per le riforme'”. Secondo il quotidiano, che cita il Pd Bressa, “stavolta i ‘traditori’ saranno ancor meno della soglia normale”. Secondo un altro parlamentare Pd come Roberto Giachetti Mattarella “può arrivare a 600 voti”. Secondo lui si aggiungerà anche qualche voto grillino e qualcuno da Forza Italia.

Massimo Franco sul Corriere scrive che “Mattarella incarna ciò che di meglio ha espresso” la cosiddetta Prima Repubblica, ed è “una personalità agli antipodi rispetto a Renzi, eppure proprio questo rappresenta un elemento di merito per chi lo ha proposto”. Quanto al centrodestra, “regalare Mattarella non al Pd ma ad una maggioranza di sinistra non sarebbe un capolavoro di strategia”. L’ex Cavaliere e Alfano resistono “soprattutto perché ritengono di avere subìto uno sgarbo; e perché vogliono risultare determinanti, non aggiuntivi”, ma il rischio è che non votando Mattarella finiscano “per risultare ancora più perdenti”.

Tra le biografie di Mattarella da segnalare quella di Dino Pesole sul Sole, che racconta le idee economiche del professore. “Sergio Mattarella è da sempre attento alle istanze sociali care alla sinistra Dc”, “un solido ancoraggio agli ideali europeisti e al tempo stesso una grande attenzione alle tematiche relative all’equità sociale e al conflitto tra generazioni, al ruolo delle autonomie locali e al tempo stesso alle questioni connesse alla concorrenza e al libero mercato. Il tutto all’interno di un disegno politico che pone tra i suoi obiettivi la razionalizzazione della spesa pubblica, con un’ottica di redistribuzione delle risorse e di riduzione della pressione fiscale”.

Sulla prima pagina de Il Fatto l’editoriale di Marco Travaglio, secondo cui “i due compari” ovvero Berlusconi e Renzi, erano d’accordo per un nome condiviso (da loro) che non si chiamasse Prodi: a dicembre era Casini, a gennaio era Amato. Poi, il premier si è reso conto di quanto sia impopolare Amato e ha virato su Mattarella: che ha, sì, lasciato il governo Andreotti contro la legge Mammì, ma si tratta di “preistoria”. Da anni Mattarella si è inabissato in un mutismo impenetrabile, ai limiti dell’invisibilità, “che non autorizza nessuno a considerarlo né amico né nemico del Nazareno”. Non appartiene al “giglio magico” renziano, ma è molto ben visto “dall’ex re Giorgio e dalla sottostante lobby di Sabino Cassese, di cui fanno parte i rispettivi rampolli Giulio Napolitano e Bernardo Mattarella (capoufficio legislativo della ministra Madia, ex fidanzata di Giulio). La solita parrocchietta di establishment romano”. E non è neanche simbolo di legalità per comportamenti, frequentazioni e parentele. “È l’ennesimo coniglio bianco in campo bianco”, una figura talmente sbiadita che il premier sperava avrebbe messo d’accordo tutti, renziani e antirenziani. “Diciamocela tutta – scrive Travaglio – se Renzi avesse voluto rompere il patto del Nazareno, avrebbe candidato l’unico vero ammazza-Silvio del Pd e cioè il Professore”. Di qui l’invito di Travaglio ai M5S che ieri hanno votato Ferdinando Imposimato, a esprimersi per Prodi, il secondo classificato alle Quirinarie. L’invito vale anche per Sel e la minoranza Pd, “che ieri hanno incredibilmente abboccato all’amo di Renzi nella pia illusione che Mattarella segni la fine del Nazareno”.

A Mattarella è dedicato un lungo articolo de Il Fatto firmato da Marco Lillo: “Il fratello Antonino e quegli affari col ras della Magliana”, “L’altro Mattarella e il legame, attraverso prestiti e fondi, con il patrimonio sequestrato a Nicoletti, considerato dai magistrati il cassiere della Magliana”.
Scrive Lillo: “un fratello che chiedeva prestiti a Enrico Nicoletti: non è certo un punto a favore della candidatura di Sergio Mattarella, la presenza in famiglia di un tipo come l’avvocato Antonino Mattarella, o forse sarebbe meglio dire ex avvocato, perché, stando ad alcune pubblicazioni di una decina di anni fa, sarebbe stato cancellato dall’ordine professionale per i suoi traffici”.

Grecia (e Russia)

Il Corriere della Sera: “Grecia-Europa, positivi i primi colloqui”. Si citano le parole di ottimismo del presidente dell’europarlamento Schulz, ieri ad Atene, a colloquio per oltre due ore con Tsipras: “Sono rimasto impressionato dal programma riformista del nuovo governo. Saranno grandi riforme”. Oggi Tsipras – che ha la febbre – accoglierà Dijssebloem, presidente dell’Eurogruppo, e sarà certamente “un incontro più ostico” rispetto a quello con Schulz.
Lo stesso quotidiano intervista Manfred Weber, capogruppo del PPE all’Europarlamento. Dice che “i greci hanno espresso il loro voto democraticamente e noi li rispettiamo”, ma “hanno eletto un nuovo governo, non un nuovo Stato”, e dunque “gli impegni assunti” da quel Paese “vanno mantenuti”. Insomma: il nuovo governo “non otterrà nuove concessioni che il precedente governo non avrebbe ottenuto”. C’è disponibilità, dice Weber, ma “vedo poco spazio per le negoziazioni”, considerando che la Grecia beneficia già “di condizioni molto favorevoli”.

Sul Sole 24 Ore Adriana Cerretelli, ricordando Mitterand, scrive che “Tsipras non può sconfessare gli impegni assunti dal suo Paese in cambio di assistenza e poi pretendere che i suoi rapporti con i partner, che quell’assistenza gli hanno garantito, restino ‘business as usual’. Non può fare il rivoluzionario a costo zero”. Cerretelli cita le parole di ieri di Sigmund Gabriel, vice cancelliere tedesco e uomo Spd: “‘Se la Grecia intende deviare dagli impegni assunti, deve pagarne il prezzo da sola invece di esportarlo verso gli altri Paesi attraverso lo sconto sul debito'”. Insomma: l’Europa è pronta a negoziare, “ma per farlo ha bisogno di interlocutori realisti, non di apprendisti stregoni esaltati e irresponsabili. Esaurita la febbre elettorale, Tsipras sembrava poter rientrare nella prima categoria. I suoi primi provvedimenti unilaterali smentiscono invece questa impressione”.
Ancora su Il sole 24 Ore: “La Grecia di Tsipras rompe il fronte europeo sulla Russia. Nasce un fronte con Putin?”. Si ricorda la visita del premier all’ambasciatore russo ad Atene “per annunciargli, in gran segreto, che il suo governo avrebbe minacciato di porre il veto a una nuova ondata di sanzioni economiche a Mosca sulla crisi ucraina, azione che richiede l’unanimità dei 28 Paesi membri”, e la successiva presa di posizione del ministro degli esteri greco Kotzias che ha annunciato “che Atene non avrebbe sostenuto la decisione di porre altre sanzioni contro Mosca, affermazione che ha fatto sobbalzare sulla sedia i responsabili delle politiche estere delle cancellerie in Europa e in America”. Il veto greco non è poi stato necessario, e “l’inconcludente incontro a Bruxelles dei ministri degli Esteri della Ue ha subito provocato un segnale di disponibilità da parte di Mosca, che peraltro non naviga certo in acque finanziariamente tranquille, ad aiutare Atene”.

Sul Corriere: “La Russia divide ancora l’Europa. L’Italia: non è tempo di sanzioni”. “Londra convoca l’ambasciatore per i sorvoli dei Mig del Cremlino sulla manica”. L’Europa ieri ha esteso per altri sei mesi le sanzioni, ma “ritiene prematura una ‘ulteriore azione appropriata’ contro Mosca che ha rinviato alle valutazioni del vertice dei capi di Stato e di governo in programma il 12 febbraio prossimo”. Gentiloni ha espresso soddisfazione per la posizione unitaria contraria all’estensione delle sanzioni, “‘che dal nostro punto di vista sarebbero state premature'”.

Anche sul Sole: “Compromesso Ue sulle sanzioni a Mosca”. Quanto al rapporto Russia Grecia, un altro articolo: “Così Putin conquista un alleato a Bruxelles”. Dove si legge di “Syriza cavallo di Troia di Vladimir Putin” in Europa.

Isis

Sul Corriere Guido Olimpio firma un retroscena da Washington dedicato alla vicenda degli ostaggi in mano all’Isis e dello scambio con la terrorista detenuta in Giordania. Si racconta dell’imbarazzo di Tokyo, che ha ripetuto che con i terroristi non si tratta “ma lo ha lasciato fare ai giordani”, e si ricorda che l’Isis ha lanciato il suo ricatto in concomitanza con la sconfitta a Kobane, riconquistata dai curdi. “Una partita a scacchi per tre. E forse il Califfo tenta il bluff”.

Su La Repubblica il reportage dalla città di Kirkuk, nel Kurdistan iracheno, di Adriano Sofri: “A Kirkuk con Kosrat Rasul Ali, una delle figure leggendarie delle battaglie dei peshmerga, oggi in prima fila nella guerra contro l’Is. ‘I leader occidentali ci dono: grazie, combattete per noi’”, “Il Leone del Kurdistan: ‘Vogliamo il nostro Stato’”. Dice Kosrat Rasul Ali: “Noi veniamo dalla guerriglia. È una scuola di coraggio e dedizione. Ora dobbiamo avere un esercito regolare”, “Giusti i raid degli alleati: noi non abbiamo nemmeno un aereo. Anche le truppe di terra sono benvenute”.

Sul Sole (“La nebbia che avvolge le sorti del Califfato”) si legge che “l’Isil non appare così in rotta, nonostante la sconfitta subita da parte dei curdi a Kobane. Continua a far male, a ricattare l’Occidente e gli stati musulmani, tenendo sotto tiro la Mesopotamia con la più stretta applicazione della sharia”. E si cita il “segretario generale dell’opposizione siriana (Soc) Yahya Maktabi. ‘I bombardamenti in Siria della coalizione anti-Isis danneggiano l’opposizione moderata in quanto sono visti dalla popolazione come del tutto slegati agli obiettivi della rivoluzione contro il regime di Damasco e incentrati esclusivamente sulle esigenze di sicurezza dei Paesi partecipanti. Il fatto che le stesse aree finiscano per essere bombardate il mattino dalla coalizione e la sera da Assad complica le cose e spinge molti a vedere gli estremisti del Califfato come i veri oppositori del regime, sfilando il tappeto sotto i piedi dei moderati’. Forse non tutto quel che dice Maktabi è esatto ma è già una spiegazione più approfondita di quelle correnti”.

Su La Repubblica, alle pagine R2 cultura, anche l’intervento che la filosofa Martha Nussbaum pronuncerà domani in occasione del Premio Nonino: “La mia sciarpa così simile a un chador”.

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