Siamo tutti Charlie

Sarebbero stati identificati gli autori della strage al giornale satirico francese Charlie Hebdo. Questa notte uno dei tre presunti terroristi, l’autista del commando, si sarebbe costituito affermando di essere estraneo ai fatti.
I killer sarebbero franco-algerini tornati dalla Siria.
Molti gli articoli sull’azione militare dei due terroristi (“con solo due errori”, scrive Davide Frattini sul Corriere, che ha interpellato esperti militari: hanno sbagliato indirizzo al primo tentativo, e poi hanno “incrociato i loro passi” con il kalashnikov in spalla mentre erano in strada, ovvero hanno così ridotto “l’area tenuta sotto tiro”.
Stamattina a Parigi – mentre scriviamo – c’è stata una sparatoria e due agenti sono a terra, ma il fatto non sarebbe legato all’attentato di ieri.

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Le aperture

Il Corriere della Sera: “Attacco alla libertà. Di tutti”. “Al grido di ‘Allah è grande’ tre terroristi assaltano il giornale delle vignette satiriche su Maometto: dodici vittime”. Sui presunti autori: “Tornati dalla Siria, uno ha diciotto anni. ‘Sono i killer'”.
In prima i commenti di Ernesto Galli della Loggia (“L’undici settembre europeo”) e di Pierluigi Battista (“Quelle voci lasciate da sole, anche da noi”).
A fondo pagina: “Stretta in Italia: chiesto l’accesso alle liste di volo”. “Nuove norme di governo su passaporti, privacy ed esplosivi”. “Timore di attentati da parte di ‘combattenti stranieri'”.

La Repubblica: “Jihad, massacro nel giornale”. “Orrore a Parigi, commando fa strage al Charlie Hebdo al grido di ‘Allah è grande’”. “Tra le dodici vittime due agenti, il direttore Charb, i vignettisti Cabu, Tignouse e Wolinsky”. “Hollande: eroi caduti per la libertà”. “Caccia ai terroristi a Reims: sono franco-algerini reduci dalla Siria”. L’articolo di Bernardo Valli è titolato “l’11 settembre della Francia”. L’editoriale di Ezio Mauro “Il cuore dell’Occidente”. Adriano Sofri firma un altro articolo in prima: “Quel poliziotto chiamato Ahmed”. Ancora in prima un commento dello scrittore Tahar Ben Jelloun: “L’altro Islam è una vittima”.

La Stampa: “Attacco al cuore dell’Europa”. “Parigi, terroristi islamici attaccano il giornale satirico Charlie Hebdo: 12 morti. Caccia a due fratelli di origine algerina reduci dalla Siria e a un loro complice”. Oggi il quotidiano offre un editoriale in comune con gli altri giornali europei del gruppo “Europa”, ovvero Le Monde, il Guardian, El Pais, Suddeutsche Zeitung e la polacca Gazeta Wyborzca: “Non siamo come loro, è la nostra forza”.

Il Giornale: “Macellai islamici”. “Carneficina in nome di Allah per punire la satira”. “Trovato il commando, blitz nella notte”. “Una dichiarazione di guerra all’Europa e alla libertà”. In prima i commenti di Vittorio Feltri, Magdi Cristiano Allam e Fiamma Nirenstein.

Il Sole 24 Ore sceglie di aprire sull’economia: “L’Europa è in deflazione”. La parte alta della prima è tutta dedicata all’attentato di Parigi, e alle pagine interne molte analisi.

Charlie Hebdo

Su La Repubblica Ezio Mauro firma l’editoriale e scrive tra l’altro: “Se vogliamo che i morti di Parigi abbiano un significato morale e politico anche per noi, oltre al significato simbolico e militare per i terroristi, dobbiamo recuperare questa consapevolezza di ciò che noi siamo. Si chiama Occidente, cioè quella parte della cultura e del mondo che afferma di credere appunto nella democrazia come pratica che regge la cosa pubblica e la convivenza civile. Recuperata questa coscienza, dobbiamo prendere atto che proprio a questa identità è stata dichiarata una guerra mortale. Tanto più mortale quanto più i terroristi usano l’asimmetria come l’arma più potente, invincibile: kalashnikov contro la potenza disarmata di carta, inchiostro e idee, per esempio”.
Sul Sole 24 Ore Armando Massarenti parla del libro in uscita di Huellebecq, in cui si immagina un futuro prossimo in cui i partiti francesi, per non far vincere le elezioni a Marine Le Pen, in vantaggio nei sondaggi, votano per un candidato dei Fratelli Musulmani, “facendo succedere a Hollande un Presidente musulmano”, e in cui il protagonista, un professore universitario, si “converte, anzi si ‘sottomette’ volentieri” all’Islam, “cogliendone tutti i vantaggi individuali e sociali”. Ovviamente la sua sottomissione è “simbolo di una resa ben più ampia”, del “suicidio di una intera civiltà, quella dei lumi”.
Sul Corriere: “Huellebecq, il romanziere sotto protezione, in lacrime per l’amico morto. L’ultima copertina di Charlie Hebdo dedicata al sul libro”. Il quotidiano scrive che l’azione contro il giornale era probabilmente pianificata da mesi, e che “l’uscita del libro e la copertina del quotidiano non c’entrano nulla”.
Sul Corriere Umberto Eco dice di non aver letto il libro di Huellebecq (“Il mondo è pieno di gente che parla di libri che non ha letto, compresi quelli che dicono di aver letto il Corano senza averlo mai aperto”) . Ricorda che le grandi guerre sono sempre state causate dalle religioni monoteiste, le “per un libro”, Corano, Vangelo o Bibbia. “I cartaginesi hanno combattuto per ragioni commerciali, non certo per imporre il culto di Astarte”. E poi dice che “la fusione di civiltà è una possibilità che può verificarsi grazie alle migrazioni”, quando “in Italia ci saranno cinquanta milioni di extracomunitari e dieci milioni di italiani”, ed è un fenomeno già accaduto molte volte nella storia dell’uomo, basti pensare all’Asia con “i mongoli in Cina”.
Su La Stampa Cesare Martinetti scrive che nel settembre scorso “un libro intitolato ‘Suicide français’ e scritto da Eric Zemmour un polemista del ‘Figaro’ (non dunque di un oscuro giornale di provincia), abituale mattatore del talk show televisivi, è comparso in libreria ed è esploso nelle vendite nel giro di pochi giorni. Centinaia di migliaia di copie quasi come il feuilleton rabbioso della compagna tradita di François Hollande. Cosa si legge di così straordinario in quel libro? Che la Francia dei francesi si sta suicidando di fronte all’Islam e che forse – come ha poi detto Zemmour in interviste successive – si può cominciare a pensare al rimpatrio di massa di quegli immigrati, come fu il caso per i francesi di Algeria alla proclamazione dell’indipendenza dell’ex colonia”. Ricorda che la satira di Charlie Hebdo era “inopportuna, pornografica, ‘stupida’ perfino, come la definisce polemico sul Financial Times il direttore Tony Barber”, un giornale “‘bête et méchant’ come si definivano fin dagli anni 60, bestiale e cattivo”. Ma – aggiunge Martinetti – il problema della Francia è quello di un “declino sempre più evidente e non più soltanto evocato, lo smarrimento del senso di una nazione che ha scandito per decenni i tempi della politica in Europa e che ora si trova a doversi giustificare con Bruxelles per i conti in disordine, hanno aperto una falla enorme nell’immaginario collettivo dei francesi”. E se il libro di Zemmour è “benzina ideale” per gonfiare il partito della Le Pen, “il romanzo di Michel Houellebecq è invece qualcosa di molto più raffinato. Non la propaganda di un battutista televisivo, ma l’indagine dentro se stesso e i propri simili (maschi francesi ed europei contemporanei) di un esaurimento ideale, uno sfinimento culturale, una sazietà spirituale che deriva nell’indifferenza e nel nulla”.
L’editoriale di Barber viene definito “choc” da La Repubblica: “Editoriale shock del Financial Times. ‘Troppe ironie, giornalisti stupidi’”.
Sul Corriere Ernesto Galli della Loggia scrive dell’Islam, ovvero “insieme di religione, di cultura e storia, riguardante in totale circa un miliardo e mezzo di esseri umani, dove nel complesso (nel complesso, perché vi sono anche le eccezioni e sarebbe da stupidi ignorarle) vigono regole diverse e – questo è il punto decisivo – perlopiù incompatibili con quelle che vigono in quasi tutte le altre parti del mondo” e dove “la bestemmia contro l’Onnipotente”può anche essere punita con la morte. “Se l’Islam è questo, allora noi vogliamo avere la possibilità di criticarlo come ci pare e piace: come abbiamo imparato a criticare il Cristianesimo, il Buddismo e mille altre cose. Possibilmente avendo diritto a non rischiare con ciò la vita”.
Su Il Giornale Vittorio Feltri scrive che “è successo a Parigi ma poteva succedere anche a Roma o a Milano”. Il titolo dell’articolo: “Da noi avrebbero detto: se la sono cercata”.
Sullo stesso quotidiano Gian Micalessin scrive che Hollande “sottovalutò l’allarme per non avvantaggiare Le Pen”. E si parla di “dodici innocenti abbandonati al proprio destino nonostante il livello d’allerta fosse ai massimi livelli sin da Natale. Nonostante, come ha ammesso ieri Hollande, altri attentati fossero stati sventati”. Il quotidiano cita anche un redattore sopravvisuto del Charlie Ebdo, Antonio Fischietti, secondo cui “l’auto della polizia destinata alla sorveglianza del settimanale da tempo non passava più. E quella con a bordo due poliziotti, immediatamente individuati ed eliminati dai terroristi, è arrivata solo a massacro compiuto”.
Su La Repubblica una breve intervista a Marine Le Pen: “I segnali c’erano, la strage andava fermata”. “Dobbiamo essere chiari e dare un nome al pericolo. E’ finito il tempo dell’ipocrisia”.
Anche su Il Giornale una intervista a Marine Le Pen: “I moderati si faranno estremisti. L’Europa dorme su un vulcano”.
La Stampa intervista Emma Bonino, che dice che “non è indifferente” sapere innanzitutto se gli attentatori sono “lupi solitari” o se appartengono ad Al Qaeda o all’Isis, “che del resto aveva già minacciato l’Europa”, ma “è evidente che hanno colpito un simbolo”, quello della satira e della libertà, come erano un simbolo le Torri Gemelle. “Mi auguro che non si precipiti nel 2001, andando a buttar bombe alimentando l’islamofobia”, anche perchè vittime del terrorismo sono anche i musulmani, che sono uccisi “a migliaia” nei loro Paesi dagli attentati dei fondamentalisti.
La Stampa intervista l’islamologo Oliver Roy: “Addestrati in Medi Oriente. Ora sono molto più efficienti e spietati”. “L’orientalista francese: ma non c’è nessuno scontro di civiltà. Questi terroristi sono occidentalizzati, anche se ai margini”. Roy dice che per ora “sappiamo che parlavano un ottimo francese”, e se si scoprirà che appartenevano alla categoria della ‘auto-radicalizzazione online’ non c’è nulla di nuovo tranne l’efficienza dell’azione”. Insomma: “I lupi solitari non esprimono una radicalizzazione della popolazione musulmana francese che al contrario li emargina”. L’attacco di ieri “è peggio di Merah”, l’attentatore di Tolosa, “ma non è l’11 settembre”, visto che ci sono stati Madrid e Londra, “la gente ha la memoria corta”. “Il terrorismo è la prova che non esiste lo scontro di civiltà, perché questi terroristi sono occidentalizzati e non sono espressione di una comunità”. L’idea di Huellebecq e di altri è che “i musulmani siano omogenei e abbiano una forte identità comunitaria”, ma è una idea “che non ha basi sociologiche”, perché al contrario i musulmani “non hanno più questo forte senso di comunità”, non hanno un partito per esempio, e lo stesso islam è ormai “fortemente individualizzato”.
Sul Messaggero una intervista al filosofo francese Michel Onfray: “Quando qualcuno uccide dicendo che ha vendicato il Profeta, gridando Allah Akbar, sia difficile dire che l’Islam non c’entra”. Forse si può parlare di “malattia”, di “islam corrotto”. E più avanti: “Sono trenta anni che tutti ci spiegano che il problema non esiste, e che l’islam è una religione di tolleranza ed amore”. L’attacco di ieri “è il nostro 11 settembre”.
Sul Mattino lo storico Mar Augé: “Un attentato più grave di quello dell’11 settembre”, perché “contro le ragioni stesse della nostra civiltà”. Ma la reazione dei francesi ieri dimostra che le tesi di Onfray sono sbagliate, “la Francia non sarà mai sottomessa”, la civiltà europea non è alle corde e non è pervasa dal nichilismo.
La Repubblica intervista Marek Halter e Tzvetan Todorov. Il primo ricorda che c’è un paesino nel cuore della Francia, 700 abitanti, dove 10 ragazzi sono partiti per la Siria per raggiungere gli islamisti del Califfato. “Il governo potrebbe offrire agli abitanti di questo paesino un viaggio verso Parigi per partecipare alle manifestazioni” contro il terrorismo. Il secondo dice che occorre “una reazione molto ferma da parte della polizia e della giustizia per punire i colpevoli” ma anche evitare di “cadere nella trappola dell’islamofobia che considera tutti i musulmani un pericolo”. I terroristi sono “oggettivamente i migliori alleati dell’islamofobia”.
Il Corriere intervista il consulente del governo Valls Francis Messner, che spiega come l’islam organizzato sia una risorsa per la Francia, un “partner”, e ricorda che la Grande Moschea di Parigi, il consiglio francese del culto musulmano e le sue filiali regionali hanno condannato l’attentato. Conferma che “la popolazione non distingue” tra islam moderato e terroristi, e che il rischio è che la popolazione “marginalizzi la religione per non aver più a che fare con l’islam”. “L’ignoranza della religione è d’altronde un problema crescente”, quando si parla di religione “prevalogono le generalizzazioni”.
Sullo stesso quotidiano Roberto Tottoli ricorda che “non è il Corano” ma “le tradizioni islamiche” a sancire il divieto delle immagini. Tuttavia la tradizione è quella di non rappresentare immagini di umani o animali, e tantomeno del Profeta Maometto. Oggi lo stesso mondo islamico è sommerso di immagini “di ogni tipo e in ogni direzione”, ma su Maometto continua a “prevalere la prudenza e il rispetto”, anche se produzioni televisive e cinematografiche a volte lo mostrano di spalle, o ne fanno sentire solo la voce.
Oggi vengono intervistati anche i vignettisti: Vincino viene intervistato dal Manifesto, e ricorda la sua amicizia con i vignettisti di Charlie Hebdo. Staino viene intervistato da La Repubblica (“Piango l’amico Georges (Wolinsky, ndr), uomo libero contro i dogmi”), Kurt Westergard, il vignettista danese che nel 2005 scatenò la reazione del mondo islamico, ancora su La Repubblica (“Siamo tutti nel mirino, basta censure sull’Islam”).
Adriano Sofri su La Repubblica ricorda che l’agente ucciso ieri in strada si chiamava Ahmed: “Può aver pronunciato anche lui, in altro tono, il nome di Allah?”.

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